Eric Clapton ha suonato a Milano il 27 e 28 Maggio.
Ero presente all’Unipol Forum il giorno 28. Quasi 30 gradi, ed Eric, vestito in completo flanella giacca e pantaloni blu non ha buttato una goccia di sudore. Uno dei vantaggi di essere Dio.
Al suo fianco, una band di angeli custodi con Nathan East al basso, Doyle Bramhall alla chitarra, Tim Carmonn all’hammond, Chris Stainton al piano, Sharon White e Katie Kissoon le coriste, Sonny Emory alla batteria.
La musica parte alle 21 in punto, e subito quello che mi arriva alle orecchie è il suono ruvido e vivo delle chitarre. Il suono del rock blues che resiste imperituro agli anni. Quello per cui qualche migliaio di persone si sono ritrovate in quel palazzetto. Per assistere all’esibizione di una leggenda, che ha detto sette parole in inglese e una in italiano, e per il resto ha fatto parlare la sua musica.
Senza citare puntigliosamente la scaletta vado a memoria tra i brani eseguiti. Qualche classico dei Cream, tra cui Badge, in assoluto il mio preferito, I’m Your Hoochie Coochie Man, Old Love, Cocaine sul finale, e Before You accuse me eseguita come unico bis.
Nel mezzo una parentesi acustica, con Nathan East al contrabbasso che si è cimentato anche come lead vocal in Can’t find my way home. Tears in heaven dedicata a Lory.
Della chitarra con i colori della Palestina si sarà già letto in ogni dove. Cosi come dei “solo” di Carmonn e di Bramhall… che belin non lo sapevo suona con le corde al contrario.
A proposito… avrei dato un dito del piede per veder sul palco Phil Palmer e Steve Gadd, ma posso comunque morire contento.
Clapton me lo ero perso l’anno scorso, e questa volta non potevo mancare.
Cento minuti di musica che mi hanno fatto scendere qualche lacrima, fatto cantare e sorridere.
Alle 22.45 si riaccendono le luci e si torna a casa. Il giorno dopo si va all’Outlet di Serravalle, ci si compra il completo di flanella blu, si imbraccia la chitarra, e a quasi cinquant’anni si fa finta di essere Dio per qualche minuto. |