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Usare un preamplificatore esterno
Usare un preamplificatore esterno
di [user #9523] - pubblicato il

Ogni amplificatore è suddiviso in un preamplificatore e un finale di potenza. I modelli commerciali racchiudono tutto in un solo prodotto, ma nulla vieta di sfruttare la sezione finale del proprio ampli insieme a una serie di preamp esterni con cui modificare, anche in modo importante, il timbro.
Ogni amplificatore è suddiviso in un preamplificatore e un finale di potenza. I modelli commerciali racchiudono tutto in un solo prodotto, ma nulla vieta di sfruttare la sezione finale del proprio ampli insieme a una serie di preamp esterni con cui modificare, anche in modo importante, il timbro.

In un recente articolo l'autore esprimeva stupore per il gradevole effetto scaturito dal collegare la chitarra direttamente nel return dell'amplificatore.
In questo modo il segnale entra direttamente nello stadio finale ed è possibile usare il solo preamplificatore dello strumento escludendo quello dell'ampli definitivamente, nel senso che gli ingressi vengono cortocircuitati a massa, non permettendo la gestione di alcun segnale.
Ma se tra il return dell'ampli e l'uscita della chitarra collochiamo un preamplificatore, valvolare o no, avremo creato un altro apparecchio con caratteristiche molto differenti da quello originario e con una spesa irrisoria rispetto a quella necessaria per l'acquisto di un amplificatore completo.

Usare un preamplificatore esterno

Il circuito che vedete rappresenta appunto un preamplificatore, con una sua alimentazione, due valvole e i controlli idonei per la sua funzione.

Mi rendo conto che non è assolutamente possibile discernere alcunché dal disegno ma posso raccontarvi qualcosa. In basso a destra c'è l'ingresso per lo strumento, poi, venendo verso sinistra il pot di volume seguito dai treble, bass e middle.
Un master chiuderà la catena e, all'estrema sinistra, il jack di uscita che andrà collegato al return dell'ampli. Quindi volume, tonestack e master per una gestione molto accurata del segnale, variazioni centesimali seguirebbero la rotazione anche minima di ogni controllo e, principalmente, la gestione di una ottima saturazione che scaturisce dai diversi valori di resistenza che attribuiremo al volume ed al master variandone la posizione.

La validità e l'enorme risparmio derivante dall'uso di questi piccoli apparecchi cambierebbe in generale il mezzo di amplificazione per strumenti musicali, e io da anni propongo questa valida soluzione che viene adottata più che altro a livello professionale e nelle sale di registrazione, dove spesso ci si deve allontanare dal concetto ermetico di un apparecchio chiuso e non modificabile.

Il circuito dell'immagine riproduce una tipologia di pre adatta ai suoni british e sarebbe difficile ricavare da esso una timbrica prettamente clean, ma nulla vieta di realizzarne un secondo che abbia una risposta più lineare, magari con una sola valvola e con un tonestack di tipo anodico.

Usare un preamplificatore esterno

Non tralascio di evidenziare che la struttura del finale usato condizionerà non poco la timbrica finale. Una costruzione che abbia come valvole finali una coppia o quartetto di 6L6 o 6V6 produrrà una risposta più piacevolmente clean se il pre sarà disegnato in accordo. L'uso di EL34 o EL84 farà propendere il tutto a una risposta più hursh, e il pre dell'esempio vorrebbe questa configurazione.

Parlando di sperimentazione il discorso è una vera chicca, nel senso che è possibile lasciare il finale chiuso e operante nel suo ambito e modificare a piacimento il pre, per raggiungere la meta del suono ideale per ognuno di noi.

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