di Lennonsoda93 [user #23901] - pubblicato il 02 ottobre 2011 ore 18:40
Please mind the gap between the train and the platform...
Auto che vanno contromano ma senza fare incidenti, gente in fila (a destra) sulle scale mobili, premurosi conducenti di metropolitane, treni e autobus che ti avvisano di fare attenzione al gradino quando scendi, strade pulite, gente che porta il cagnolino a spasso in pigiama, caffè lunghissimi, tè col latte, tanto freddo e cittadini maratoneti che rincorrono l’ultimo treno, l’ultima metro, l’ultimo autobus o l’ultima copia del “The Indipendent” rimasta sugli scaffali di un giornalaio indiano. Ah sì, ho dimenticato tanto male ai piedi e l’intestino abbastanza confuso, ma credo queste siano prerogative dei semplici turisti. Questa è stata la mia Londra, la mia Londra tanto desiderata e finalmente ottenuta, sbirciata, e goduta per cinque pienissimi quanto brevi giorni. La mia Londra, esattamente come la immaginavo.
L’arrivo è stato abbastanza spiazzante: appena fuori dall’aereo un cartellone ci mostrava le scuse del personale di Heathrow per i lavori di ristrutturazione dell’aeroporto. Ero già sorpreso per il fatto che ci fossero dei lavori di ammodernamento nell’aeroporto, ma le scuse agli utenti mi hanno lasciato abbastanza esterrefatto. Una volta rotto il ghiaccio con i primi malcapitati sottoposti al mio inglese scolastico (il mio inglese B2 da sopravvivenza vale tutti i soldini e il tempo che gli ho dedicato) per racimolare qualche informazione tutto diventa più facile, anzi, più "easy", per restare in tema. Inutile dirvi delle valigie arrivate appena scesi dall’aereo, dei treni perfetti e velocissimi, dell’efficientissime linee della metropolitana e del personale disponibile e cortese che ho incontrato un po’ dappertutto. Inutile, perché puntualmente arriverà qualcuno che è stato più sfortunato di me a dirvi tutto il contrario e perché ero così entusiasta di quell’aria che avrebbero anche potuto schiaffeggiarmi con un merluzzo appena pescato una volta sceso dall’aereo e li avrei ringraziati timidamente con un "thank you", accompagnato da un goffo cenno del capo. Inutile insomma dirvi quello che dicono tutti e che tutti chiedono, per quello andateci. In effetti è inutile anche parlarvi di tutte le mie impressioni , delle mie emozioni, dei luoghi che ho visitato e di quello che ho pensato tornando a casa, ma questo ve lo beccherete lo stesso, mi dispiace.
Esistono generalmente due tipi di turisti: quelli che vanno all’estero per confrontarsi con le altre culture e quelli che vanno all’estero per apprezzare di più casa propria quando tornano. Io posso dirvi solo che le cose più rare di Londra le ho apprezzate tornato a casa.
Sono tragicamente rientrato il giorno prima di cominciare il mio ultimo anno di liceo. La mattina del mio ultimo primo giorno è stata abbastanza traumatica: metto le uniche cose che avevo fuori dalla valigia, ovvero una camicia da boscaiolo e una t-shirt con su quattro capelloni di Liverpool a caso (giusto per sentirmi ancora un po’ londinese), calco la mia nuova scoppoletta verde (comprata nella poliedrica Camden Town, insieme a due magnifici 45 giri, “Sgt. Pepper’s” e “The Songs Remains The Same”) ed esco di casa. Non avete idea della pressione che avvertivo per strada, mi sentivo squadrato da capo a piedi da ogni passante, una cosa di cui in viaggio mi ero completamente dimenticato. Sarà suggestione… Mi rifugio nei recenti ricordi di Denmark Street. Eh, già lo sapevate che si andava a finire lì vero? Oltre al mitico Hanks guitars, con i suoi 5 piani di esposizione, la cosa che rimpiango di più è un cartello attaccato alla vetrina di Rose Morris: “Cercasi personale addetto alla vendita”.
Forse prima o poi tornerò a staccarlo. Altre immagini passano a rincuorarmi mentre mi scavo un angolino sul bus affollato, immagini di strisce pedonali in un viale alberato… Immagini di un palazzo grigio dal tetto piatto in una via di sarti… Immagini di scoiattoli e di parchi, di tunnel bianchi e gente che cammina guardandosi i piedi, di mercati colorati dove sotto le volte di vetro e le volute art nouveau di pilastri metallici si esibiscono quartetti d’archi e cantanti lirici. Immagini di persone che in fondo non stanno così meglio di noi, ma che continuano a correre, letteralmente, per la strada. Shafteswbury Avenue, China Town, il Wild West End illuminato dai mille bulbi incandescenti delle insegne dei musical. Suoni, tanti suoni… Suoni di binari, “suoni” di otto-nove persone che provano strumenti nella stessa stanza, suoni di una lingua tanto studiata e poco assaporata, suoni di tante altre lingue da ogni lato del mondo. Babylondon. Odori… Ok sorvoliamo gli odori; ragazzi, le strade di Londra odorano irrimediabilmente di cipolla e salsa di pollo, diciamocelo chiaramente.
Come vapore di un tè caldo color Tamigi, o come la bruma che avvolge la casa del parlamento alle sette del mattino (non chiedete perché ci sono andato così presto) i ricordi tornano nella loro ampolla, pronti a farsi riassaporare alla bisogna, lasciandomi con un cappello nuovo, tanti portachiavi da distribuire agli amici, qualche progetto, qualche idea, qualche delusione e tanta voglia di tornare, per condividere con chi è rimasto qui, a immaginare, mentre io ero lì, a guardare e a fingermi una Londra tutta mia.