Nel pieno degli anni bui per Fender, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, la reputazione del marchio calava rapidamente sotto il peso di scelte discutibili e qualità costruttiva altalenante. Questo articolo ripercorre quella fase critica, culminata con l’arrivo della serie "Vintage Reissue" e l’intervento risolutivo di Dan Smith. Si tratta di una riflessione partita dall’annuncio di vendita di una Stratocaster del 1983, che permette di sollevare più di un interrogativo sul reale valore della parola “vintage”.
Fullerton, fine anni ’70: la crisi Fender
Facciamo un passo indietro. A fine anni '70 a Fullerton l'aria era pesante. Le chitarre Fender non si vendevano più, sommerse dalle critiche dei musicisti: "pesanti", "imprecise", "suonano fredde", "hanno colori tristi", "...il Micro-tilt traballa" erano le critiche più frequenti. Chi ci capiva preferiva le copie costruite da piccoli produttori (come a Van Nuys, CA) o assemblate dai negozi più in voga (come Rudy a New York). Oppure raccoglieva le chitarre costruite prima del 1965, anno della vendita a CBS che nel giro di quindici anni avrebbe distrutto la credibilità del brand Fender.

Tentativi e fallimenti
I primi tentativi di arrestare il declino a fine anni Settanta non sortivano grandi risultati. La serie "" nata a fine 1979 (le stesse chitarre rosse e gialle anziché marrone) rimase in produzione un anno. La Anniversary sancì la fine del Micro-tilt, ma si fece disprezzare per la verniciatura che cadeva a pezzi. E se da un lato la The Strat del 1981 dimostrò la voglia di tornare a stilemi più classici (paletta piccola, colori metallizzati), dall'altro svelò l'incompetenza dei suoi progettisti (forma della paletta sbagliata, circuito inutilmente complicato, pesi fuori scala, miscugli di hardware cromato e dorato, eccetera).

Il cambiamento con Dan Smith
Questa storia di tentativi si chiude nel 1981 con l'arrivo di , vero uomo della Provvidenza, che nel momento del quasi-fallimento gettò con la serie "Vintage Reissue" il seme della rinascita. La storia del 1982 a Fullerton è stata raccontata più volte su queste pagine, c'è tanto da rileggere anche sul libro "" edito da Accordo. Qui basti dire che con quelle chitarre e quei bassi Fender (ma anche con la serie Standard) gridò al mondo di aver essere tornata sulla strada della qualità. Solo tre anni dopo, nel 1985, la cordata guidata da Bill Schulz rilevò il brand, con l'obiettivo (poi raggiunto) di riportare Fender in cima all'Olimpo. La strada era segnata ed era quella giusta. ma - come vedremo - era lunga e piena di ostacoli.

Una Stratocaster "Vintage Reissue '62" del 1983 in vendita
Questa lunga premessa, come detto, è stata innescata dall'annuncio di cui si dice sopra: una Fender Stratocaster "Vintage Reissue '62" del 1983 (, ovviamente fino a che resta attivo) inizialmente proposta all'equivalente di € 5.7896, successivamente ribassati a € 3.572 a fronte a prezzi inferiori a € 2.000 per le American Vintage Reissue recenti.

Testimonianze raccolte nel 1983
Chi scrive ha avuto una lunga frequentazione delle chitarre Fender di quegli anni e ne ha anche discusso con due dei personaggi di punta della fabbrica in Valencia Drive: Dan Smith e Freddie Tavares. Davanti a burritos, chimichanga e frozen margarita, i due pilastri di casa Fender non si risparmiarono critiche alla produzione dell'azienda. Era l'estate 1983 e in un ristorante messicano a Fullerton raccolsi tra l'altro le considerazioni che seguono:
«Per costruire i prototipi delle Vintage Reissue abbiamo dovuto chiedere ai giapponesi, perché nessuno qui aveva idea di come farle.»
«Le Stratocaster Standard che stiamo costruendo sono fatte con i residui di magazzino accumulati in oltre dieci anni. Ci sono legni di tutte le densità. In genere la qualità è bassa.»
«Il circuito della The Strat è la cosa più inutile della nostra storia, se vuoi cambiare il tuo suono ci sono là fuori decine di effetti molto più efficaci.»
«La qualità dei nostri strumenti oggi è ai livelli minimi. Solo il 15% delle chitarre che escono dalla produzione supera i test di qualità.»
«Le nuove Vintage Reissue non sono vere repliche delle chitarre della Golden Era, diciamo che sono ispirate. Anche perché non saremmo in grado di riprodurre vere repliche decenti.»
«I pickup della serie Vintage non sono granché: deboli, suonano poco, certo non catturano il carattere delle migliori Fender pre-CBS. Dobbiamo lavorarci ancora parecchio.»
«La costanza produttiva è bassa, corpi e manici sono sgrossati a mano, non ne trovi due uguali. Certi vengono bene, certi altri meno.»
Rinascita e consapevolezza
Sono autocritiche sincere e preziose, sulla base delle quali Dan Smith riuscì a far ritrovare a Fender la qualità perduta. Basti dire, a conferma, che solo quattro anni dopo questa chiacchierata arrivarono John Page e Michael Stevens, per mettere in piedi quel Fender Custom Shop destinato a produrre alcuni tra i più straordinari strumenti nella storia dell'azienda.
Ecco. Nel 1983 una Stratocaster Vintage Reissue come quella dell'annuncio costavano circa mille dollari, mentre una Stratocaster "pre-CBS maple neck" fatta poco meno di trent'anni prima ne costava circa duemila (bei tempi...), ma era infinitamente migliore.
Vintage o semplicemente vecchia?
A questo punto una domanda: davvero qualcuno comprerà questa Stratocaster Vintage Reissue del 1983 pagando il doppio di una analoga, ma fatta l'anno scorso, che è di gran lunga migliore per precisione costruttiva, verniciatura, pickup e setup? Solo perché la prima è stata costruita nella fabbrica (fatiscente, vista coi miei occhi) di Fullerton anziché in quella (modernissima ed efficiente) di Corona? Ovvero: quando una chitarra mediocre (checché ne dica il venditore, "sounds awesome" proprio no) diventa "vintage" solo perché è vecchia e ne hanno fatte poche forse qualcosa ci sta sfuggendo di mano.
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