di Leon Ravasi [user #4] - pubblicato il 06 dicembre 2001 ore 12:34
Un vecchio seduto sul pontile, la faccia al lago, la schiena alla
piazza, guarda l’immobile distesa d’acqua. Pensa? Ricorda? Sogna? O solo si
perde? I suoi pensieri, come fumo, si arrampicano al cielo dalla sua testa,
su fragili corde, su reti di pescatori, su scale di legno. Passa un giovane
e colora con l’arci-vernice del professor Alambicchi questi pensieri. E, da
lontano, vediamo le ombre farsi sostanza, i fantasmi perdere il traslucido.
Sentiamo i ricordi farsi parole, farsi suoni, farsi canzoni. Arrivano da un
punto di un passato imprecisato, ma che mio è stato di sicuro. Arrivano dal
fondo dei magazzini della memoria, rotolano come barili vuoti e fanno un
identico rumore. Le parole hanno un retrogusto antico, polvere smossa da
bauli di ciarpame ingombi, “tira, mola e messeda”, “i occ del luff quand el
cagna”, “tarabaj, reguaj. gran catanaij”, “el frecc uramai el ma mangiaà el
paltò”. Frasi che sentivo da bambino, ma qualcuno le canta ora, nel mio
dialetto! E le canta bene! Madonna se le canta bene! Davide Van De Sfroos
ha reinventato l’arci-vernice, la vernice strepitosa che rende veri i
sogni, e ce ne fa parte in un disco lungo (66’48”) ma senza un solo momento
di noia. : “� e semm partii”: “dedicato a tutti quelli che sono partiti e
da qualche parte sono arrivati � anche a quelli che sono tornati � ma
soprattutto a coloro che si sono persi per strada aspettando l’ultimo
lancio di dado”.