VINTAGE VAULT SHG MUSIC SHOW PEOPLE STORE
Surfer Joe: Surfin' The Waveforms
Surfer Joe: Surfin' The Waveforms
di [user #6868] - pubblicato il

Il nostro lettore bobchill intervista Lorenzo Valdambrini, socio fondatore di Surfy Industries e creatore di effetti a pedale ispirati alla miglior tradizione vintage americana.
“Forse dovremmo concentrarci di più ad ascoltare, piuttosto che pensare quanto un segnale rimanga più o meno "pulito", puro e perfetto. Nel 2021 si guardano troppo le forme d'onda e si pensa troppo poco alle sensazioni che un certo suono ti lascia sulla pelle”.
Pensate possa essere possibile conciliare l’attività di chitarrista, music promoter e titolare di un’azienda che produce effetti per chitarra? Sicuramente può sembrare un’impresa ardua ma, in sintesi, è il curriculum di Lorenzo Valdambrini, in arte Surfer Joe.

Surfer Joe è un chitarrista di lungo corso, innamorato di suoni che rimandano alla Fullerton dei primi anni ’60, ma è anche promotore di festival, gestisce la programmazione live di music club ed è socio fondatore di Surfy Industries, azienda di base in Svezia, produttrice di effetti per chitarra.
Questo impegno multiforme su diversi fronti non è dispersivo ma al contrario è per lui un punto di forza: l’esperienza maturata in un determinato campo torna provvidenzialmente utile in un altro settore, formando una competenza poliedrica ed eclettica.
Tutto nasce dalla sua personalità di “discerning guitar player”, chitarrista esigente, attento al suono e all’importanza dei dettagli nella scelta della strumentazione.
Con Lorenzo ho avuto una piacevolissima chiacchierata in cui condivide interessanti valutazioni derivate dall’esperienza sul campo nei diversi ambiti e sono riuscito a carpirgli anche qualche piccolo segreto di cui fare tesoro.

Quando e come nasce Surfy Industries? Come è organizzata? Sei un membro fondatore?
Surfy Industries nasce dalla collaborazione con Björn Isheden che è designer e responsabile tecnico della produzione. Björn da sempre si interessa di musica surf e ci siamo conosciuti tramite la piattaforma surfguitar101.com che è il punto di riferimento fin dal 2006 per tutti gli appassionati del genere. Su questa piattaforma Björn ottenne grande popolarità nella scena surf producendo un kit per l’autocostruzione di un’unità di riverbero. Björn chiamò il kit “SurfyBear”, un gioco di parole con il proprio nome in quanto "Björn" in svedese si traduce letteralmente "Bear” (orso) in Inglese. Questo kit si guadagnò la fama di vera alternativa all'unità Fender 6G15. Durante un incontro nel 2016 al Surfer Joe Summer Festival proposi a Björn di unire le nostre forze per produrre su vasta scala unità riverbero finite e pedali tremolo di ispirazione Fender.
Una nota di riguardo meritano i nostri partner in USA Ted e Lynsey, due persone splendide e grandi conoscitori del genere Surf, da ben prima di noi. Ted è il batterista di una delle surf band contemporanee più acclamate. La sua conoscenza di persone e situazioni lavorative nell'ambito del music business è spesso di fondamentale aiuto per valutare le scelte e filtrare i feedback che riceviamo. In questo modo riusciamo a migliorare la nostra offerta e a imparare dai nostri errori che naturalmente è inevitabile commettere.

Il nome “Surfy Industries” rimanda a un ambito musicale ben preciso. Qual è il vostro background culturale, ci sono testimonial o partner a cui siete particolarmente legati?
Inevitabilmente c’è un legame con questo genere musicale. Faccio surf music di mestiere, vivo di questo. Sono co-proprietario di locali ispirati alla surf music, i Surfer Joe Diner in Toscana, e sono fortunatamente uno dei musicisti più attivi della scena, costantemente in giro. La nostra ispirazione nasce tutta da lì.
Non abbiamo testimonial particolari se non moltissime surf band in tutto il mondo e alcuni musicisti anche importanti che usano i nostri prodotti. Non abbiamo ancora ultimato un vero e proprio programma di endorsement.
Siamo un’azienda molto piccola ma in quanto tale manteniamo un grande entusiasmo in ciò che facciamo e sappiamo godere anche dei piccoli risultati. I complimenti che riceviamo ci ripagano di tutto.
Le nostre creazioni partono sempre da una nostra necessità o esperienza personale e siamo sempre eccitati quando introduciamo un nuovo prodotto. Praticamente produciamo gli strumenti che servono a noi per suonare... sperando che servano e piacciano anche ad altri.

In fase di progettazione come avete valutato l’azione di “colorazione” del suono dei pedali “Surfybear”, indipendentemente dall'efficacia dell’effetto riverbero di per sé?
Sapevamo che l'effetto suona leggermente scuro ma anche qui abbiamo fatto leva sulla nostra esperienza. Per anni ho ascoltato molte surf band perforare i timpani con frequenze taglienti. Una delle caratteristiche peggiori dell'uso delle unità riverbero è che con alcuni amplificatori più freddi, anche quelli a valvole come Twin Reverb e non solo, il suono della chitarra può diventare eccessivamente acido, stridulo, pieno di alti molto fastidiosi. Senza contare che nessuno usa più corde .015 e coni da 15" per chitarra, per cui l'uso di coni da 10" e 12" rischia di enfatizzare questo risultato. Mettici poi chitarre Jaguar e Jazzmaster con il potenziometro da 1Meg e il gioco è fatto. Per molti anni il commento del pubblico era che le alte frequenze delle chitarre non erano sopportabili.
I vecchi ampli Fender, i Brownface, così come le Reverb Unit originali 6G15 suonano tendenzialmente scuri. Si ha paura di usare la parola "scuro" quando si parla del suono della chitarra ma è sbagliato a nostro avviso. Scuro significa anche "tondo", "piacevole", "risoluto", "potente" se serve, quindi troviamo che il modo in cui il SurfyBear Classic influenza il suono della chitarra è per il meglio.
In ogni caso reputiamo sbagliato pensare di usare un riverbero a molla e mantenere il suono intatto. Si tratta sempre e comunque di un effetto analogico in cui il segnale è fatto transitare attraverso molle e materiale più o meno impuro, qualcosa accade di certo e va accettato cosi come è. Idem per eventuali piccoli fruscii, rumori, interferenze elettromagnetiche e altro. Forse dovremmo concentrarci di più ad ascoltare, piuttosto che pensare quanto un segnale rimanga più o meno "pulito", puro e perfetto. Nel 2021 si guardano troppo le forme d'onda e si pensa troppo poco alle sensazioni che un certo suono ti lascia sulla pelle.

Surfer Joe: Surfin' The Waveforms

Per l’involucro del Surfybear “Classic”, avete adottato soluzioni piuttosto originali. Ce ne parli?
Per lo chassis del modello Surfybear “Classic” impieghiamo un legno compresso, tipo MDF (Medium Density Fiberboard) ma i lati sono rifiniti in legno di pino. Il tutto viene foderato con copertura in vinile tolex rough, lo stesso usato da Fender. La forma stondata dello chassis è voluta sia per scelta estetica di design sia per praticità, in quando ci evita l’applicazione del tolex sugli angoli: si ottimizza il materiale e se ne facilita l'installazione.

A parte l’impostazione “da stompbox” del  Surfybear Metal, ci sono altre differenze di rilievo rispetto al circuito del “Classic”? Il controllo di volume è concepito per “colorare” il suono come una sezione boost indipendente o è trasparente?
Non ci sono differenze se non nel fatto che il Surfybear Metal è “true bypass”. Di base non siamo dei fan del true bypass. Ci ispiriamo alle unità vintage: la loro particolarità risiede proprio nel modo in cui l'effetto interagisce con il segnale stesso, “colorando” il timbro nel suo complesso.
Gli strumenti vintage sono spesso così apprezzati proprio per il modo con cui “contaminano” il segnale puro. Infatti abbiamo lasciato la nostra unità “Classic” il più possibile fedele alle funzioni delle unità Fender anni ’60 originali, senza il bypass switch. Per il modello “Metal” abbiamo deciso di introdurre la funzione di true bypass perché comunque ci rivolgiamo inevitabilmente al pubblico di oggi, con necessità moderne. La circuitazione true bypass rende il suono leggermente più brillante rispetto al Classic. Il boost è trasparente, è inteso solo al bilanciamento del segnale processato dal riverbero, che potrebbe risultare intaccato a livello di volume di uscita rispetto al segnale in bypass, quando l'effetto è attivo.
 
Surfer Joe: Surfin' The Waveforms

Come avete fatto ad inserire il controllo di “Decay” nel Surfybear Compact? Come agisce? Mi sembrerebbe una caratteristica rivoluzionaria su un riverbero a molla, dove in genere la durata di decay è determinata dalle caratteristiche fisiche della tank. 
Il decay funziona per lo più come un controllo di gate. È una sorta di Cut che filtra la coda del riverbero riducendola in lunghezza quando viene raggiunta una determinata soglia.
Questo comporta che ovviamente debba esserci un segnale passante per il circuito. Con un calcio il Surfybear Compact emette il caratteristico crash delle molle ma questo non accade più in presenza di un segnale passante, ovvero nel momento in cui si toccano le corde della chitarra o di altro strumento collegato in entrata.
Alcuni ritengono fondamentale la possibilità di mandare in crash il riverbero ma abbiamo dovuto rinunciare a qualcosa pur di inserire questa funzionalità.
Il controllo del decay è una nostra funzione esclusiva e originale: fu presentato come prototipo da Björn ancor prima che cominciassimo a produrre unità riverbero finite, quando ancora ci dedicavamo ai kit fai-da-te. È stata una funzione fortemente richiesta e abbiamo deciso di introdurla nel pedale Compact, che rappresenta la nostra scelta più “moderna”, per certi aspetti.
Stiamo già lavorando per affinare questo circuito variando leggermente l’escursione di azione e renderlo più sensibile.

Il “Blossom Point” riesce a emulare sorprendentemente il caratteristico timbro degli amplificatori Fender vintage “brownface”, e direi anche “Tweed narrow panel”. Su cosa è basato e come avete raggiunto questo risultato?
Il “Blossom Point” è l’evoluzione del "Brownfacer", il nostro primo modello, prodotto in 50 pezzi assemblati a mano da Björn. Il pedale nasce da una mia idea in questo caso ma è sempre il buon Björn a mettere in pratica le idee e attuarle. Io sono un assiduo utilizzatore dello Showman 6G14-A, un amplificatore che per quanto mi riguarda rappresenta il fulcro su cui dovrebbe basarsi il "suono perfetto", la mia Mecca. Quello che c'era prima era troppo giovane e immaturo, quello che è venuto dopo ha gradatamente perso “smalto” e calore. lo Showman rappresenta la perfezione e il vero gioiello che Leo Fender abbia mai costruito, a mio parere ovviamente. Essendo costantemente in tour mi è capitato spesso di utilizzare amplificatori di backline "freddi". Penso per esempio al Roland Jazz Chorus 120, ampli favoloso ma freddino, ma anche ad altri modelli. Dunque mi sono chiesto come avrei potuto fare a portarmi in giro il suono dello Showman e ottenere un risultato decente e accettabile collegandomi a qualsiasi cosa fosse disponibile sul posto. Non siamo certo i primi a fare un pedale “di carattere” ispirato agli amplificatori Brownface, ma abbiamo preso il concetto costruttivo dal principio di Dick Dale del cosiddetto "Blossom Point", ovvero l'ampli dà il meglio di sé quando si raggiunge l'apice della compressione valvolare prima della distorsione. È proprio al raggiungimento del “blossom point” (letteralmente “punto di fioritura” n.d.r.) che tutto cambia e diventa magico, specialmente se si usa un riverbero a molla di tipo Fender: il sustain si allunga, il sound diventa aggressivo e pieno, si ottiene "quel" suono specifico che ha bisogno di spazio, volume, energia, coni JBL e quanto altro. Ma la caratteristica peculiare degli ampli Brownface era il controllo della "presenza": era regolabile di fino con manopola di “Presence” anziché essere ridotto a uno switch tra “Normal” e “Bright”, come accade negli ampli degli anni successivi. Abbiamo pensato che proprio quel controllo dovesse essere il centro funzionale del pedale. Dentro c’è quello che è necessario per comprimere il suono e farlo diventare "fat". La prima versione del "Blossom Point”, venuta subito dopo il "Brownfacer", non aveva neanche il pulsante on/off e il boost. Si usa così come è, prima dell'ingresso nell'ampli. Chi ha acquistato queste prime versioni è ormai abituato a tenerlo lì, sempre accesso, e non può più fare a meno di usarlo, perché altrimenti il suono perde quella personalità “brownface” e torna ad essere "normale"...

Il controllo di Input del “Blossom Point” è un attenuatore che funziona in modo contro-intuitivo abbassando il livello, qualcuno direbbe “al contrario”, come mai questa scelta?
Il controllo di input è invertito perché è un attenuatore. Il primo stadio che incontriamo è il compressore e un segnale troppo alto, magari a causa di pickup troppo caldi, rischia di mandarlo in distorsione. Dunque diamo la possibilità di attenuare il volume di ingresso, eventualmente compensando con il boost in uscita.
A proposito di “Blossom Point”, aggiungerei che l’azione di compressione del preamp è fondamentale per la resa degli effetti. Per esempio, nella musica Surf l’effetto chiave non è il riverbero di per sé, ma il riverbero “compresso” dallo stadio pre dell’amplificatore. Quando arriviamo allo “sweet spot” del “blossom point”, tutto cambia e gli effetti rendono davvero al meglio.

Ci sono progetti o programmi futuri di Surfy Industries su cui puoi darmi delle anticipazioni?
Continueremo a lavorare sui prodotti che abbiamo in catalogo ma ci sono alcune variazioni che stiamo apportando e nuovi modelli "revisionati". Ancora non me la sento di anticipare altro ma presto daremo informazioni. Dico solo che stiamo sviluppando prodotti che vanno incontro alle richieste che abbiamo ricevuto negli anni. Posso però dire che abbiamo ampliato la scelta dei colori: sono oggi disponibili unità Metal anche in colore blu scuro e Compact in surf green. Inoltre il nuovo modello Metal in arrivo utilizzerà jack di tipo migliore, più simile ai tradizionali Switchcraft che già montiamo sulle unità Classic. Infatti ricordo che il modello Classic utilizza tutta componentistica Switchcraft, che è un nostro punto di forza e, per mia scelta, una vera spia di accensione jewel!

Surfer Joe: Surfin' The Waveforms

L’impegno con Surfy Industries comunque non rallenta i progetti musicali. Infatti Joe ha in cantiere una nuova uscita discografica prevista per questo settembre. Facciamo dunque i nostri auguri a Surfer Joe per tutti i suoi progetti, sia in campo strettamente musicale sia negli altri ambiti del “music biz” in cui è impegnato.
effetti singoli per chitarra interviste surfybear
Mostra commenti     5
Altro da leggere
Serie 4-in-1: classici mai sentiti da Keeley
Pedaliere digitali con pedali analogici: perché no?!
Octave Clang V2: fuzz e ottave per distruzione sonora
Overdrive, preamplificatore, filtro folle: Chase Bliss Condor diventa HiFi
Valvenergy: i pedali valvolari Vox crescono per il 2024
Phil X e l’accordatura “Bouzouki” che stravolge il tuo sound
Articoli più letti
Seguici anche su:
Scrivono i lettori
Charvel Pro-Mod DK24 HSH 2PT CM Mahogany Natural
Pedaliere digitali con pedali analogici: perché no?!
Sonicake Matribox: non solo un giochino per chi inizia
Ambrosi-Amps: storia di un super-solid-state mai nato
Il sarcofago maledetto (e valvolare) di Dave Jones
Neural DSP Quad Cortex: troppo per quello che faccio?
Massa, sustain, tono e altri animali fantastici
Ho rifatto la Harley (Benton ST-57DG)
Il suono senza fama: per chi?
Rig senza ampli per gli amanti dell'analogico




Licenza Creative Commons - Privacy - Accordo.it Srl - P.IVA 04265970964