È quasi surreale che proprio mentre il Festival di Sanremo si svolge con tutta la sua usuale baraonda, se ne vada uno di coloro che tra le file dell'orchestra sanremese ha speso molto tempo.
La chitarra italiana perde uno dei suoi più grandi interpreti: Giorgio Cocilovo. Con una carriera straordinaria che ha attraversato decenni, Cocilovo è stato un punto di riferimento per generazioni di chitarristi, grazie alla sua capacità di muoversi tra i generi con una naturalezza fuori dal comune, ma anche grazie a quel suo modo di fare quasi dimesso, che poco lasciava intravedere della profondità emotiva e comunicativa che si sprigionava quando Cocilovo posava le mani sulla chitarra.
Giorgio Cocilovo nasce (a Milano il 26 febbraio del 1956) con la musica nel sangue. Fin da giovane, dimostra un’abilità innata nello strumento, affiancando allo studio classico una curiosità musicale che lo porta a esplorare il jazz, il rock e la fusion. La sua carriera prende il volo negli anni '70 e '80, quando diventa uno dei chitarristi più richiesti della scena italiana, collaborando con alcuni dei più importanti artisti del panorama musicale.
Un session man d’eccezione
Il nome di Cocilovo è legato a centinaia di incisioni, molte delle quali realizzate per alcuni tra i più grandi artisti italiani. Il suo tocco raffinato e la capacità di adattarsi a qualsiasi contesto musicale lo rendono un chitarrista da studio tra i più apprezzati del suo tempo. Che fosse pop, jazz o fusion, il suo stile rimane sempre riconoscibile, caratterizzato da una pulizia sonora impeccabile e una sensibilità espressiva fuori dal comune.

Nel corso della sua carriera, Giorgio Cocilovo ha collaborato con artisti del calibro di Mina, Renato Zero, Matia Bazar, Enzo Jannacci, Mia Martini, Marcella Bella, Nikka Costa, Eros Ramazzotti, Ornella Vanoni e Fabio Concato, ma anche Malika Ayane, Alessandra Amoroso e Annalisa per citarne alcuni dei più recenti.
Ha contribuito con il suo talento a dischi storici della musica italiana, mettendo la firma su album come Gaber (1984) di Giorgio Gaber, Mina Celentano del 1998, Tutti gli zeri del mondo (2000) di Renato Zero, L'importante (1985) di Jannacci, Urlo (1980) di Ivan Cattaneo, LoredandaBertE' (1980) di Loredana Bertè... Versatilità era il suo secondo nome, motivo per cui che si trattasse di rock, pop, jazz o fusion, Cocilovo sapeva calarsi sempre nella parte con lo spirito necessario al progetto. Durante tutto l'arco della sua carriera ha sempre avuto una proiezione fusion molto spiccata, emersa sin dalla fine degli anni '70 grazie ai lavori registrati al fianco di Tullio De Piscopo.
Oltre all'intensa attività come session man, Giorgio Cocilovo ha portato avanti una carriera solista che ha messo in mostra soprattutto la sua anima jazz e rock, coniugando virtuosismo e a quel gusto melodico che lo ha sempre contraddistinto anche tra i suoi pari.

L’impegno didattico
Accanto alla carriera musicale, Cocilovo si è dedicato alla didattica, condividendo il suo sapere con le nuove generazioni di chitarristi. Ha scritto metodi e manuali, ha tenuto masterclass in ogni dove ed è stato, come , uno dei pionieri del CPM. Il suo approccio metodico e la sua capacità di trasmettere il linguaggio della chitarra lo hanno reso un maestro amato e rispettato, da allievi e colleghi.
Mentre su quel palcoscenico, illuminato dai fari e da un entusiasmo che pare non avere limiti, nascono giovani stelle, una stella, altrettanto luminosa, ma che si vede appena, una di quelle che vivono nel cono d’ombra di quei fari, si era spenta. - ha scritto Mussida in un comunicato sulla sua pagina Facebook ufficiale - Stare nell’ombra è il destino dei musicisti di servizio, di tanta gente brava e saggia che non smette mai di studiare e di sperimentare. Che suona e insegna umilmente ai ragazzi a suonare, li aiuta a scoprire e sperimentare il bello di una missione, più che di un mestiere, quello di emozionare la gente attraverso la magia della Musica.
Un’eredità indelebile
Con la scomparsa di Giorgio Cocilovo, il mondo della chitarra italiana perde una figura di riferimento. Rimane la consolazione data dal fatto che il suo stile, la sua musicalità e la sua dedizione alla causa chitarristica continueranno a ispirare musicisti di ogni livello, consapevoli o meno di ascoltare quel playing così raffinato che gli ha permesso di costruire una carriera rimasta sempre di altissimo profilo. La sua eredità vive nelle registrazioni e nei tantissimi musicisti che ha formato e influenzato.
Con queste righe, non aggiungiamo nulla a quello che è già estremamente chiaro: con Giorgio Cocilovo se ne va una parte importante del mondo chitarristico italiano per come lo si conosce oggi. Il nostro Festival finisce qui. |