"Rapture of the Deep": torna il disco dimenticato dei Deep Purple
di redazione [user #116] - pubblicato il 15 giugno 2025 ore 08:48
Il disco che segnò il ritorno in forma dei Deep Purple nel nuovo millennio compie vent’anni. Per l’occasione, Rapture of the Deep viene ripubblicato in versione remixata e rimasterizzata, con nuovo artwork e un bonus disc di inediti dalle sessioni del 2005. Spunta anche un brano firmato da Steve Morse mai pubblicato prima.
La rinascita di un album dimenticato
Non è mai stato l’album più celebrato dei Deep Purple, eppure Rapture of the Deep ha rappresentato una tappa fondamentale nel loro percorso. Uscito nel 2005, in un’epoca in cui il classic rock era lontano dai riflettori, il disco segnava un punto di svolta: il primo con l'etichetta Edel e l’inizio di un periodo di creatività culminato in quattro N°1 consecutivi negli anni successivi.
Ora, vent’anni dopo, Rapture of the Deep torna in un’edizione deluxe supervisionata da Roger Glover. La nuova versione è stata remixata dai nastri originali multitraccia e analogicamente rimasterizzata presso i Chameleon Studios di Amburgo. Il risultato, secondo Glover stesso, è “come ascoltare un album nuovo”.
La ristampa include:
CD/LP principale con il remix completo del disco
Bonus disc con jam strumentali e prove in studio inedite
Un brano mai pubblicato prima, Closing Note, firmato da Steve Morse
Questa versione è pensata per valorizzare non solo il suono, ma anche il processo creativo che portò alla nascita dell’album. Le registrazioni bonus, tutte del 2005, mostrano la band alle prese con idee e arrangiamenti ancora grezzi, restituendo uno sguardo autentico sul lavoro in studio.
Una nuova luce
Geoff Barton (Kerrang!, Classic Rock) firma le nuove note di copertina, offrendo un contesto storico e musicale cruciale: i Deep Purple si muovevano allora in un panorama discografico incerto, senza etichetta e con un futuro tutt’altro che chiaro. “Eravamo un po’ persi,” racconta Roger Glover, “ma proprio da quella condizione è nato un album compatto, sincero e pieno di determinazione”.
Il nuovo mix ne sottolinea la ricchezza timbrica: riff taglienti, sezioni vocali intricate e un interplay strumentale che rivela oggi più che mai la forza della band in quel periodo. E c’è anche il fascino della rarità: Closing Note, l’inedito strumentale di Steve Morse, chiude idealmente il cerchio su un capitolo che oggi si rivaluta con orecchie nuove.
La produzione di Michael Bradford: un ponte tra classic rock e modernità
A curare la produzione di Rapture of the Deep nel 2005 fu Michael Bradford, già noto per il suo lavoro con artisti come Kid Rock, Anita Baker e Uncle Kracker. Una scelta non ovvia per una band come i Deep Purple, ma rivelatasi vincente. Bradford portò nel progetto una sensibilità moderna, senza mai snaturare l’identità del gruppo. Il suo approccio puntava a valorizzare la componente melodica e testuale della band, inserendo le trame strumentali in un mix più compatto e asciutto, tipico delle produzioni post-2000.
Fu anche sua l’idea di lavorare su pre-produzioni snelle, incoraggiando la band a registrare con un metodo quasi live, lasciando molto spazio all’interplay naturale tra i musicisti. Una strategia che si riflette nella resa del disco, dove il suono della band appare coeso, diretto, mai eccessivamente levigato. In particolare, il lavoro sui suoni di batteria e basso – con Ian Paice e Roger Glover in piena forma – restituisce un groove profondo e incisivo che fa da tela perfetta per le linee vocali di Ian Gillan e i fraseggi chitarristici di Steve Morse.
La nuova edizione 2025, remixata con la supervisione dello stesso Roger Glover, ha permesso di mettere ancora più in risalto questi elementi: ora l’equilibrio tra strumenti, la tridimensionalità delle tracce e la spazialità complessiva del mix rendono giustizia a un lavoro che, già all’epoca, era stato pensato per suonare “contemporaneo” pur senza inseguire mode. Un equilibrio sottile tra presente e tradizione che oggi, finalmente, può essere ascoltato nella sua forma più compiuta.