29 ottobre 1971. Alcune date, in ambito musicale, sembrano scolpite nelle menti e nelle agende degli appassionati. Come quella, tragica, che ci ricorda il giorno in cui Duane Allman, appena ventiquattrenne, perse la vita. La storia è cosa nota: incidente stradale, l’Harley Davidson del biondo chitarrista della ABB che si scontra contro un camion. Il musicista muore sul colpo e, al tempo stesso, diventa leggenda. In oltre cinquant’anni dall’avvenimento, la fama e l’eredità artistica di Duane Allman sono cresciute a dismisura arrivando a collocarlo tra le maggiori influenze di alcuni dei più titolati chitarristi di tutti i tempi (Derek Trucks, Warren Haynes, Joe Bonamassa, ecc.).
Howard Duane Allman nasce a Nashville nel 1946 e si appassiona in fretta, ispirato dal fratello minore Gregg, alla chitarra. Suona notte e giorno, dando vita ai The Escorts, poi Allman Joys e, infine, Hour Glass. Lavora presso i FAME Studios a Muscle Shoals, in Alabama, dove mette in mostra il proprio talento cristallino al fianco di mostri sacri quali Wilson Pickett e successivamente, questa volta sotto contratto con Jerry Wexler della Atlantic Records, addirittura con la “regina” Aretha Franklin. Inaugura, nel 1968, quella che sarebbe divenuta una delle formazioni più importanti in ambito southern (etichetta assai riduttiva) e non solo, con il suo brevettato cocktail di rock, blues e jazz che avrebbe fatto scuola a innumerevoli band e artisti negli Stati Uniti, in Europa, nel mondo.
Proviamo a ripercorrere la carriera di Duane Allman, con affetto soprannominato Skydog da Mr. Pickett, attraverso alcuni brani che ne riportano la firma, ne evidenziano lo stile unico e che sono stati capaci di resistere allo scorrere inesorabile dei decenni: brani che confermano la freschezza delle sue intuizioni, brani ancora oggi belli, originali e imprescindibili per chiunque - in campo blues - stia muovendo i primi passi, desideri ampliare il proprio bagaglio sonoro esperienziale oppure, più semplicemente, abbia voglia di rigenerarsi al suono delle dita, del bottleneck e della Les Paul 1957 Goldtop del nostro.
Statesboro Blues
Gli istanti iniziali con cui si apre il lato A di At Fillmore East (1971) degli Allman Brothers rapiscono ed emozionano ogni volta, a ogni ascolto, a ogni età. "Statesboro Blues" si avvale, infatti, di un “attacco” così perfetto e convincente da sbaragliare qualunque concorrente: una sezione ritmica ineccepibile, una band al massimo del proprio potenziale, una serie di fraseggi slide che dovrebbero campeggiare in ogni volume che si rispetti dedicato a tale tecnica. Un must. Il video allegato, presente sul canale YouTube ufficiale degli Allman, è l’occasione per riscoprire il racconto del gruppo in maniera un po’ diversa dal solito, attraverso uno stile animato divertente, accessibile a tutti.
The Weight
Che cosa potremmo ancora aggiungere - che non sia già stato detto - su uno dei più grandi e importanti brani della storia del rock? Esistono svariate versioni di "The Weight", capolavoro della leggendaria formazione guidata da Robbie Robertson e Levon Helm: quella in studio, la prima, l’originale; quella presente nella colonna sonora di Easy Rider, incisa dagli Smith; quella - stupenda - cantata dai membri di The Band assieme agli Staple Singers (su The Last Waltz, 1978); quella, più moderna e country, interpretata da Lee Ann Womack. E questi non sono che pochi esempi, tutti degni di nota e meritevoli di essere recuperati. C’è però una versione, quella di Aretha Franklin, al cui interno - dall’introduzione in avanti - sono presenti gli interventi solisti di Duane Allman armato di bottiglietta di Coricidin e che vibra ancora adesso di un soul flavour irraggiungibile. Pura grazia, da preservare e ascoltare con regolarità, anche solo per stare bene, tirare un sospiro di sollievo e farsi - perchè no? - un gradito regalo.
Hey Jude
La rielaborazione della beatlesiana "Hey Jude" non poteva trovare voce migliore. È infatti Wilson Pickett a farsene carico, scuotendola a dovere e donandole un crescendo di intensità senza pari, sul cui tappeto ritmico - a sfrecciare come saette - sono le note di Allman. Una cover da brivido, una pietra miliare da conoscere e studiare… assieme al repertorio di John, Paul, George e Ringo, da cui è impossibile scostarsi se si vogliono affrontare rivoli e risvolti di quell’enorme calderone magico denominato “popular music” e relative evoluzioni.
In Memory Of Elizabeth Reed
Il brano, composto da Richard “Dickey” Betts, non necessita di presentazione e rappresenta uno dei capisaldi della prima formazione degli Allman Bros. Si tratti della versione in studio (Idlewild South, 1970) o degli innumerevoli, dilatati adattamenti dal vivo, "In Memory Of Elizabeth Reed" è il filtro migliore per analizzare come due chitarre possano incontrarsi, dialogare, divenire intreccio, viaggiare nella stessa direzione e superare assieme ogni tipo di confine.
Whipping Post
C’è chi, magari tra i più giovani, la assocerà ad una delle principali scene del film A Star Is Born e al naso di Lady Gaga sfiorato dal dito indice di Bradley Cooper; c’è chi l’avrà conosciuta attraverso l’omaggio che ne fece Frank Zappa in Them or Us (1984); c’è chi - ancora - l’avrà per sempre nel cuore come traccia finale del disco d’esordio della ABB. Il brano, frutto del genio di Gregg Allman, è divenuto, nel tempo, un classico assoluto e l’esempio per antonomasia di quel che si intende per improvvisazione on stage. Immancabile in qualunque scaletta che la band abbia performato nel corso della sua lunga e gloriosa carriera, "Whipping Post" ci consegna tutto il meglio di Duane Allman.
Layla
Se non avete tra gli scaffali il primo e unico lavoro in studio dei Derek and The Dominos, Layla and Other Assorted Love Songs, correte ai ripari. Siete ancora in tempo, ma - come compito a casa - vi toccherà ascoltare più e più volte questa gemma pubblicata nel novembre 1970 e contenente, assieme a un’impressionante serie di singoli, anche "Layla"… riff e coda compresi. Merito, entrambi, del buon Duane.
Loan Me A Dime
Pronti a gustare 12 minuti e 44 secondi di blues sopraffino e strappabudella? Basso, batteria e organo dall’incedere sinuoso, la voce affranta di Boz Scaggs e i saturi bending di sua maestà Allman, che fendono l’aria come rasoi imprimendosi senza scampo in chi ascolta. Per i completisti: la traccia arriva dal secondo album solista del songwriter di Canton, Ohio: l’omonimo Boz Scaggs (1969).
Little Martha
Posta in coda a un disco, tanto significativo quanto - inevitabilmente - di passaggio, come Eat a Peach del 1972, corre talvolta il rischio di essere trascurata. È proprio il caso, invece, di celebrarne lo splendore acustico e tramandarla alle nuove generazioni. Con l’augurio che l’andamento delicato e aereo di "Little Martha" risuoni a lungo, ricordandoci che Duane Allman è stato sigillo di garanzia e di eccellenza anche in contesto acustico oltre che in campo elettrico.
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