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Roberto Menabò: The Mountain Sessions Blues & Guitar Excursions
Roberto Menabò: The Mountain Sessions Blues & Guitar Excursions
di [user #4093] - pubblicato il

Il disco che sto per recensire è una perla di rara bellezza. Voglio scriverlo subito perché voglio che questo concetto sia chiaro fin dall'inizio.
Roberto Menabò è un “signore” della chitarra. Piemontese di nascita (Ivrea per la precisione, tra l'altro la città dove vivo ormai da quasi 13 anni), trasferitosi sull'Appennino Bolognese ormai da tempo. È veramente incredibile come i “sapori” e le atmosfere di questi due posti trasudino dalla sua musica. Si sente il freddo pungente delle montagne attorno alla cittadina piemontese, insieme al calore genuino delle alture dell'Emilia Romagna.
Roberto non è assolutamente un novellino: presente da oltre trent'anni sulla scena musicale che attraversa il folk, il blues e il country più tradizionale, registrando dischi, esibendosi su palchi prestigiosi ma anche tenendo vivo l'interesse per la chitarra acustica, rigorosamente fingerstyle, con seminari e workshop dedicati.
Oltre a essere un personaggio con dei polpastrelli molto attivi, può vantare una penna instancabile. Roberto ha infatti scritto diversi articoli e saggi musicali, oltre a quattro libri veramente interessanti: uno su John Fahey, un altro che raccoglie aneddoti ed episodi di alcuni personaggi del country-blues, un altro ancora sulle donne del blues e un ultimo libro dedicato al lato “bianco” della musica blues.
Con queste premesse capirete che ogni nota su questo disco è stata incisa dopo un attento esame (magari inconscio, forse misurato, non lo voglio sapere) ed è stata pesata con la competenza di chi sa il fatto suo.

Roberto Menabò: The Mountain Sessions Blues & Guitar Excursions

Il disco scorre liscio, di quelli che vorresti non finissero mai. 14 tracce, 7 scritte da Roberto, mentre le altre 7 rendono tributo ad alcuni dei suoi eroi anticonvenzionali. L'idea, a detta di Roberto, è quella di omaggiare quelle registrazioni improvvisate nelle camere d'albergo (hey c'è odore di Robert Johnson in questo...) o nei “backyard” sperduti nella campagna americana, di artisti sconosciuti ma incredibilmente genuini. Ma non è un processo di imitazione, perché Roberto è veramente autentico. L'artwork del disco, che lo ritrae in abiti da “uomo comune” su di una sedia, con alle spalle un paesaggio vero, oppure seduto sulla sua poltrona preferita nel suo salotto mentre accarezza il suo cane e tiene un bicchiere di vino rosso, sottolinea lo spirito di questo personaggio: colto all'inverosimile, ma schivo dalle logiche che impongono un certo stile “artefatto”.

Tecnicamente il disco è suonato in maniera impeccabile, questo maestro della chitarra acustica accarezza le sue Martin HD28 del 1980 (usata coi picks) e 0001 del 1996, suonata con i polpastrelli a nudo, come fossero due gatti sornioni. Linee di basso alternato, oppure ossessive e martellanti, ma sempre precise come un orologio. Cantini scintillanti al servizio di melodie semplici ma sempre efficaci. Alcune volte Roberto scivola sulle corde con uno slide che rispecchia la filosofia primordiale di questo artefizio, ossia imitare la voce. Suona in accordatura standard, ma anche in open tuning, destreggiandosi tra le varie figure che ogni accordatura impone. È molto interessante l'uso di una particolare accordatura, ossia la open C, la principessa della “primitive guitar” (mi riprometto di scrivere in futuro, magari con l'aiuto di questo artista, riguardo questo aspetto della chitarra).

Il disco è anche registrato in maniera impeccabile. Un paio di microfoni, il tecnico che dice “rolling”, il musicista che suona. Si sente l'aria che vibra tutto intorno e il pathos dell'esecutore, io l'ho ascoltato nella calma notturna del mio salotto e, chiudendo gli occhi, mi è sembrato di averlo con me per un house concert esclusivo. Pochissime overdub, solo dove necessarie, il resto è chitarra, voce e amore per la musica.

Roberto Menabò: The Mountain Sessions Blues & Guitar Excursions

Lo spettro delle influenze presenti sul disco è veramente vario. Ci sono i riferimenti al blues degli esordi, ma anche echi di un Doc Watson più romantico, così come un evidente (almeno per me) tributo al sommo Leon Redbone, la nottambula versione di  “Shake that thing” ne è la prova, con una sorta di assolo “mormorato” al microfono.
Le tracce scritte da questo musicista sono evocative: la mia preferita rimane “Il ponte romano sulla Dora”, dove la chitarra imita l'incedere nervoso del fiume sotto un ponte. Ok io vivo a pochi passi da quel punto e quindi l'impatto su di me è molto particolare, ma scommetto che non sarò il solo a sentire l'acqua fluire grintosa da questa traccia.
Se le mie parole non vi hanno convinto ad acquistare il disco provate a dare un occhio ai video che spesso Roberto pubblica sui suoi social, rimarrete incantati dalla sua spiazzante precisione e autenticità.

Il disco non è presente su Spotify quindi potete solo fidarvi di me e comprarlo. Così facendo supporterete chi la musica la produce veramente, in maniera artigianale a volte, tenendo vivo uno spirito sempre più eroico, specie se rapportato a questi “tempi moderni”.
Visitate il sito ufficiale per avere maggiori informazioni.
album roberto menabò
Link utili
Il sito di Roberto Menabò
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