di alberto biraghi [user #3] - pubblicato il 22 ottobre 2025 ore 19:18
Il 15 settembre ha chiuso i battenti G&L, il brand la cui sigla in origine sottintendeva i nomi di Leo Fender e George Fullerton, ha costruito eccellenti strumenti dal 1979 al 15 settembre scorso, quando l'azienda ha chiuso i battenti, forse definitivamente. Gestita dalla BBE Sound della famiglia McLaren fin dalla scomparsa del suo celebre fondatore, la G&L ha vissuto negli anni fortune alterne, nonostante una qualità senza compromessi e all'altezza delle aspettative.
Nel 1983 ho avuto la fortuna di intervistare Leo Fender nella sede G&L di Fullerton, non a caso in Fender Avenue. intervista durata poco, presto trasformata in chiacchierata tra appassionati, alla faccia della differenza di età e di storia. Perché Leo, pur tecnico fino al midollo, era soprattutto un appassionato che si perdeva a discutere dei suoi giocattoli con persone che chi condivideva la sua facilità all'entusiasmo.
Ho ancora nella memoria tutto quello che mi mostrò quel giorno, con un orgoglio e un entusiasmo che non gli interessava nascondere. Si cominciò con il nuovo maple neck G&L, evoluzione del suo progetto originale del 1950, realizzato con due semigusci, alla ricerca di maggiore stabilità, con il primo truss rod a doppia azione, poi ripreso da tanti produttori. Agitava sorridendo i pezzi di legno nell'aria mentre parlava, mostrando fiero lo scasso del truss rod, la guaina di materiale inalterabile per proteggere l'asta di metallo, l'accoppiamento perfetto e invisibile. Di questa innovazione si è sempre parlato poco, ma in realtà ha dato un contributo importante alla fama di affidabilità degli strumenti G&L presso i musicisti di tutto il mondo.
Il secondo argomento furono i pickup "Magnetic Field Design", evoluzione di quei Music man cui aveva lavorato negli anni '70 dopo l'embargo imposto dal contratto di vendita della Fender a CBS. Sui pickup continuò sulla sua strada, alla ricerca di una purezza di suono che nessun musicista ha mai voluto. Allineava sul tavolo sei pezzi di legno con fissate sei corde su cui aveva montato pickup Stratocaster, Jazzmaster, Music Man e il suo nuovo MDF. Li collegava a un vecchio amplificatore Music Man e piszzicava le corde con un plettro in sequenza, per far sentire la maggior purezza cristallina della sua ultima invenzione.
Poi ci mettemmo a parlare di ponti, analizzando la sua nuova variante di quello che lui si ostinava a chiamare "tremolo" (ma che tremolo non era). Il ponte G&L a doppio pivot fu un'evoluzione straordinaria del classico Stratocaster, altro concetto ripreso più o meno da tutti, inclusa Fender che ne montò una propria versione sulla Stratocaster American Standard della rinascita nel 1985. Ma il G&L era e ancora è più efficiente, un gioiello di design e meccanica, che Leo mostrava orgogliosamente su una chitarra attaccata a un vetusto accordatore stroboscopico. Verificava l'intonazione, suonava una corda, tormentava una leva e riaccendeva l'accordatore, per mostrare - soddisfatto come un bambino - come la chitarra tornasse perfettamente in pitch.
Il mio ultimo ricordo di quel pomeriggio è la prova del prototipo della Invader, chitarra che si discostava dalla sua produzione originale, per rispondere alle richieste di un mondo musicale che si stava spostando sui generi hard che spopolavano in quel decennio. Ricordo di aver ammirato la capacità di quell'uomo, pur già avanti con l'età, di comprendere il mercato a cui si rivolgeva per evolvere la produzione, ma senza mai venir meno ai suoi principi.
Ecco. A poche settimane dalla notizia della chiusura dell'ultima creatura di Leo Fender viene quasi da chiedersi cosa rimane di quell'uomo che lasciò un'impronta tanto profonda nella nostra musica. E cosa avrebbe detto della fine del suo ultimo sogno. La risposta è nelle chitarre che portano il suo nome, inventate negli anni '50, ma identiche, attuali ed efficienti dopo ottanta anni. Purtroppo l'evoluzione del mondo, dei mercati e della musica non lascia più spazio per piccole imprese come G&L, per certi versi la sua fine era scritta da tempo.
Speriamo almeno che "mamma Fender", oggi multinazionale che gestisce diversi brand acquisiti nel tempo, decida di acquisire il marchio G&L, non per sbarazzarsi di un concorrente tutto sommato marginale, ma per riportare in famiglia il nome del suo fondatore dopo sessant'anni e tenere in vita i suoi progetti, che certo non meritano di essere dimenticati.