di Gianni Rojatti [user #17404] - pubblicato il 12 gennaio 2022 ore 12:30
Fino a poco più di 10 anni fa, il riverbero pareva un pedale antipatico ai chitarristi.
Si usava poco e quando serviva, bastava il suono classico, della tradizione; quindi niente di meglio del tono confortevole e caldo delle molle di un vecchio amplificatore. Perché, quando si cercava dell’ambiente nel quale annacquare ritmiche, arpeggi e assolo, il riferimento era il delay: fosse quello vellutato dei tape echo alla David Gilmour o quello digitale e voluttuoso alla PASSION & WARFARE di Steve Vai, si cercava una ripetizione che offrisse volume e presenza sonora, carattere, una certa puntigliosità nella pronuncia ritmica e, il tutto, mai a discapito dell’integrità del suono originale.
Il riverbero, ad abusarne, era una garanzia per evocare gli anni’80 ma quelli brutti, di plastica e drum machine; o peggio per scimmiottare chitarrine tisiche e tristi da liscio o da musicarelli anni ’60.
Poi il rock è cambiato, lo spazio riservato alle chitarre e la maniera stessa di suonarle e fare musica si è trasformato. Le coltri impenetrabili di distorsioni dell’alternative rock, del crossover e del nu metal, fatte di muri di doppiaggi in stereo, si sono dipanate, favorendo arrangiamenti più ariosi, essenziali, a volte eterei. E le chitarre tornavano ad avere aria, spazio per code, vapore, strascichi. Code che, a questo punto, potevano essere come quelle del velo di un abito da sposa: più lunghe, suntuose e – perché no – fantasiose sarebbero state, più avrebbero colpito e deliziato. Non solo, i riverberi da allora possono concedersi e sbizzarrirsi con distorsioni, modulazioni e shimmer perché i giorni da relegati in pedaliera, alla fine della catena per rendere la chitarra “meno secca”, sono finiti: ora, addirittura, in tanti usano il riverbero prima della distorsione, del tremolo, delle modulazioni per favorire singhiozzi e propagazioni sonore anomale e selvagge, sperimentazioni e stranezze soniche.
E inoltre, le esagerazioni coi riverberi enfatizzano la drammaticità di sonorità lo-fi, ricercatissime anche nel pop da classifica. Ma la fortuna del riverbero arriva anche grazie ai social che oramai sono il palco più ambito e autorevole su cui giovani e nuovi musicisti si impongono, confrontano e fanno conoscere: gran parte delle musica per chitarra fatta, suonata e composta sui social (e per i social) vive di esecuzioni di chitarra sola; esecuzioni solitarie di arpeggi, assolo, accordi, (spesso con suono pulito e con supporti ritmici ridotti a meno che l’essenziale) offrono ogni spazio possibile per gli spargimenti sonori del riverbero e per le sue code più bizzarre e fantastiche.
Ed ecco una manciata di pezzi da ascoltare per entrare nelle suggestioni sonore delle nuove applicazioni del riverbero:
London Grammar "Strong", Foo Fighters "Chasing birds", Unprocessed "Rain", Fresno e Mateus Asato "INVO15: DIGA, part "
Queste riflessioni sull'utilizzo e l'estetica rinnovata del riverbero, sono state accese dalla segnalazione recentemente pubblicata del nuovo riverbero Slötvå di Walrus. Pedale che, nonostante l'eccentricità delle soluzioni, è tra i più venduti nel catalogo del brand.