Anno 1969, la Gibson fondata nel 1984 da Orville Gibson nel suo piccolo laboratorio a Kalamazoo in Michigan come “Gibson Guitar Corporation”, era all'epoca composta da 2 società, la CMI (Chicago Musical Instrument) con presidente Maurice Berlin, e da The ECL Corporation, con presidente Norton Stevens. Il primo provvedimento preso dalla nuova società diventata Norlin con la ECL che aveva messo in minoranza la CMI, fu quello di spostare la produzione Epiphone, fino ad allora e dal 1957, anno di acquisto della ditta da parte della Gibson di Ted McCarty, rimasta negli USA, in Giappone, cambiando anche il nome ad alcuni modelli storici; ma vi fu anche una lotta intestina con l’acquisizione della nuova sede di Nashville, oltre alla sede storica di Kalamazoo, forse per risvegliare gli interessi degli estimatori del grande Elvis Presley, dove poi si produssero le J200 e similari proprio in suo ricordo. Fino ad allora, salvo il caso Gibson Les Paul e basso Gibson EB1, poi con la produzione delle chitarre SG in sostituzione delle Les Paul a partire dal 1961, la produzione Gibson era stata sempre rivolta principalmente alle Arch-Top da jazz e Semi-Hollow per il blues, salvo il caso Melody Maker, chitarre e bassi entry level for student, nate da subito solid body. Dopo la rimessa in produzione nel 1968 della Les Paul che era stata sostituita nel catalogo 1962 dalle SG (Solid Guitar) per una vertenza legale proprio con Les Paul, nel 1973 si diede il via a le produzioni di 2 chitarre con manico fissato mediante 4 viti e piastrine, prima la “Marauder” chiamata da tutti la “Tele di Casa Gibson”, seguita l’anno dopo dalla “S 1” chiamata la “Strato di Casa Gibson”. Comunque di una cosa si è certi, i 2 bassi prodotti nello stesso periodo, il Ripper, a manico incollato e paletta tradizionale Gibson, ed il Grabber, con il manico fissato con 4 viti e piastrina, dotato di paletta a punta, nelle 2 versioni Grabber con un pickup humbucker spostabile e G 3 a 3 pickup a barra e bobine sovrapposte (questo l’ho posseggo ed è già il secondo ), entrambi con scala 34 pollici e corde passanti per il body, hanno riscattato e rivalutato il concetto del “Basso Gibson” agli occhi ed orecchie dei bassisti, in gran parte fenderiani come me. Verso la fine del decennio ci fu un momento di calo ma che si cercò di superare prima con una chitarra (bruttina ma che suono), la Corvus, poi da questa la nuova “Futura” (non la Korina di fine anni 50s), poi altre 2 chitarre, una in sostituzione delle due riuscitissime ed ancora ricercate Marauder ed S1, chiamata Sonex, l’altra, la Gibson L6 per accattivare i gusti dei chitarristi jazz alle Solid-Body di produzione slim in acero ed humbucker in posizione SG, chiamandola con un nome che era il seguito, a loro auspicio, della chitarra jazz per eccellenza, la L 5, la più richiesta in ambito "Jazz", oltre alla più economica ES175 che costava la metà, ma realizzata in laminato. Seguite da un basso dalla elettronica invasiva Moog, l’RD, oggi quasi dimenticato e con uno scasso enorme sul retro, figlio del suo tempo, con la componentistica dei sintetizzatori MOOG, anche in versione chitarra (anno 1977), e a fine decennio dalle versioni economiche delle 2 chitarre più richieste; cioè furono realizzate così sia la The Paul che la The SG. Poi ci fu il tentativo di riscatto ma tutto ciò nei primi 5 anni del deennio 80s con le Victory.
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