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Suoni sempre le stesse cose: sai di chi è colpa?
Suoni sempre le stesse cose: sai di chi è colpa?
di [user #50760] - pubblicato il

Passano i decenni, cambia il mondo (non in meglio), cambia la mia faccia (non in meglio), cambia persino il Festival di Sanremo (in peggio sarebbe stato impossibile). Quello che non cambia è come suono la chitarra.
L'avevo quasi rimosso, ma nel 1999 avevo un gruppo a cavallo tra l'hard rock e il classic metal: suonavamo cover di Saxon, Iron Maiden e pezzi nostri vicini a quel mondo di riferimento. A ricordarmi di quell'avventura è stato un CD trovato in una scatola, recante la scritta a pennarello "finale Rolling '99": il CD conteneva infatti un'unica traccia, cioè la registrazione per intero della nostra esibizione sul palco del Rolling Stone di Milano (lo ricordate?), durante la finale di un concorso che, più della bravura, premiava la capacità delle band di stressare amici, parenti e talvolta persino i passanti per vendere biglietti d'ingresso. 
Con una certa emozione, oggi ho ficcato il compact disc nello stereo della macchina e, superati i primi attimi d'imbarazzo, dovuti alla qualità scadente tanto della registrazione quanto della nostra performance, mi sono concentrato sulla mia chitarra (che, questo lo ricordo bene, era una Flying V '68 Reissue collegata a un piccolo Korg Pandora PX4 che a sua volta entrava nel Marshall JCM 900 fornito dal service).

Suoni sempre le stesse cose: sai di chi è colpa?

Mi interessava riascoltare soprattutto i pezzi nostri, perché quei riff, quei lick e quelle sventagliate soliste erano la rappresentazione plastica di cosa avevo in testa e nelle mani in quel periodo. Ecco, sono uscito da quell'ascolto con le orecchie basse. No, non perché quello che suonavo fosse poi così terribile, ma perché mi rendo conto di quanto fosse simile a quello che suonerei oggi. Con un'aggravante: all'epoca facevo molto esercizio al metronomo, perciò alcuni passaggi veloci (che allora sentivo l'esigenza di fare, complice il genere che in un certo senso sembrava richiederlo) mi uscivano certamente più fluidi di quanto non mi uscirebbero ora. Per il resto, il mio bagaglio era quello, minuscolo, di allora e di oggi.
Sono fondamentalmente un autodidatta, ho studiato con qualche insegnante per brevi periodi, ma sempre con un approccio (fin troppo) pratico, con l'idea di migliorare tecnicamente per suonare qualche brano più ostico. Una volta ottenuto quel risultato, non ho mai trovato in me la costanza per proseguire e così, quasi un quarto di secolo dopo quel concertino del 1999, sono ancora qua. D'accordo, sono migliorato parecchio con l'acustica, imparando i rudimenti del fingerstyle, ho rubacchiato qualche segreto ad amici più in gamba e ai grandi chitarristi che hanno scritto i brani che ho studiato nel corso del tempo. Ma le mie competenze sono rimaste scarse, la mia grammatica e il mio lessico musicale sono ancora estremamente poveri, tant'è vero che se devo improvvisare mi rifugio sempre nelle solite poche cose, nella mia zona di confort. Tutto questo lo so, lo vedo, mi fa incazzare eppure ancora non trovo la forza per cambiare approccio.

Lo so, con questo cahier de doléance tocco nervi scoperti in alcuni di voi, che come me sono un po' più ignorantelli, facendo forse la gioia dei più preparati. Ma la domanda è: capita anche a voi di sentire che con il tempo non siete migliorati quanto avreste sperato?
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