Fuzz spremuti all’inverosimile, elettroniche insolite, suoni distintivi e stile inconfondibile: quando si parla di Jack White, si è certi che si avrà a che fare con qualcosa di unico nel suo genere. La collaborazione con Fender è stata a lungo oggetto di pettegolezzi tra i fan e, ora che è ufficiale, l’eccitazione si rivela più che giustificata.
Uno dei musicisti simbolo della scena alternativa moderna non si intitola una semplice signature, ma mette in piedi ben tre strumenti, due chitarre e un amplificatore, tutti accomunati da una firma sonora a dir poco personale.
All’appello: Triplecaster Telecaster, Triplesonic Acoustasonic e Fender Jack White Pano Verb.
Per introdurre la storia, un passo indietro è necessario. Dopo una lunga militanza segnata da pezzi vintage non propriamente ricercati - quelli che alcuni puristi definirebbero semplicemente “vecchi” - Jack White si mostra per la prima volta nel 2018 con . Lo stacco con il passato è netto, quasi traumatico per la sua immagine e il suo stile, ma le idee sono chiare. Più tardi, dei suoi vecchi pezzi d’annata, spiegherà: “erano chitarre insuonabili”.
Il fascino di un design nato nella metà del ‘900, però, non si abbandona così, da un giorno all’altro. Così Jack non ha smesso di rincorrere il sound lo-fi e lo stile vintage. Solo che ci ha messo su una bella dose di modernità, affidabilità ed estro creativo.
Per questo la sua collezione di chitarre e amplificatori realizzati in collaborazione con Fender è così eccitante.
La Triplecaster è la solid body del gruppo. Ripresa da vicino dall’idea Cabronita e impreziosita da un irresistibile arm-rest in metallo uscito dritto dalla metà del secolo scorso, a ben vedere è più vicina al concetto di semihollow o di thinline per il suo body in frassino con camere tonali, che regala risonanza e timbro distintivo, profondamente retrò nell’approccio. D’annata è anche lo shape del manico Soft V in acero, mentre una certa modernità è svelata dal raggio di 12 pollici per i 22 fret di tipo Medium Jumbo.
Il ponte da Telecaster a posacenere ridotto, stile cut-off, abbina un sistema vibrato Bigsby B50 provvisto di leva ricurva stile Wire e monta tre sellette in acciaio, come tre sono i pickup scelti: un humbucker Custom jack White al ponte con chiare ispirazioni Filter’Tron, un single coil a bobina larga JW-90 al centro sempre realizzato su specifiche di Jack e, allo stesso modo, un Wide Range CuNiFe al manico. Anche questo disegnato insieme a White, è figlio diretto della reinterpretazione moderna dei pickup Fender degli anni ’70 .
I controlli non sono da meno in quanto a originalità e constano di volume master, tono master, selettore a tre posizioni e cursore rotativo con Stealth Knob Tip, meccanismo che permette di muoversi tra una posizione di Mute, una che porta il pickup dritto all’uscita bypassando i controlli di volume e tono, una tradizionale in cui l’elettronica da Telecaster lavora normalmente, pur considerando la tavolozza di tre magneti a bordo. A questi, si aggiunge un pulsante stutter - che silenzia lo strumento finché viene premuto per creare effetti ritmici ben noti ai fan di White quanto alla scuola di Tom Morello - sulla spalla inferiore.
Sempre sulle forme Telecaster nasce la Triplesonic Acoustasonic, che mette a frutto la ricerca di Fender nel campo dei suoni acustici inseriti in un eclettico ibrido dalla suonabilità e dalla versatilità quasi elettrica.
Nera sul davanti, ricalca anche questa i contrasti monocromatici cari a Jack White con battipenna e contour bianco in corrispondenza dell’avambraccio. Bianca è anche la paletta, così come tutto il retro dello strumento. In finitura nera è invece tutto l’hardware - dai pin del ponte in stile acustico al capotasto GraphTech fino alle meccaniche Fender bloccanti così come anche il pickup magnetico posizionato a ridosso del ponte, fulcro dell’elettronica messa insieme dalle Acoustasonic, già protagonisti di un test .
Il piezo sotto il ponte collabora con un sensore interno al body e con un pickup magnetico N4 ridisegnati da Fishman in stretta collaborazione con l’artista per dare vita a sfumature inedite, capaci di spaziare dai suoni acustici puri alle distorsioni più classiche, sommando al mix una serie di possibilità mai sperimentate nel territorio.
La cassa in ontano e il top in abete regalano una risposta generosa in vibrazioni, regolare sul piano delle frequenze e con la brillantezza di un manico interamente in acero.
Anche qui, un profilo Soft V sulla stile della metà degli anni ’50 dona una suonabilità tradizionale, ideale per chi ama accordi, riff e tutto ciò che richiede una presa salda eppure scorrevole sullo strumento.
Chitarre del genere danno il meglio se infilate in un valvolare adeguato. E qui arriva il coronamento della collezione.
Frutto di un lungo processo di ricerca e sviluppo col team elettronico Fender, il Pano Verb è direttamente derivato da un Vibroverb del 1964, uno degli amplificatori preferiti di Jack, misto a un Vibrasonic e Vibro-King. Ciò che lo rende unico è un’uscita combinata da 70 watt su due uscite, vale a dire 50 e 20 watt per i due output.
Si tratta di un amplificatore stereo a pieno titolo, con due 6L6 e due 6V6 per gestire separatamente due sezioni finali, entrambe comandate da un preamplificatore alimentato a sei 12AX7 più una 12AT7.
Il pannello conta sulla flessibilità di un equalizzatore a tre bande e mette sul piatto effetti di tremolo e riverbero stereofonici, insieme con una dotazione insolita di altoparlanti da 15 e 10 pollici, entrambi forniti da Jensen.
Una combinazione di switch permette di impostare l’uscita del riverbero a uno solo dei due altoparlanti o entrambi, e fa lavorare il tremolo in stereo o in mono, a piacimento.
La collezione di Jack White messa insieme con Fender è la firma di un artista dal carattere forte, che non necessariamente incontra i gusti dei più, ma che i fanatici del genere adoreranno. Per loro, una sbirciata alla è caldamente consigliata. |