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Zoom AC3: ecco come va
Zoom AC3: ecco come va
di [user #46937] - pubblicato il

La pedalboard Zoom permette ai chitarristi acustici di avere pieno controllo sul suono in ogni condizione. Un nostro lettore racconta la sua esperienza su e giù dal palco con l'AC3.
Fresco possessore di uno Zoom AC3, dopo un uso live su tre serate penso di poter condividere la mia esperienza con gli amici di Accordo. Lo faccio principalmente a scopo di servizio in quanto l'acquisto è stato da me a lungo ponderato per esigenze di palco, ma ho fatto molta fatica a recuperare le informazioni di cui necessitavo. Non avendo avuto modo di provarlo di persona, mi sono dovuto accontentare delle prove su YouTube e dei vari commenti e review recuperati online per ogni dove, compresi improbabili test in coreano e indiano, tant'è che alla fine mi sono arrischiato ad acquistarlo pur non avendo trovato risposta ad alcune mie domande.
Vi dirò come va, secondo me.

Zoom AC3: ecco come va

Suono prevalentemente in duo acustico (una chitarra e due voci) e uso, alternandole, un'ottima acustica Cort MR740FX (top sitka massello, fondo e fasce in palissandro massello), equipaggiata con un pre Fishman Prefix e una Godin Multiac con corde in Nylon ed elettronica L. R. Baggs. A terra, prima passavo per un Fishman Aura ast (il primo modello e a mio personalissimo parere tutt'ora il migliore della serie). Il tutto entra in un PA line array Mackie Reach o, se il locale offre un PA residente, in un mixer digitale XAir12 Behringer. Oltre agli effetti onboard dell'XAir o del Reach, utilizzo un riverbero esterno Lexicon LXP-1 per un suono base organico e caldo per compensare l'effetto Hi-Fi dei sistemi digitali.

Motivo dell'esigenza dello Zoom è che l'Aura, che trovo utile e ottimo in molte circostanze, troppo spesso non rende in live senza una taratura ottimale dei parametri generali e interni. Ora, poiché la maggior parte delle volte non ho il tempo o la possibilità di uscire dai limiti che mi impongono i locali per il sound check, resto troppe volte insoddisfatto del suono che ottengo dalle performance live della chitarra acustica. Al contrario, la Godin va quasi sempre alla grande con un minimo di ritocchi, per un sound in stile Fragile di Sting e garantisco di riuscire a ottenerlo il 90% delle volte con solo un leggero tweaking per adattarlo alle differenti situazioni di palco. A questa facilità sulla Godin non corrisponde quasi mai lo stesso per la Cort. Poiché ho avuto modo di ascoltarla su un buon palco con un buon fonico, posso affermare che pur non avendo il timbro di una D-18 la qualità del suono raggiunge una sufficienza più che professionale, tuttavia le volte che resto soddisfatto del mio steel-sound è decisamente sotto la media delle attese. Inoltre, utilizzando l'Aura per entrambe le chitarre, ho dovuto creare una doppia linea di canali per ottimizzare il segnale e differenziare equalizzazione ed effetti.
Si capisce da subito che non parliamo del migliore dei mondi possibili. Da qui l'ipotesi di dotarmi di un secondo modulo da dedicare esclusivamente alla chitarra acustica. Ovviamente squadra che vince non si cambia, non ho mai messo in discussione l'Aura per la Godin, ma ero decisamente in cerca di una soluzione per la Cort.

Zoom AC3: ecco come va

L'Aura con le acustiche riesce a mitigare fino ad annullarlo il quack del piezo, tuttavia il suono si sfina, smagrisce ed emerge una componente compressa di alte frequenze che esalta lo "zin" delle corde in metallo sul piezo, e introduce una componente timbrica che estrae un non so che di artificiale dal suono. Okay, non so quanti di voi possano seguirmi in questo discorso, ma spero di aver reso l'idea. A ogni modo, questa componente artificiale del suono la trovo in varia misura in tutti gli effetti analoghi all'Aura, l'ho riscontrato per esempio nel Bodyrez, nell'Anthem di LR Baggs, nel Boss AD2. Molti di voi potrebbero dire: e allora pigliati una Para DI e sta' felice. Ci ho pensato molte volte, eppure non è del suono analogico che sono insoddisfatto, sono decisamente felice della componente "cruda" del suono, mentre da quando ho cominciato a usare l'Aura sento la necessità e perlomeno percepisco l'assenza dell'IR, quando mette quel tantino di aria nel suono dell'acustica che la rende effettivamente molto più piacevole del suono preso nudo e crudo dal suo pre, pur equalizzato ed effettato. Ovviamente non ne faccio una questione da puristi audiofili, parlo del mio suono, quello che ho nella testa e vorrei tirare fuori ogni volta, che per capirci è qualcosa di molto vicino a un "My My Hey Hey" versione Live di Neil Young coi Crazy horse.

Veniamo a noi: come va 'sto Zoom AC3?
Benone posso dire.
Suono epico? della madonna? No, quello solo se ti metti davanti a un ottimo microfono con un'ottima chitarra e hai un'ottima cavata e non ci piove. Ottengo mediamente un suono acustico convincente per ogni serata senza troppo sbattimento? Decisamente sì e alla grande.

Zoom AC3: ecco come va

Innanzi tutto un brevissimo promemoria. L'AC3 dispone di un paio di controlli che impostano il tipo di strumento presente nell'input (piezo/magn, dread, 00, 000, dobro, ecc.) mentre una seconda manopola modellizza il suono in uscita portandolo più vicino possibile a un modello target di chitarra (D45, D18, Jumbo, 000, ecc.). Ovviamente nessuno potrà tirare fuori da una Cort una D45. L'importante non è quello, ma che il suono che esce dalle casse del PA sia convincentemente quello di una chitarra acustica con le migliori intenzioni, sfumature e dinamiche del caso. In questo senso posso dirmi piuttosto soddisfatto.
Se un'ottima ripresa microfonica miscelata a una punta di piezo fosse il nostro dieci, posso dire che siamo attorno a un sei pieno. Un sette sono certo verrà fuori con maggior esperienza nell'uso della macchina e la sua interazione con il resto della catena audio, ma ciò che convince è la potenzialità da subito espressa e facilmente raggiungibile per un onesto lavoratore del palco senza sghei né collaboratori.

L'AC3 ha un timbro a metà strada tra una macchina IR based come l'Aura e un pre a modelli tipo i vecchi Boss AD5 con un orientamento timbrico più sul versante analogico che digitale. Forse potremmo addirittura pensarlo come un'evoluzione in chiave moderna del Boss, se vogliamo con qualcosa in più sul piano della praticità d'uso.
Da un punto di vista sonoro, l'impressione è che ciò che fa l'AC3 sia meno elaborato dell'Aura o, per meglio dire, a me sembra che il suono sia meno elaborato, meno artificiale, meno rimaneggiato, con il risultato finale che il suono emerge dall'impianto già subito sufficientemente convincente (e migliorabile con un po' di lavoro) pur non attestandosi ai livelli eccelsi della categoria. Ma a confronto con certa concorrenza, per 200€ e poco più, che vogliamo pretendere su certi tipi di palchi, con certi tipi di PA, senza il supporto di nessuno?

Con macchine come l'AC3 occorre avere l'accortezza di studiarsi a casa l'interazione migliore possibile dei modelli di chitarra in input e quelli in output e il loro match finale con il tuo PA. Ho trascorso interi pomeriggi a provare, tarare e selezionare la combinazione migliore. Una volta trovata, si ha davanti un classico set&forget, in quanto trovato il miglior match tra modello in ingresso (che non necessariamente corrisponde a uno di quelli proposti dalla casa) e il modello di chitarra alla quale ci si vuole avvicinare, poi possiamo intervenire su tre regolazioni di EQ generali della macchina che sono utili a definire il rapporto timbrico con il PA.
Ovviamente anche al front of house c'è la possibilità di intervenire, ma questo servirà per ambientare la chitarra nel panorama sonoro della venue non per definire il timbro dello strumento.
Per la mia esperienza condivido con voi il fatto che sono arrivato a convincermi che non occorre pensare i parametri di input e output per imitare un qualche modello di strumento, quanto piuttosto per trovare la combinazione che faccia emergere dal PA un suono acustico il più convincente possibile, perché se anche io fossi un fanatico di Martin, tra una D28 sfigata e una J200 coi controcorbezzoli è decisamente per la seconda che vado anche se poi magari il suono non assomiglia minimamente a nessuna delle originali e però suona dal PA come un'acustica ha da suonare.

Infine, il secondo aspetto che mi fa apprezzare lo Zoom AC3 - e che affermo con convinzione lo rende un ottimo compagno di lavoro - è la disponibilità degli effetti e la loro semplicità d'uso. Un compressore perfettamente a suo agio per l'utilizzo che se ne fa in musica acustica, un set di effetti molto ben pensati e selezionati, sfruttabili tutti e tutti credibili, infine un antifeedback funzionale e routing dei cavi professionale.
Non c'è nulla di giocattoloso in questa macchina (a differenza di altri Zoom), no fronzoli, no nonsense. È un buon pedale, onestissimo, sembrerebbe pensato da un chitarrista che sa esattamente cosa serve quando si sta su un palco e non sei Pat Metheny. Sembra una cosa fatta col giusto amore insomma.

Tutto perfetto? Ovviamente la perfezione non esiste. Cosa si potrebbe migliorare? Qui siamo nel campo dei gusti personali ma avrei un paio di idee: perché non inserire tra i modelli input e target anche qualche semiacustica? Sarebbe un sogno portarsi la 335 e tirare fuori un jazz tone già ben impostato. In secondo luogo ho notato che l'accordatore, ben tarato e preciso, dal palco non sempre risulta così estremamente leggibile: proporrei di far lampeggiare i LED una volta raggiunta la nota accordata, o inserire un LED bianco a segnalare il raggiungimento del giusto pitch. Infine, in epoca di IR scaricabili online, non sarebbe poi malaccio avere due o tre IR ben tarati a disposizione.
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di saverio21 [user #20612]
commento del 18/09/2020 ore 14:32:34
Ottima recensione di un prodotto che ho adocchiato da un po'! due domande: il boost come lo hai trovato? utilizzandolo quanto è alto il rischio feedback? e l'anti-feedback stesso ammazza le frequenze sempre e comunque quando è attivo o agisce solo "in caso di necessità"? grazie e di nuovo complimenti!
Rispondi
di Ernestor [user #46937]
commento del 18/09/2020 ore 18:31:15
Il boost è in linea con la qualità della macchina, non modifica il suono, produce un aumento di volume fino a +9bB, tarabile con un potenziometro apposito, dunque il salto di volume lo sceglie il musicista io ad esempio lo trovo adeguato a ore dieci/undici, vale a dire circa un quarto di giro della manopola (a orecchio siamo tra i quattro/cinque dB in più), dunque avanza margine ancora. Per quanto riguarda il feedback usando il boost, se si adotta il metodo di tarare il volume massimo della venue sul boost, quando poi lo si usa non c'è da attendersi scherzi strani.
Riguardo l'antifeedback finora non l'ho mai dovuto usare dal vivo e l'impressione è che con queste macchine, quando le frequenze partono abbastanza ben scolpite il sistema tende a essere meno prono al feedback. Comunque facendo le prove di taratura a casa e dunque tenedo vicino al PA ad alto volume la chitarra, il Larsen è partito sulle medio basse e a quel punto ho potuto vedere come lavora l'antifeed. Dico subito che in linea di principio poiché tende a impoverire il suono, a me non piace tenerlo attivo tutto il tempo, né quello dello Zoom né quello dell'Aura, né il notch sulla chitarra; di solito cerco di eliminarlo a monte controllando l'acustica della sala con l'eq del PA, magari trovando una posizione più sicura sul palco e memorizzando mentalmente sul notch qual'è la frequenza più sensibile in modo da usarlo al volo se serve. Comunque per rispondere alla domanda, l'antifeedback entra in azione premendo un pulsantino sulla macchina, ma c'è anche la possibilità di attivarlo da uno switch remoto opzionale. Quando si attiva lui cerca e sopprime automaticamente la frequenza che innesca in un tempo di circa tre secondi e puoi farlo operare più volte ripetutamente se necessario; potresti decidere di lasciarlo acceso o usarlo solo in caso di emergenza, io preferisco la seconda soluzione. Nelle condizioni esasperate in cui l'ho provato (volumi da palco in stanzona vuota, a circa un metro dalla cassa e davanti di tre quarti — ho un line array e perciò il sistema è più resistente al feedback anche se lo strumento è posizionato davanti la cassa) una soppressione totale non c'è stata ma ho ottenuto una netta attenuazione della frequenza innescata e ho terminato il lavoro con il notch della chitarra, a quel punto la situazione è stata blindata ma ripeto, non esiste suonare in quelle condizioni è stato un esperimento limite per vedere fin dove arrivava la tecnologia, tant'è che dal vivo senza usare protezioni finora mai avuti feedback.
Ciao e grazie👋
Rispondi
di saverio21 [user #20612]
commento del 18/09/2020 ore 18:39:25
Grazie, davvero preciso ed esauriente!!!
Rispondi
di Ernestor [user #46937]
commento del 18/09/2020 ore 17:27:54
Ooopps, chiedo scusa a tutti nella recensione ho parlato dell'Anthem di LR Baggs, ma intendevo dire il Voiceprint di LR Baggs (ex Soundscape); un refuso di cui mi sono reso conto tardi (un lapsus freudiano?), parlando delle varie macchine provate alcune personalmente, altre ascoltate (con cuffie reference planari da mastering) dai video ufficiali e review.
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