Nel 2025 la realtà sembra sempre più confusa. Lo sa bene Joe Bonamassa, protagonista, suo malgrado, di un nuovo caso di truffa digitale alimentata dall’intelligenza artificiale. L’1 giugno, il celebre chitarrista blues ha pubblicato sul proprio profilo Instagram un video per smentire un contenuto deepfake creato appositamente per ingannare i suoi fan.
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Il filmato, inizialmente condiviso in rete da ignoti, mostra Bonamassa apparentemente impegnato a registrare un messaggio video per una fan di nome “Lizzie”. L’atmosfera è intima, la voce suona familiare ma leggermente rigida, come se stesse leggendo da un copione. In realtà, si tratta di un clip del 2021 — girato a Bay City, Michigan — manipolato con tecnologie guidate dall'AI, che includono una ricostruzione vocale per simulare la voce dello stesso Bonamassa.
Nel messaggio contraffatto, il chitarrista dichiara il proprio amore per Lizzie, rievoca aneddoti personali — come un concerto agli esordi a Buffalo, New York — e conclude con un acceso “Ti amo così tanto, Lizzie”. Tutto, ovviamente, completamente inventato partendo da unde-contestualizzazione di un video con finalità completamente diverse.
“Sono senza parole. Questo è davvero assurdo”, ha scritto Bonamassa su Instagram. “È un contenuto generato con l’AI, creato appositamente per truffare e ingannare le persone. Per favore, fate attenzione”. L’artista ha voluto ringraziare pubblicamente il collega Jimmy Vivino, che lo ha avvertito della circolazione del video dopo essere stato contattato da un amico. “Il 2025 è un anno spaventoso, amici miei”.
La vicenda ha suscitato reazioni forti anche tra altri musicisti. Alex Skolnick ha commentato amaramente: “E visto il comportamento degli oligarchi della Silicon Valley ultimamente, perché mai dovremmo preoccuparci? (Yikes)”. Non è il solo.
Brian May, in un’intervista a Guitar Player del 2023, aveva lanciato un monito profetico: “Nel giro di un anno, non sapremo più distinguere cosa è stato creato da umani e cosa dall’intelligenza artificiale. Potremmo ricordare il 2023 come l’ultimo anno dominato dalla musica umana”. Anche Paul McCartney ha preso posizione firmando, insieme ad altri 400 artisti, una lettera che si oppone ai cambiamenti proposti alle leggi sul copyright statunitensi, accusate di favorire le aziende AI a discapito dei creativi.
E se alcuni, come Pete Townshend, provano a sdrammatizzare — “potrei usare l’AI per scrivere nuove hit degli Who”, ha detto — altri, come Elvis Costello, preferiscono l’autoironia. “Nessuno vuole essere me, quindi non credo che un algoritmo mi replichi. Io vivo in un universo diverso da quello dell’AI”.

Il caso Bonamassa non è certo l'unico a evidenziare i pericoli di una tecnologia che, sebbene affascinante e potenzialmente molto utile, può essere facilmente sfruttata per fini ingannevoli. Quando a essere manipolati sono volto e voce di un musicista tanto riconoscibile, il danno d’immagine è dietro l’angolo. Ma la questione va oltre la reputazione: si tratta di proteggere il pubblico da truffe e di preservare la fiducia in un sistema sempre più esposto alla distorsione del reale.
Nel frattempo, Bonamassa si prepara all’uscita del suo , prevista per il 18 luglio, album nel quale a parlare è solo la sua vera voce. |