"…sembrava vi fosse dietro le pupille un enorme pozzo, pieno di secoli di ricordi e di lunghe, lente, costanti meditazioni; ma in superficie sfavillava il presente, come sole scintillante sulle foglie esterne di un immenso albero, o sulle creste delle onde di un immenso lago." J.R.R. Tolkien, Le due torri
Un saggio albero parlante, pieno di rughe, foriero di storie e aneddoti. Una creatura mitologica, riverita da tutti, musicisti e non, addetti i lavori e semplici appassionati. Album su album, infiniti concerti, un’icona in grado di superare qualunque confine... come il border - appunto - che dà il titolo al suo penultimo lavoro. Penultimo perché, a distanza di una manciata di mesi appena, il novantunenne texano - che pare non avere alcuna voglia di abbandonare la nomina di decano della musica country - sta per dare alle stampe Last Leaf on the Tree, un disco di cover che spaziano da Tom Waits a Beck, da Keith Richards a Neil Young.
La figura di Willie Nelson, però, al di là del personaggio in sé, brilla anche per lo strumento con cui - da 55 anni - si accompagna: un oggetto entrato di diritto nell’immaginario collettivo e denominato Trigger. È il 1969 e l’artista di Abbott, Texas, si trova costretto ad acquistare una nuova chitarra (la precedente Baldwin acustica gli era stata distrutta dall’incauto pestone di un ubriaco!). Si reca dunque a Nashville - non una città qualsiasi - e compra per 750 dollari quella che oggi, oltre ad essergli così legata, è anche un tutt’uno con la sua aura arcaica. Una Martin N-20 con corde in nylon, di ispirazione spagnola: la leggendaria sei corde che - tra studio di registrazione, viaggi e concerti - somiglia attualmente più a un pezzo da museo con tanto di firme, scritte, segni profondi, lacerazioni, scrostature, ecc. Una chitarra che Nelson ha salvato addirittura dalle fiamme che stavano bruciando la sua casa, una chitarra che - una volta vista - risulta difficile, se non impossibile da dimenticare.
"Roy Rogers aveva un cavallo chiamato Trigger, e mi è venuto in mente che lei era il mio cavallo." Willie Nelson
All’epoca dell’acquisto, Nelson era alla ricerca di un ferro del mestiere che potesse avere un grande suono, una potenza paragonabile a quella sprigionata da Django Reinhardt (sua nota fonte di ispirazione). La Martin N-20 si rivelò essere la scelta ideale. Altro dato interessante è che - alla pari di un autentico reperto fossile - ogni anno Trigger è sottoposta ad almeno due check up e il liutaio incaricato di tale delicatissima operazione è Mark Erlewine, come si può carpire dal video sottostante:
Ancora una curiosità, che rende bene l’idea in merito al binomio uomo-chitarra: pare che, se un membro della band dovesse essere indisposto o malato, saltando lo show, la cosa non crei alcun tipo di disagio. Diverso è il caso in cui a mancare fosse Trigger! A quel punto, mai e poi mai Willie Nelson potrebbe andare in scena! Come dargli torto, d’altronde? La sua Martin è forse la chitarra che più di tutte è stata suonata in maniera incessante per anni e anni, plasmando il proprio timbro attraverso le innumerevoli cicatrici che presenta sul corpo violentato dal plettro: un accessorio che, da un lato, ne ha modificato l’estetica; dall’altro, ne ha messo in luce l’accurata manifattura per cui il marchio Martin è rinomato.
Top in abete Sitka, fondo e fasce in palissandro brasiliano, manico in mogano, ponte e tastiera in ebano: la voce di Trigger è così calda e riconoscibile anche grazie a questa pregiata combinazione di legni. La Martin, sul finire degli anni Novanta, ha prodotto una serie limitata di N-20WN Willie Nelson “Trigger” Signature, di cui solo trenta esemplari erano dotati di palissandro brasiliano come l’originale.
"Willie sta vivendo la sua vita, e Trigger assieme a lui. Con tutti gli acciacchi e i dolori del caso!" Mark Erlewine |