Lo shape del body è realizzato a partire dalle curve sinuose di una Casino, o una Sheraton, proporzionato a misura di acustica e con una sola spalla mancante. Insomma della Sheraton poco rimane se non la rotondità della parte bassa del corpo, che culmina in una spalla mancante florentine,
Il top in abete selezionato e massello è incollato a classiche fasce in mogano, stesso legno utilizzato poi per manico e fondo. I 20 tasti culminano nella classica paletta EPI bella importante, coperta di vernice nera, con il logo in bella vista.
La vernice satinata e trasparente lascia tutto in bella vista e i binding neri attorno al body e la rosetta, molto semplice, spiccano sul colore chiaro dell’abete, ma lasciando alla PR5 un look al naturale, acqua e sapone. Un po’ di scena la fanno le meccaniche dorate e i segnatasti a rombo, un tocco di raffinatezza che certo non guasta.
L’elettronica è composta da un sistema eSonic con pickup Nanoflex. È dotato di controlli per il volume, alti medi bassi e accordatore on-board. Comodissima anche l’inversione di fase, per prevenire spiacevoli fischi sul palco.
Nonostante una dotazione, tra materiali ed elettronica di tutto rispetto, la Epiphone viene offerta a un prezzo che non supera i 300 euro. Non avessimo letto il cartellino, però, la PR avrebbe potuto ingannarci. È leggera, ma non di piccole dimensioni, è abbastanza ingombrante con le sue forme generose. Il manico, però. è sorprendentemente sottile, quasi troppo. Ricorda più quello di un’elettrica con tastiera molto piatta che quello di una quasi-jumbo. Di per se la cosa non è un male. Grazie all’action tutto sommato bassa e al buon setup, si lascia suonare subito con gran facilità. Le corde montate sono delle 0.012, ma sembrano molto più molli. I bassi tendono leggermente a sferragliare, ma solo se si pesta con troppa convinzione con il plettro o con il pollice.
Lo strumento vibra bene e trasmette tutto al musicista, che viene investito da delle basse frequenze definite e potenti, non certo da strumento di fascia economica come quello in prova oggi. Anche se lo spettro delle frequenze tende un po’ al basso, non risulta eccessivamente sbilanciato. La voce è leggermente inscatolata, colpa un po’ sicuramente della gioventù dei legni e un po’ anche delle corde non nuovissime. Siamo sicuri che con un set nuovo e qualche anno sulle spalle la Epi non potrà che migliorare.
I tasti si fanno leggermente sentire sotto le dita, ci sarebbe voluta una limatina in più prima di lasciare la fabbrica, ma qui ci torna in mente il prezzo e non ci scandalizziamo più di tanto, visto che ci sono strumenti ben più blasonati con problemi peggiori. Scorrendo su e giù per il manico non ci siamo imbattuti in evidenti buchi sonori, anzi, sembra suonare tutta mediamente bene. I limiti si riscontrano nella complessità del sound, un po’ scarno di armonici e risonanze. Anche il sustain non è dei migliori, ma la situazione cambia quando la colleghiamo con un cavo. Il piezo fa un ottimo lavoro, assieme al preamplificatore. Riesce a prendere la voce della Epiphone e restituirla ingrossata e rinvigorita. È un toccasana che ne migliora le peculiarità timbriche, pur con quel velo di lieve gommosità dovuta al trasduttore sotto al ponte.
Per un prezzo che si aggira attorno ai 270-290 euro, la PR5-E è uno strumento perfetto tanto per chi vuole iniziare ad approcciarsi all’acustica, ma anche per chi è proprio a digiuno di sei corde. Fa il suo dovere egregiamente, senza mettere a rischio i risparmi di mesi. Resta uno strumento entry level, ma ben fatto. |