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Racer Café: intervista a Gianni Rojatti
Racer Café: intervista a Gianni Rojatti
di [user #16140] - pubblicato il

Ho visto uno di quelli che sventolano il classico "meglio una nota suonata con l'anima che mille suonate in un secondo e senz'anima", fissare il nulla con gli occhi sbarrati e le ginocchia tra le braccia. Si era imbattuto in Gianni "Jana" Rojatti. Gianni è un vero e proprio cecchino della chitarra, uno di quelli che non manca una sola nota, ma - a differenza di altri - carica ciascuna di un energia e una passione difficilmente riscontrabili in altri chitarristi anche di fama mondiale. In occasione dell'appena uscito progetto con i Racer Café (e già che Gianni è di casa), l'abbiamo spremuto per bene e ci siamo fatti raccontare alcune curiosità sulla realizzazione del disco.

Gabriele Bianco: E' curioso sentirti suonare in contesti anche completamente differenti da quelli a te più congeniali (non è certamente il caso di Racer Café) e percepire "mestiere" in tutto questo. Cosa c'è alla base di tutto ciò?
Gianni Rojatti:
Il segreto credo dipenda dal fatto che amo veramente tantissimi tipi di musica.
In queste settimane, per esempio, sto ascoltando tonnellate di reggae. Ho comprato alcuni album di Alpha Blondy e mi mandano veramente fuori di testa. In macchina giro con delle compilation agghiaccianti in cui posso passare da Katy Perry agli Animals As Leaders passando per Zappa, i Clash e i Noisa. Mi diverto a giocare e pastrocciare con le cose che mi piacciono e quando le mescolo nella mia musica, probabilmente tutto suona credibile perché le ho ascoltate e sperimentate tanto.
Ho cercato sempre di calarmi in varie situazioni. Per anni ho suonato reggae ogni estate con la band residente di un jazz club a Cadaques, in Spagna. Ho fatto turni ed esperienze in studio con il pop e centinaia di concerti punk e rock tra centri sociali, club e locali. Ho suonato perfino il repertorio di Miles Davis per dei seminari sul jazz e funk nei conservatori. Ho goduto e cercato di assimilare il più possibile da ciascuna di queste esperienze, senza permettere però che spostassero il focus dalla mia prima passione che era comunque la chitarra solista. Studiavo chitarra moderna come un pazzo e nel frattempo sperimentavo con le altre cose che mi incuriosivano e piacevano, anche se lontanissime dallo shred o dal metal.
 
Racer Café: intervista a Gianni Rojatti
 
GB: Un giorno tu e Giacomo vi siete incontrati per la registrazione di qualche lick e...
GR:
Luca Friso è stato il nostro Cupido. Giacomo doveva registrare dei contributi video per Accordo. Io e Luca saremmo andati a filmarli nel suo studio. Come sempre faccio con tutti gli artisti che collaborano con Didattica, le settimane prima ho iniziato a interfacciarmi con una certa frequenza con Giacomo per definire i contenuti. In queste telefonate abbiamo iniziato a scoprire di avere una quantità incredibile di gusti in comune. Non solo cose che la gente si aspetterebbe come Steve Vai o Frank Zappa… ma entrambi si amava il punk, il grunge e addirittura cose pazzesche come elettronica e dubstep!
Così, per puro divertimento, proprio il giorno prima delle registrazioni, divertiti da questa complicità, si è deciso di registrare un piccolo pezzo assieme, pezzo che avrebbe fatto da jingle di traino per i suoi contributi didattici.
Quando ci siamo trovati uno di fronte all’altro con la chitarra… apriti cielo! Abbiamo iniziato a scambiarci lick, frasi, idee come due teenager esaltati!
Ed è stato Luca Friso a stuzzicarci sul fatto di fare delle cose assieme. E così è andata: il progetto è partito in sordina, ma dopo SHG di Salerno, dove abbiamo suonato assieme, la cosa è stata ufficializzata e siamo partiti in piena.

GB: Qual è il tuo approccio alla composizione di un brano?
GR:
Niente nella musica è più gratificante e magico che scrivere, registrare e produrre le proprie composizioni. Per me è un processo perfettamente bilanciato tra la disciplina e l’ispirazione. Devi studiare sodo musica. Avere tecnica e una buona conoscenza dell’armonia, ti servono per essere scaltro a catturare un'idea quando arriva. Ti aiutano a saperla trasformare in note, darle forma e metterla in bella copia.
Poi c’è il fattore dell’ispirazione. Devi metterti nella condizione di avere delle buone idee, devi lasciarti ispirare. La musica che fai è lo specchio della tua vita. Se passi le giornate in camera a fare esercizi, a guardare la tv o incollato a facebook, è chiaro che la tua musica sarà una noia mortale. Se ami la musica devi avere anche la forza di sapere che la cosa migliore che puoi fare a un certo punto, è appoggiare la chitarra e spegnere l’amplificatore, andare a una festa, vedere un film, uno spettacolo di danza, andare a mangiare al ristorante, leggere, appassionarti e studiare qualcosa che non sia musica. Avventure, esperienze, storie che poi potrai raccontare con la chitarra.
 
Racer Café: intervista a Gianni Rojatti

GB: Quali sono state le difficoltà nella realizzazione di questo progetto?
GR:
Nessuna difficoltà. Certo, ho sudato sette camice per suonare alcune parti, ma è stata pura libidine. Le difficoltà nella vita sono tenere in ordine le carte per il commercialista, pagare le bollette! Fare un disco di chitarra pazzesca con una delle migliori sezioni ritmiche in circolazione, Dado Neri ed Erik Tulissio, e uno dei miei guitar hero è stato esclusivamente gioia e divertimento.

GB: Nel vostro video track by track, Giacomo parla di un tuo lick difficilissimo che l’ha fatto dannare.
GR:
Giacomo è esagerato. Ce ne vuole per mettere in difficoltà un fenomeno come lui. Semplicemente il mio lick si allontanava parecchio dal tipo di diteggiature che usa lui. Si tratta di un passaggio in tapping e string skipping. E' quasi un pattern ritmico percussivo, uno dei miei lick più estremi come suono e velocità.
Ho un quadernino, dove annoto lick tipo questo. Quando trovo qualche passaggio particolarmente astruso, circense, lo annoto lì e lo tengo allenato anche se apparentemente inutilizzabile. Serve per tenere in forma le dita e stuzzicare la creatività ad andare oltre le cose che già padroneggio. Ho imparato che anche le cose più improbabili arriva il giorno che finiscono per essere perfette in qualche situazione.
Proprio come in questo caso: ho suonato per anni questo lick per fare il fenomeno magari mentre provavo una chitarra in un negozio o per stimolare un allievo. E anni dopo è magicamente diventato il passaggio perfetto per risolvere il chorus di un brano con Giacomo Castellano. Certi lick sono come le rovesciate nel calcio. Se ne fai dieci a partita, a metà campo, sei ridicolo, ma se ti capita di farne una sola, magari una in tutto il campionato e di segnare il gol che vale lo scudetto, beh diventi una leggenda! Non c’è nulla su cui non valga la pena esercitarsi. Magari ve lo insegnerò in una prossima lezione qui su Didattica...
 
Racer Café: intervista a Gianni Rojatti

GB: Hai registrato le tue chitarre nel tuo studio, puoi descriverci la strumentazione?
GR:
Certo. Tutte le mie chitarre su questo disco sono state registrate in diretta con un paio di Zoom G3. Per tutte le ritmiche e qualche solista, la mia chitarra entrava in un pedale AB della Morley che splittava il segnale in due. Su uno Zoom facevo una pasta di suono magari super high gain, sull’altro G3 lo stesso segnale passava per un altro suono, sempre distorto, ma magari meno estremo.
Uscivo dai due Zoom e finivo in due buoni pre: un API e un Vintadesign che è una sorta di Neve clonato. In questa maniera ogni traccia che suonavo era doppia. Mono, perché si trattava di una sola esecuzione, ma ampissima nello spettro di suono perché pronunciata con due voci differenti, spesso complementari. 
 
Racer Café: intervista a Gianni Rojatti
 
Tra chitarra e Zoom coloravo il suono con vari pedali analogici. Su tutto ho spremuto modulazioni di ogni tipo: flanger, chorus, phaser… nessun delay sui distorti, che ha aggiunto Giacomo in fase di mix. Su quasi tutti gli assolo aggiungevo un po' di crema al suono distorto con il Jemini dell’Ibanez.
Un pedale per me imprescindibile in fase di registrazione. Sui puliti invece usavo un solo Zoom e davo stereofonia alla parte doppiandola. Sui clean ho usato tantissimo il nuovo delay dell’Ibanez, l’Echo Shifter che è davvero uno sballo!
Allo Zoom ho affiancato anche l’Ironheart Studio Pre della Laney andando sempre in diretta e registrandoci soprattutto parti lead e temi.

GB: E non ti sono mancate le valvole?
GR:
Era la prima volta che facevo una cosa del genere. Mi sono sempre divertito con testate, casse, microfoni, ma volevo fare una cosa diversa. Secondo me, se usi queste macchine per sostituire gli ampli veri, perdi in partenza. Ma se li usi in maniera disinibita, senza preconcetti e semplicemente per cercare un suono nuovo, possono schiuderti il paradiso. Per esempio sulle distorsioni più estreme e moderne, applicate alle sette e otto corde, lo Zoom ha un transiente e una definizione micidiale, che potrebbero essere propria di una distorsione a transistor, ma ci aggiunge una vivacità e una rotondità che il transistor non ha.
E’ semplicemente un suono nuovo, moderno. Va giudicato per quello che è non in relazione a una testata e cassa. Aggiungo poi che uso humbucker molto potenti (Tone Zone, D-Activator, Crunch Lab…) e con lo Zoom ho trovato il bilanciamento perfetto tra l’output estremo di questi pick up, la distorsione cicciona che mi piace usare e la definizione totale di quello che suono.
 
GB: Che chitarre avete usato tu e Giacomo per le registrazioni dell’album?
GR: Io e Giacomo ve lo mostriamo in questo video che lui ha confezionato apposta per gli amici di Accordo. Ci sono tutte le nostre Ibanez e vi svelo il segreto con cui la mia RG ho conquistato la mia ragazza!
 

GB: Una volta terminate le registrazioni di tutti gli strumenti, qual è stato il workflow?
GR:
Giacomo ha curato il mix e ha lavorato in maniera brillante impostando il mixaggio di pari passo al proseguire delle registrazioni. Man mano che si realizzavano delle chitarre definitive, lui le incastonava nella sessione agevolando un processo molto naturale e armonioso di mix e ascolti. Detesto ascoltare per settimane un pezzo con degli equilibri e poi risentirlo ripensato e stravolto nel mix…
A una settimana dalla consegna dell’ultimo assolo, lui aveva già chiuso i mix.
Avevamo curato in maniera così maniacale esecuzioni, ricerca dei suoni e arrangiamenti che la fase ascolti dei mix è stata una goduria. Tutte le rifiniture che Giacomo ci proponeva non erano mai correttive, ma sempre finalizzate a valorizzare un prodotto che già ci piaceva e suonava sano e cool.
E’ la stessa differenza che passa tra stare le ore davanti allo specchio per provare una camicia che ti valorizzi gli addominali o una che ti nasconda la pancetta!
Giacomo è un professionista magnifico! Se fate musica strumentale, il vostro prossimo disco fatevelo mixare da lui.

GB: Dopo tanto lavoro, finalmente le vostre fatiche hanno visto la luce e sono state proposte al pubblico. Quali sono le aspettative?
GR:
Vincere San Remo!
 
Racer Café: intervista a Gianni Rojatti
 
Tutte le foto sono di Giacomo Castellano
giacomo castellano gianni rojatti racer café
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