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Cinque consigli concreti per affrontare il palco con un suono chiaro, efficace e consapevole
Cinque consigli concreti per affrontare il palco con un suono chiaro, efficace e consapevole
di [user #65794] - pubblicato il

Affrontare un live con un buon suono richiede attenzione, consapevolezza e preparazione. In questo articolo, cinque consigli pratici aiutano a gestire al meglio il suono della chitarra elettrica in contesto bandistico. Dalla regolazione del gain all’uso del noise gate, per suonare con maggiore equilibrio ed efficacia.
Entrare in sala prove con un bel suono e trovarsi poi spaesati una volta saliti sul palco è un’esperienza comune a moltissimi chitarristi. La distanza tra le buone intenzioni e la resa reale è spesso più ampia di quanto si immagini, e non sempre dipende dalla qualità della strumentazione. Spesso, il problema è legato alla mancanza di consapevolezza: del contesto, del ruolo in band, dell’equilibrio tra i suoni.

In questo articolo vengono presentati cinque consigli fondamentali per affrontare il palco in maniera più sicura e preparata, con particolare attenzione al suono della chitarra elettrica. Non si tratta di formule astratte, ma di indicazioni pratiche derivate da esperienze comuni: live andati storti, settaggi sbagliati, band che faticano a far emergere le parti, pubblico che “non capisce cosa succede”. Situazioni che tutti i musicisti, prima o poi, si trovano ad affrontare.

Cinque consigli concreti per affrontare il palco con un suono chiaro, efficace e consapevole

Questi argomenti, e i consigli che ne derivano, fanno parte di un contesto più ampio, e più analogico, ovvero un evento organizzato da ShapeYourTone in collaborazione con Frenexport e NUX. Il brand e il distributore italiano hanno fornito tutto il materiale utilizzato nella parte applicativa dell'evento: effetti delle serie Core Deluxe MKIIReissue e Mini Core, ma anche pedalboard e alimentatori.

Quella di ShapeYourTone è un'iniziativa rivolta a tutti, ma in particolare alle scuole, e pertanto qualsiasi scuola volesse organizzare un evento simile può farlo direttamente a management@shapeyourtone.com

1. Due chitarristi? Due suoni.
Quando in una band sono presenti due chitarristi, il rischio maggiore è la sovrapposizione. Due timbri simili, anche se ben regolati, tendono a fondersi in un’unica massa sonora indistinta. Il risultato è un mix impastato in cui le parti individuali si perdono, a discapito della leggibilità complessiva.
Per evitarlo, è fondamentale costruire due suoni complementari. Il consiglio è di ragionare in termini di frequenze: se un chitarrista lavora con un suono ricco di alte e poco carico sulle basse, l’altro dovrebbe muoversi nella direzione opposta, enfatizzando medie e basse. L’obiettivo è coprire l’intero spettro senza calpestare lo stesso terreno sonoro.

Diversificare le timbriche non significa semplicemente scegliere pedali o amplificatori diversi. Vuol dire ragionare sul ruolo di ciascuno nella band: ritmica e solista, accompagnamento e melodia, riff e ambienti. Anche l’equalizzazione deve essere mirata, calibrata in funzione del timbro dell’altro chitarrista.
E nel caso si sia l’unico chitarrista del gruppo? In quel caso il compito cambia, ma non si semplifica: si tratta di costruire un suono capace di coesistere con basso, batteria, tastiere, voci. Lavorare in sottrazione può essere la chiave: tagliare frequenze superflue (sotto i 90-100 Hz e oltre gli 11-13 kHz, ad esempio) aiuta a trovare uno spazio nel mix senza invadere quello altrui.

2. Il silenzio è suono: muting e noise gate
Un altro aspetto cruciale riguarda la gestione del silenzio. Non basta saper suonare bene: è necessario saper fermare le corde quando non devono suonare. E soprattutto, è essenziale imparare a controllare il rumore di fondo che inevitabilmente si presenta quando si usano distorsioni spinte e si suona a volumi importanti.
Una buona tecnica di muting è indispensabile: palmo della mano destra, dita della sinistra, attenzione costante a ogni movimento della chitarra. Ma a supporto di questa tecnica c’è uno strumento prezioso, spesso sottovalutato: il noise gate.

Il noise gate funziona come una soglia di apertura del suono. Va regolato con attenzione: se impostato male, rischia di tagliare il sustain delle note o di rendere il suono innaturale. Le chitarre con pickup single coil, ad esempio, generano un rumore di fondo maggiore rispetto a quelle con humbucker, e ciò influisce direttamente sul settaggio del gate.
L’obiettivo è ottenere un funzionamento “on-off”, in cui il noise gate sia attivo solo nei momenti di pausa, lasciando piena espressività al suono durante l’esecuzione. Il parametro di rilascio (release) va impostato su valori rapidi, così da evitare che il gate si comporti come una coda artificiale che spegne il suono gradualmente.

Cinque consigli concreti per affrontare il palco con un suono chiaro, efficace e consapevole

3. L’amplificatore comanda: conoscerlo e saperlo gestire
È facile lasciarsi affascinare da una pedaliera piena di effetti, ma è bene ricordare che il vero cuore del suono di un chitarrista è l’amplificatore. Non importa quanto sia raffinata la catena di effetti: se l’amplificatore non valorizza quel suono, il risultato sarà comunque limitato.
Molti chitarristi si rendono conto di questo solo nel momento in cui portano in sala prove un setup costruito a casa. Cambiando contesto, cambia l’ampli, e con lui cambiano dinamiche, frequenze, risposta. Tutto ciò che sembrava “giusto” nel proprio studio domestico, improvvisamente non funziona più.

Conoscere il proprio amplificatore – oppure quello che si troverà sul palco – è fondamentale. Saperlo regolare, capirne il comportamento con diversi pedali, sfruttarne punti di forza e limiti, è parte integrante del lavoro del musicista. L’amplificatore è il filtro finale di ogni suono che esce dallo strumento, ed è su quello che bisogna sintonizzare le proprie scelte timbriche.
Quando si è all’inizio e si ha la possibilità di scegliere tra acquistare un nuovo pedale o un nuovo ampli, la scelta dovrebbe ricadere sul secondo. È più determinante nella costruzione del suono, e rappresenta l’investimento più strategico per chi vuole affrontare il palco con sicurezza.

In questo video esclusivo realizzato per Accordo.it, Ale di ShapeYourTone va un po' più a fondo nella questione e inizia ad introdurre l'importante equazione da risolvere per gestire al meglio il gain della catena del segnale.

 

4. Ridurre il gain per guadagnare in precisione
Una delle convinzioni più diffuse tra i chitarristi riguarda il gain: si tende a pensare che un suono potente debba essere fortemente saturo. In realtà, la saturazione eccessiva compromette la chiarezza, rende il suono impastato e nasconde le sfumature del tocco.
Questo è particolarmente evidente dal vivo, quando ogni suono deve trovare il suo posto all’interno di un mix complesso. In studio, la differenza è ancora più netta: più gain si utilizza, più difficile sarà distinguere le singole note.

Una strategia efficace consiste nell’utilizzare il gain dell’amplificatore o di un pedale di distorsione in modo moderato, e aggiungere un overdrive impostato come boost. Con drive a zero, level al massimo e tono regolato a piacere, il pedale lavora come spinta armonica, senza aggiungere distorsione vera e propria. Il risultato è un suono più definito, più preciso e più leggibile anche in contesti complessi.
Ridurre il gain, quindi, non significa perdere impatto, ma guadagnare controllo. E in molti casi, proprio un suono più sobrio può risultare più potente, perché arriva al pubblico in modo più chiaro.

Cinque consigli concreti per affrontare il palco con un suono chiaro, efficace e consapevole

5. Confronto e condivisione: la vera palestra è il palco (ma anche le clinic aiutano)
Infine, un consiglio che non riguarda direttamente lo strumento, ma l’attitudine: uscire dalla propria comfort zone e confrontarsi con altri musicisti. Suonare da soli in casa è utile, ma la vera crescita avviene quando ci si misura con il contesto reale, quando si ascolta il suono degli altri e si capisce come il proprio si inserisce nel tutto.

Partecipare a eventi, clinic, laboratori è un ottimo modo per affinare il proprio orecchio e il proprio approccio. È in queste occasioni che si ha l’opportunità di provare nuove soluzioni, di osservare da vicino come altri musicisti affrontano le stesse problematiche, di ricevere feedback e correggere abitudini poco efficaci.
Il confronto genera consapevolezza, e la consapevolezza è il primo passo verso il controllo. Un controllo che, sul palco, si traduce in sicurezza, capacità di adattarsi, lucidità nel prendere decisioni al volo.



Conclusioni
Affrontare il palco in maniera sicura non significa solo suonare bene. Significa sapere dove si sta, con chi si suona, come far sì che il proprio suono funzioni nel contesto. Significa anche imparare a riconoscere gli errori e correggerli prima che diventino abitudini.

I cinque consigli presentati in questo articolo non sono regole rigide, ma indicazioni pratiche per affrontare con più lucidità l’esperienza del live. Il suono è un processo in divenire, e ogni palco è un’occasione per imparare qualcosa di nuovo. L’importante è arrivarci preparati: con l’orecchio aperto, la mente elastica e il rigore necessario a far funzionare davvero quello che si sta suonando.
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