Per celebrare il suo 50° anniversario, Austin City Limits ha messo in scena uno speciale televisivo di due ore che è un vero inno alla musica dal vivo. Registrato il 21 novembre 2024 lo speciale è andato in onda ufficialmente il 4 aprile scorso.

Lo storico programma della PBS ha riunito sul palco alcuni dei nomi più amati e rappresentativi della scena americana contemporanea, da Chris Stapleton a Billy Strings, passando per Leon Bridges, Indigo Girls e Ángela Aguilar. Tra i momenti più intensi, il tributo di Gary Clark Jr. a Stevie Ray Vaughan, accompagnato da Eve Monsees, con due classici infuocati eseguiti con il cuore e con due Stratocaster, come avrebbe voluto SRV. Lo speciale non è solo una festa, ma un ponte tra passato e presente, la conferma che Austin City Limits continua a essere, dopo mezzo secolo, il santuario della musica suonata dal vivo, sincera e senza artifici.
Gary Clark Jr. ha reso omaggio a uno dei suoi eroi d’infanzia, Stevie Ray Vaughan, al fianco della cantante e chitarrista Eve Monsees, con due classici intramontabili come Pride and Joy e Dirty Pool.
“Rinunciavo ad uscire il sabato sera pur di stare davanti alla TV con la chitarra in mano a guardare Austin City Limits. Quello era il mio modo di imparare. Questo show mi ha dato uno scopo, mi ha dato speranza”, ha raccontato Clark Jr
L’ultima volta che Gary Clark Jr. si è esibito con Pride and Joy è stata nel 1998, durante il talent show della sua scuola media ad Austin, salendo sul palco proprio insieme all’amica d’infanzia Eve Monsees. Non è un mistero quanto l’eredità musicale di Stevie Ray Vaughan abbia segnato il percorso artistico di Gary Clark Jr. "Attraverso Stevie ho scoperto Jimmie Vaughan e altri chitarristi di Austin - ha detto in un’intervista a Guitar World del 2012 - come Denny Freeman e Derek O’Brien. Quando Clifford Antone portava gente come Hubert Sumlin e Buddy Guy nel suo club, io c’ero. Mi bevevo tutto. Quella è stata la mia base.”
Per chi volesse rivedere lo show completo dall'Italia, può farlo , dove la puntata celebrativa è stata pubblicata integralmente (così come avviene regolarmente per tutti gli episodi dello show).
Le origini: un’idea semplice, una rivoluzione silenziosa
C’è un luogo, incastonato nel cuore del Texas, dove la musica non è solo intrattenimento, ma un rito. Un tempio laico in cui ogni nota suonata dal vivo diventa testimonianza, ogni performance una reliquia. Questo luogo si chiama , e la sua storia è quella di una lunga e fedelissima devozione alla causa delle musica americana.
La leggenda comincia nel 1974, quando un produttore visionario della PBS, Bill Arhos, ha un’idea semplice ma rivoluzionaria: creare uno show televisivo che catturasse il suono crudo, autentico e senza compromessi della scena musicale texana. Nessun playback, nessuna patina commerciale: solo artisti, strumenti e un pubblico pronto ad ascoltare.
Il primo episodio va in onda nel 1975 e ha come protagonista , che da allora è il patrono spirituale del programma.
Dal country ribelle a ogni sfumatura sonora
All’inizio, Austin City Limits è un omaggio all'outlaw country, quella corrente che rifiutava le lusinghe patinate di Nashville per tornare a una musica più ruvida, più vera, più stradaiola. Ben presto - però - lo show allarga i suoi confini: blues, rock, folk, soul, jazz, persino elettronica e world music. Chiunque ha una voce sincera e qualcosa di profondo da dire con la propria musica, può trovare casa su quel palco.
Lo Studio 6A: magia in un salotto texano
La sua sede originaria, lo Studio 6A dell’Università del Texas, è un ambiente spartano, ma impregnato di magia. Le luci soffuse, lo skyline di Austin dipinto sul fondale, il pubblico raccolto a pochi metri dagli artisti: tutto contribuisce a creare un’atmosfera intima e sospesa, quasi mistica. Ogni concerto diventa un evento irripetibile. È come entrare nel salotto privato dell’America musicale per ascoltare artisti del calibro di Johnny Cash, B.B. King, Bonnie Raitt, Tom Waits, Lucinda Williams o i Radiohead senza barriere, senza distanze.
Il Moody Theater e la continuità dell’anima
Nel 2011, lo show cambia sede, trasferendosi nel moderno Moody Theater, un’arena da 2.700 posti costruita appositamente per lui, ma l’anima del programma rimane intatta. Ancora oggi, dopo cinquant’anni, rappresenta il punto d’incontro tra passato e presente, tra radici e sperimentazione. È il luogo dove le giovani promesse possono suonare sulle stesse tavole calpestate da miti della musica, e dove i veterani tornano a riscoprire il piacere di suonare senza filtri.
Un’eredità scolpita nella storia della musica
Nel 2003, Austin City Limits diviene il primo programma televisivo a entrare nella Rock and Roll Hall of Fame, un riconoscimento che non sorprende, perché ACL – come lo chiamano affettuosamente gli appassionati – non è soltanto uno show ma un archivio vivente della musica americana, un altare della performance dal vivo, un diario aperto in cui ogni pagina è scritta con corde, plettri, sudore e poesia. In un’epoca dominata dagli algoritmi, Austin City Limits continua a ricordare che la musica, quella più diretta, ha bisogno "solo" di tre cose: un musicista, uno strumento e un pubblico disposto ad ascoltare.
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