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Didattica a distanza: intervista a Luigia Berti
Didattica a distanza: intervista a Luigia Berti
di [user #116] - pubblicato il

Abbiamo raggiunto Luigia Berti, autrice del manuale Insegnare Musica in aula a Distanza, edito da Volonté & Co per parlare della situazione delle scuole di musica in Italia e di come hanno affrontato la DAD.
La didattica a distanza in un ambiente come la musica è difficile da affrontare, e molti insegnanti si sono trovati in difficoltà. Immagino sia nata da questa cosa l'idea di creare un manuale dedicato alla DAD.
Il volume raccoglie una disamina approfondita sui paradigmi pedagogici alla base della formazione a distanza autentica, ovvero così come andrebbe organizzata, distinguendola dalla didattica d’emergenza che è quella che ci siamo trovati a mettere in campo nella situazione pandemica inaspettata e improvvisa. Si indagano i meccanismi di funzionamento della comunicazione da remoto, i suoi limiti e le sue potenzialità, e le implicazioni specifiche di tutto ciò in ambito musicale, sia strumentale che vocale, relativamente all’insegnamento dello strumento solista ma anche della musica d’insieme per piccoli e grandi formazioni, oltre che per le discipline musicali più a curvatura teorica. Ma si rileggono anche ruoli e funzioni della musica, il suo valore emozionale e il legame con il vissuto quotidiano di ciascuno di noi analizzando ad esempio il fenomeno dei flash mob o dell’uso della musica nella terapia.
L’idea nasce da uno studio avviato proprio all’indomani della prima chiusura degli istituti musicali, il 5 marzo 2020, con gli studenti di pedagogia, metodologia e didattica musicale dei corsi triennali e specialistici del Conservatorio di Musica di Frosinone. In modo molto intuitivo, rendendoci conto che stava accadendo qualcosa di straordinario e che eccezionale sarebbe stato l’impatto anche sul piano della formazione, abbiamo immediatamente messo da parte Piaget, Bruner e Dalcroze iniziando ad occuparci dei principi generativi, dei modelli, delle logiche e delle condizioni efficaci dell’e-learning. Alcuni di questi studenti - Beatrice Bellò, Eleonora Caliciotti, Egidia Casciano, Sara Lani, Fausto Paniccia, Emanuela Roscioli - hanno poi partecipato alla stesura del libro insieme con il compositore Francesco Perri, il musicologo Antonio Caroccia e il musicoterapeuta Roberto Caetani.
Alla prima fase di studio sul tema specifico della formazione a distanza che peraltro nasce in epoca lontanissima - addirittura i primi corsi per corrispondenza risalirebbero agli anni quaranta dell’Ottocento ma che a mio avviso diventa antesignana della didattica digitale integrata solo nella straordinaria parabola del Maestro Alberto Manzi che attraverso una fortunatissima trasmissione televisiva datata 1960 alfabetizzò circa un milione e mezzo di italiani – si sono infine affiancati gli esiti di un sondaggio nazionale, grazie al quale abbiamo raccolto le testimonianze di circa mille e duecento docenti e studenti di musica dei conservatori, dei licei, delle medie ad indirizzo musicale e delle scuole private e comunali di musica di tutto il Paese, proprio nel periodo del massimo lockdown (marzo/aprile 2020). Poi c’è stato l’incontro ‘virtuale’ con un editore lungimirante (Rugginenti, gruppo Volonté) che ha immediatamente compreso l’importanza del lavoro e ci ha proposto di pubblicare in tempo record gli esiti dello studio e del sondaggio.

Quali sono secondo te le difficoltà più grandi che hanno colpito gli insegnanti a partire dal 5 marzo 2020?
Naturalmente in uno scenario così inatteso, insolito e anche molto ‘disorientante’, la prima difficoltà è stata quella di reagire in senso concreto e propositivo per cercare strade alternative utili a mantenere accesa la relazione educativa oltre che didattica in senso stretto. Sul piano della realizzabilità dell’insegnamento/apprendimento online, in ambito musicale dobbiamo certamente dire che i limiti sono davvero molti e al momento ci sono oggettivamente delle aree di non applicabilità. Però è bene distinguere tra insegnamenti di assetto teorico (ambito psico-pedagogico, musicologico, teorico-analitico), prassi solistiche (strumentali e vocali) e insegnamenti di musica d’insieme (dalle piccole formazioni della musica da camera al coro e all’orchestra). È evidente che mentre per i primi la didattica si può svolgere da remoto con minori difficoltà, gli ultimi soffrono sensibilmente la distanza, anche per la mancanza di mezzi e strumenti tecnologici di cui al momento non disponiamo. Esistono, ma non sono disponibili. Voglio dire che la tecnologia ci sarebbe, e la maggior parte dei problemi legati a questione come il delay, l’impossibilità di suonare in sincrono, l’appiattimento delle frequenze e delle caratteriste del suono e così via, sarebbero risolvibili se tutti noi avessimo la tecnologia già esistente a portata di mano; se avessimo la possibilità di far viaggiare il suono nella banda larga, anzi larghissima, se avessimo aule virtuali digitalmente aumentate e se potessimo utilizzare software specifici pensati ed implementati per le caratteristiche dell’onda sonora. Su questo ci sarebbe bisogno di un grande investimento da parte delle istituzioni. Se ne sta discutendo, vedremo se e come il Recovery Plan sarà destinato anche ad una massiccia digitalizzazione del sistema educativo e formativo nazionale. Attualmente usiamo piattaforme che, anche le migliori, nascono per un uso legato più ai meeting, alle conferenze, e dunque le loro peculiarità e potenzialità soddisfano esigenze molto distanti da quelle di un insegnante e uno studente di canto o di pianoforte, o ancor di più di quartetto o esercitazioni orchestrali, tanto per fare qualche esempio.

La didattica a distanza, quando si mette di mezzo l'insegnamento della musica crea sfide ancora più grandi. Come pensi si possa rispondere al meglio all'esigenza di un insegnamento a distanza, soprattutto quando si ha a che fare con gli strumenti e non solo con la formazione musicale di base?
Se avessi la bacchetta magica la userei tre volte: la prima per formare (e non solo aggiornare) in maniera capillare docenti e studenti; la seconda per dotare tutti dei mezzi idonei a poter usufruire dei sistemi digitali; la terza per garantire l’accesso alla tecnologia esistente, iniziando dal risolvere i problemi di connessione.

Cosa pensi invece sia mancato proprio nel mondo della musica nell'approccio alla DAD?
Oltre al già detto, forse in qualche caso la disponibilità dei docenti a modificare il proprio modo di fare lezione. Molti insegnanti, comprensibilmente ma in questo compromettendo la loro possibilità di successo didattico, hanno sostanzialmente cercato di riproporre la loro didattica d’aula con un mezzo diverso, computer, tablet o telefonino. Questo ovviamente non può funzionare, anzi rischia di fallire completamente o quantomeno generare insoddisfazione, frustrazione, stanchezza, sfiducia nelle possibilità della tecnologia. I motivi alla base di tali comportamenti sono semplici da individuare: in parte la mancata formazione specifica, in parte lo stile comportamentale psicologico che spesso è legato alla personalità individuale. Intendo dire che mentre alcuni insegnanti (e molti musicisti!) sono degli sperimentatori, aperti, disponibili a cimentarsi con l’inusuale, anche ai limiti estremi del possibile, altri invece soggiacciono al fenomeno della resistenza al cambiamento o a veri e propri bias cognitivi, pregiudizi che impediscono di fatto di tentare nuove strade e così facendo ottenere risultati ben più soddisfacenti.

Didattica a distanza: intervista a Luigia Berti

Notoriamente il mondo della scuola è abbastanza lento nel muoversi e trasformarsi. Quali sono gli ordini scolastici in cui hai osservato le maggiori difficoltà?
Dai risultati del sondaggio sembrerebbero i Conservatori. Le secondarie di primo e secondo grado in una certa (pur risibile) misura erano in parte già da tempo organizzate secondo i dettami del piano nazionale di digitalizzazione e quindi in qualche misura avvantaggiate. In più – nota dolente - molti studenti dichiarano nel questionario che diversi docenti del Conservatorio si sarebbero rifiutati aprioristicamente di fare lezione a distanza. Ed effettivamente alcuni di loro lo affermano nelle risposte aperte dell’inchiesta. In alcuni casi abbiamo trovato testimonianze di rifiuto totale di utilizzare la didattica a distanza perché ‘impossibile’, o temuta come ‘rivale’ e sostitutiva della didattica in presenza. Naturalmente, e ci piace ripeterlo, non si trattava né si tratta ancora oggi di pensare ad improponibili sostituzioni: l’insegnamento/apprendimento ha sempre natura relazionale,
e soprattutto negli anni delicati della formazione dei discenti si fonda sulla comunicazione autentica ed empatica, e queste sono davvero messe a dura prova dal mezzo digitale. Non si trattava, e non si tratta, di scegliere. Né tantomeno di fare il tifo per la didattica in aula o quella a distanza. Credo che la tecnologia sia e debba rappresentare uno strumento in più, di potenziamento, una risorsa aggiuntiva molto utile ad integrare la didattica in presenza aumentandone l’efficacia. In questo momento storico – perché questo momento resterà certamente nella storia – in ogni caso è la nostra sola possibilità. E per fortuna c’è.

Il manuale affronta anche dal punto di vista tecnico l'approccio pedagogico all'insegnamento della musica a distanza. Come è stata affrontata la stesura di questa parte del libro? È partito tutto dall'esperienza sul campo?
In realtà no. Abbiamo iniziato analizzando i modelli già esistenti, in uso da tempo ad esempio nelle università online, cercando di capirne le logiche profonde. E abbiamo scoperto quali caratteristiche sono proprie della didattica a distanza, in quali formati e con quali attributi specifici andrebbe modulato l’insegnamento da remoto, anche tenendo conto di tempi e scansioni differenti rispetto all’insegnamento in classe.

Che consiglio vi sentireste di dare agli insegnanti e alle scuole che devono affrontare al meglio la DAD?
Di provare a sperimentare, preferibilmente in forma cooperativa con altri colleghi e se possibile con gli stessi studenti ad esempio nei modi della classe capovolta, anche costituendo team di studio e ricerca-azione per la sperimentazione su campo di e-tivity, di modelli in cui la tecnologia può fare la differenza, come ad esempio la Classe di Bayes. Li incoraggerei a farsi promotori di nuovi progetti, di sentirsi legittimati ad assumere un ruolo di protagonisti in questo strano tempo che ci chiede un ripensamento generale del modo di insegnare, e ci chiede di farlo rapidamente e in modo intelligente. Tra l’altro nel sondaggio è emerso che gli insegnanti in precedenza più reticenti nell’uso delle tecnologie, dovendole impiegare per necessità si sono rivelati molto più capaci di quanto loro stessi pensassero. Moltissimi ci hanno orgogliosamente confidato di essersi inaspettatamente scoperti molto più abili con la tecnologia di quanto non avessero immaginato.

So che il prossimo 16 marzo parteciperai al DIDACTA '21, puoi anticiparci qualche argomento che
tratterai nel tuo intervento?
Sarà un’occasione speciale. Didacta è un appuntamento importante e prestigioso per tutti gli insegnanti e per quanti ruotino a vario titolo attorno al mondo dell’insegnamento, una vera e propria ‘fiera’ della didattica, e lo sarà per quanto modificato anche in forma online. Nell’intervento, insieme con Annalisa Spadolini (CNAPM) e a Marco Morandi (Indire), presenterò sinteticamente alcuni risultati del sondaggio e fornirò alcune indicazioni sui modelli della formazione a distanza. Mi piace poter condividere gli esiti dei miei studi e delle mie ricerche, credo che il rinnovamento del nostro modo di insegnare possa partire anche da qui.
editoria volonté&co
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