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Live Nation, TicketOne e il segreto di Pulcinella dei finti sold out
Live Nation, TicketOne e il segreto di Pulcinella dei finti sold out
di [user #65794] - pubblicato il

Benvenuti nel fantastico mondo dei concerti italiani, dove tutto è sold out, ma le tribune sono vuote. Dove si canta davanti a migliaia di posti vuoti, ma si grida al miracolo mediatico. Un'inchiesta semiseria e documentata sulle pratiche più surreali (e pericolose) della musica live italiana.
Il retroscena
Una volta c'erano le locandine incollate con la colla ai pali della luce, i concerti nei centri sociali, la puzza di birra acida e le file al botteghino. Oggi, invece, ci sono i sold out su Instagram, i biglietti a 10 euro nascosti nei link riservati, e gli artisti che annullano tour per “scelte artistiche” più o meno credibili. In mezzo, una filiera che fa girare quasi un miliardo di euro l'anno, ma che comincia a scricchiolare sotto il peso di aspettative gonfiate, strategie di marketing aggressive e una realtà ben diversa da quella che ci raccontano i social.

In questo scenario, il ruolo di Selvaggia Lucarelli (e molti smetteranno di leggere da qui in poi, anche se non dovrebbero) è stato determinante. Con un'inchiesta pubblicata sulla sua newsletter personale, ha fatto da apripista nel denunciare pubblicamente la pratica dei finti sold out, portando esempi concreti e sollevando una discussione che è poi rimbalzata su diverse testate nazionali. La sua ricostruzione, documentata e pungente, ha costretto promoter e addetti ai lavori ad ammettere quello che nel settore era considerato il segreto di Pulcinella.

Arrivati a questo punto, il fenomeno dei finti sold out e dei tour annullati sta diventando una vera e propria emergenza industriale, oltre che culturale. E non si tratta più solo di un fastidio per il pubblico, ma di un nodo che rischia di soffocare gli artisti, minare la fiducia nei promoter e trasformare l'intero settore live in una fiera dell'inganno.

Live Nation, TicketOne e il segreto di Pulcinella dei finti sold out

Capitolo 1: Quando il "sold out" non è un sold out
Nella criosfera dei concerti italiani il "sold out" è diventato una parola magica, ma come tutte le magie, ha bisogno di un trucco. L'inchiesta della Lucarelli ha fatto sì che i riflettori prendessero in pieno il segreto di Pulcinella. Non è niente di così assurdo, in realtà, se non l'ennesimo vaso di Pandora: biglietti venduti al ribasso  per riempire stadi semivuoti, settori offerti in blocco a banche e sponsor, vendite riservate via link nascosti, e campagne stampa basate su numeri gonfiati.

Un po' come i posti per le masterclass negli eventi di settore, letteralmente regalati il giorno stesso tramite coupon così da riempire al meglio le location. 

Nel caso di Elodie (ovvero la goccia che ha fatto traboccare il vaso per la Lucarelli) sono emersi biglietti per lo stadio Maradona di Napoli a 10 euro in settori che normalmente sarebbero costati almeno 50 euro. Stesso copione per Luchè, Gazzelle e - in barba a tutti quelli che hanno la pistola puntata contro il pop nostrano come rappresentazione del male supremo - persino per i Duran Duran. L'obiettivo? Vendere più biglietti, e salvare la faccia dell'artista e dell'agenzia.

Capitolo 2: Il meccanismo dell'apparenza
A fare rumore in questi giorni è stato Federico Zampaglione (Tiromancino), con un post diventato virale sui cosiddetti “finti sold out” dei concerti italiani. In sintesi: all’artista in questione, verosimilmente la stella del momento, viene proposto dalla grande agenzia di turno di organizzare un evento, magari in uno stadio; quando ci si accorge che i biglietti venduti non bastano, si tenta di salvare la faccia offrendo ingressi omaggio tramite sponsor, influencer e altri canali secondari. Risultato? L’immagine pubblica è salva, lo stadio sembra pieno, e il tour può essere presentato come un successo. Ma l’artista resta intrappolato nei debiti, e dovrà ripagare l’anticipo dell’agenzia suonando per cachet ridotti o addirittura gratuitamente. 

Il problema però è più ampio. Molti artisti hanno annullato o ridimensionato i loro tour a causa delle scarse prevendite, preferendo venue più piccole e calendari più brevi. A questo si aggiunge un sistema gravemente viziato per quanto riguarda i rimborsi rivolti a chi si vede annullato uno show prenotato da mesi. Infine, l'artista, per salvare la faccia, si ritrova vincolato economicamente: se vuole perseguire il riempimento dello stadio, i biglietti scontati sono a suo carico, con percentuali di guadagno sempre più basse.

Ricorda niente?
Qualcuno ha detto recoup system?

Capitolo 3: La scoperta dell'acqua calda.
Quella che sembra una dichiarazione di esasperazione definitiva, solleva un problema ma non una notizia dell'ultimo momento. Prima d'oggi molte altre menti hanno dato voce al problema, una su tutte Steve Albini, che nel 1993 avanzava la sua denuncia in The Problem With Musicpuntando il dito verso il "recoup system".
L'attenzione di Albini si concentrava sul mondo discografico, ma la questione è assolutamente traslabile su quella che oggi sta facendo parlare l'Italia con toni indignati.
 
Il recoup system è un modello di "anticipo e recupero" in cui:
  • L’artista prende un anticipo.
  • L’etichetta spende a suo nome.
  • Tutti i guadagni vanno prima all’etichetta.
  • Solo dopo il “pareggio” economico, l’artista guadagna.
  • Se il "pareggio" non arriva, l'artista paga con percentuali sulle royalties.

L’etichetta anticipa spese per studio, promozione, videoclip, tour, ecc., ma ogni centesimo dovrà essere “recuperato” dai guadagni dell’artista prima che quest’ultimo veda una singola royalty. Il problema? L’artista non ha voce in capitolo su come quei soldi vengono spesi. Se un disco costa 500.000 euro e lui/lei ne incassa 400.000, l’artista non solo non guadagna nulla, ma resta “in debito”.

Un meccanismo non così distante da ciò che sta accadendo in Italia con i concerti negli stadi: show annunciati come “sold out” ma in realtà pieni di biglietti omaggio, offerte lampo da 10 euro, sponsor che comprano lotti di ticket per poi distribuirli. Il pubblico ci crede, la stampa amplifica, ma spesso l’artista non incassa abbastanza nemmeno per coprire i costi.
In entrambi i casi l’artista è la pedina sacrificabile: nel primo, per far guadagnare l’etichetta; nel secondo, per sostenere una narrazione di grandezza utile a promoter, sponsor e social media. Due facce della stessa medaglia, sistemi costruiti per generare una percezione di successo, mentre l’artista, dietro le quinte, resta con ben poco.

Si vende un’immagine ma si paga in invisibili debiti, vincoli e frustrazione.
La musica, così, si conferma solo una scenografia, e il successo un prestito ad alto interesse.

Live Nation, TicketOne e il segreto di Pulcinella dei finti sold out

Capitolo 4: Il ruolo del duopolio
A orchestrare questa sinfonia dell'apparenza ci sono due grandi direttori, Live Nation-Ticketmaster e CTS Eventim-TicketOne, che controllano, di fatto, l'intera filiera del live nel nostro paese: organizzazione, distribuzione, comunicazione. Offrono anticipi generosi agli artisti, ma a caro prezzo, perché nel momento in cui il tour non copre i costi, entrano in gioco i finti sold out per salvare la reputazione e giustificare l'investimento.
Ecco perché anche artisti con milioni di follower e numeri da capogiro su Spotify spesso non riescono a riempire neanche un palazzetto: il pubblico social non sempre si traduce in pubblico pagante. Ma nel frattempo l'artista è già incastrato in contratti pluriennali e ha perso ogni margine di manovra.
 
Secondo i dati, l'anno 2023-2024 è stato un anno da record per il settore live, con un giro d'affari di 967 milioni di euro, in crescita del 33% rispetto all'anno precedente. Ma questi numeri sono drogati dai grandi eventi internazionali e da pochi artisti italiani capaci di macinare davvero presenze.  Nel mucchio, chi ci rimette davvero sono spesso gli artisti emergenti o in fase di consolidamento. Spinti a saltare tappe, accettano proposte di tour in venue troppo grandi, firmando contratti capestro che li legano mani e piedi ai promoter.

E se non funziona? Si annulla tutto, con la scusa delle "scelte artistiche".
Come fa uno dei tanti Rkomi di turno, riprogrammando le date nei teatri con una "narrativa più controllata."

In attesa di un cambio di rotta, si può continuare a giocare al gioco dei sold out: biglietti regalati, venue mezze vuote, e comunicati stampa trionfali che celebrano il nulla con entusiasmo da televendita. Il pubblico ormai lo sa, gli artisti cominciano a capirlo, e i promoter fanno finta di niente. 

Insomma, avere successo non è mai stato così conveniente (per gli altri).

Live Nation, TicketOne e il segreto di Pulcinella dei finti sold out
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di TumblinDice [user #38343]
commento del 20/06/2025 ore 22:09:41
Appareo ergo sum
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di melonstone [user #55593]
commento del 21/06/2025 ore 10:59:50
Mi sembra incredibile aver letto nel giro di una settimana almeno 5 articoli su questo argomento. Questa mia incredulità nasce dal fatto che qualcuno possa meravigliarsi di una situazione che ormai è chiara da diverso tempo. San Siro quest'anno, stando a quanto comunicato in inverno, doveva vedere l'esibizione di gente che anni fa a quella location non si sarebbe mai avvicinata. E' ovvio che qualcosa di anomalo stava accadendo, perchè trovare un pubblico così ampio disposto a pagare quelle somme (ed anche a sorbirsi un giorno a 40°, chi va ai concerti a San Siro già lo sa...) rispetto ad artisti "di taglia media" direi che era una scommessa.
Resistono i mostri sacri, che riempiono senza grandi problemi. Concordo ovviamente su quanto scritto, manca a mio avviso un'altra chiave di lettura. Certo il digitale rappresenta una rivoluzione verso il basso; certo le grandi agenzie che sono delle macchine succhia-sangue...ma secondo me tutti questi artisti che fanno flop non si sono resi conto che non hanno le canzoni, che poi è il pane dalla musica. Io non seguo il pop, ma se mi si chiedono canzoni di Mengoni o Cremonini, beh le conosco e non disdegnerei di cantarle insieme ad al pubblico di un loro concerto...ma gli altri? Ecco, qualcuno non ha ancora capito che pur creando hype, nella musica resta sempre centrale la canzone, senza di quella siamo disposti a far fare a qualche artista da sottofondo alla nostra giornata, ma non da protagonista
Rispondi
di Pattagorru [user #56686]
commento del 21/06/2025 ore 11:05:2
ciao amico: ... Amen! bersaglio CENTRATO! ... ora si può anche dismettere il post ...
buona musica: quella che merita!
Rispondi
di Sykk [user #21196]
commento del 21/06/2025 ore 15:50:47
Ma questi artisti e i loro manager non leggono/capiscono i contratti, oppure quando li firmano decidono di giocare d'azzardo?
Rispondi
di Big Muffin [user #63938]
commento del 21/06/2025 ore 21:21:46
La seconda.. si firma con la speranza, e' come una forma di pubblicita'. e la speranza e' credere che se ti vedono suonare sold out, alla stampa diventi visibile, la gente lo legge, e sa' che sei famoso.. Ai concerti ci vanno tre tipi di persone, quello che suona e capisce ogni aspetto di quello che succedera', quello che non capisce nulla di parte tecnica ma ama la musica " e sono per la maggiore " e infine quella che non capisce ne di uno ne dell'altro ma reputa fighissimo o fighissima l'artista che si esibisce,e non importa se un album fara' piangere anche i lombrichi da quanto e' brutto, l'importante e' che lui o lei comprera' quel biglietto perche' deve esserci.. ora, in mezzo a sti pascoli, la speranza e' che qualcuno ci sia.. sperando in tanti; e questo e' l'errore. ;-)
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di Big Muffin [user #63938]
commento del 21/06/2025 ore 21:13:08
Il punto e' che l'agenzia firma un contratto con l'artista, il quale deve pero' riempire grazie al nome i posti dove suona, ma se non riesce ? niente panico, l'agenzia anticipa per esempio un milione all'artista che servira' anche a gestire la cosa, cioe', i posti mancanti verranno pagati di tasca sua sottraendoli dal milione avuto vendendo i biglietti a prezzo stracciato per ingolosire lo spettatore desideroso di quell'evento.. e' un rischio per l'artista ? l'artista firma in modo insensato ? .. Diciamo che il rschio e' alto, e no, l'artista non firma da stupido, ma firma con una speranza. la speranza che se riempie un palazzetto di 15000? posti, sara' per lui come un ritorno di immagine, una pubblicita' per far vedere a tutti che lui c'e', esiste, e lo dimostrano i numeri, ma il problema, e' che non si diventa famosi in 1 anno, e nemmeno in 3 anni, almeno non al punto da riempire uno stadio, e questo gioco diventa una scure sulla testa del povero artista che si ritrovera' indebitato spendendo tutto il milione e magari avanzando altri debiti che coprira' lavorando a gratis. e l'agenzia lo sa bene, ma non e' truffa come qualcuno ha azzardato, e nemmeno un raggiro, anche se a prima vista potrebbe sembrarlo. L'unica fregatura la vedo nei confronti della gente che compera il biglietto, alla quale gli si fa credere qualcosa che non e'.. perche' la massa e' influenzabile, e vedere un artista suonare con un pubblico di 100 persone e' un conto agli occhi della gente, suonare con 50000 e' qualcosa di travolgente e coinvolgente.. io la chiamerei speculazione, ma il commercio e' anche questo.
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di Francescod [user #48583]
commento del 21/06/2025 ore 22:46:32
Avevo già letto in giro di questo fenomeno anche se devo dare atto ad Accordo che questo articolo è molto più completo e ben esposto. Detto ciò, per il sottoscritto non cambia niente: certa musica non andrei a vederla né allo stadio né altrove, né pagando né pagato. E se al pubblico piace, per me no problem: che si divertano pure così, credendo che lo stadio sia davvero sold out e che tutti abbiano pagato bei soldoni per esserci. Che male c'è, vogliono solo sentire la musica del tal cantante, farsi dei selfie ed essere presenti all'evento. La cosa non mi tange, un po' come quando sento dire: nella musica di oggi c'è meno chitarra! Certo, se ti senti la merda, effettivamente c'è poco chitarra o zero.
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di claude77 [user #35724]
commento del 21/06/2025 ore 22:59:2
Mi trovo in totale accordo con quello che scrivi. Un mesetto fa o forse più sono andato a sentire i Karate a Roma in locale piccolo dove tutte le persone presenti erano lì solo ed esclusivamente per la musica e dove la la prima data è andata sul serio sold out. Il problema qui sottoposto on mi tange perché sono concerti a cui non a drei comunque. Con tutto il rispetto per questi musicisti, ma sono lontani anni luce da me
Rispondi
di claude77 [user #35724]
commento del 21/06/2025 ore 22:59:21
Mi trovo in totale accordo con quello che scrivi. Un mesetto fa o forse più sono andato a sentire i Karate a Roma in locale piccolo dove tutte le persone presenti erano lì solo ed esclusivamente per la musica e dove la la prima data è andata sul serio sold out. Il problema qui sottoposto on mi tange perché sono concerti a cui non a drei comunque. Con tutto il rispetto per questi musicisti, ma sono lontani anni luce da me
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di Merkava [user #12559]
commento del 22/06/2025 ore 00:54:30
ב"ה
Assolutamente un articolo interessante.
Il problema non credo sia nel materiale musicale proposto ma nel fatto che agli "artisti" vengano offerti palcoscenici per i quali non sono ancora pronti (e forse mai lo saranno) in nome della logica social "appaio quindi sono" come gia' citato, oltre al fatto che il pubblico social e' fittizzio.
L'unico modo per evitare questi contratti capestro secondo me sta nell'autoproduzioni con tutti i limiti che comporta, ma col vantaggio di avere pieno controllo sulla parte artistica, economica e mediatica.
Cosi' in pratica era fino a venti anni fa'.
Rispondi
di ventum [user #15791]
commento del 22/06/2025 ore 12:09:34
Se i biglietti costassero un prezzo adeguato probabilmente si avrebbero meno flop di vendite. Ovviamente a tutto il sistema fa tornaconto un prezzo più alto (più commissioni, più margini, a questo punto anche più indebitamento). Altro fattore non secondario da ricordare è che molti dei grandi artisti a loro tempo sono stati grandi anche nel gestire (o fare gestire) i loro guadagni. In certi casi ribaltando lo status qui del business (vedi le percentuali mai viste prima richieste dal manager dei Led Zeppelin, personaggio da film). Oggi probabilmente questi meccanismi sono talmente potenti da piegare qualunque artista/band. Se all'epoca i Pearl Jam al picco delle loro fama non son riusciti a scalfire il sistema, nonostante uno scontro frontale, figuriamoci oggi che con social e media tale posizione di comando si è ulteriormente rafforzata
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di ADayDrive [user #12502]
commento del 22/06/2025 ore 13:03:47
Assolutamente, oramai con proporzioni confrontabili con il rapporto tra nobili e servitù della gleba durante il medioevo. Gli artisti adesso guadagnano pochissimo perché il mercato dei supporti (dischi, cd...) non esiste più, i download e gli streaming pagano cifre insignificanti e l'unico modo per fare un po' di soldi è fare concerti, per cui è normale che qualcuno provi a fare il colpaccio provando magari con uno stadio, salvo poi rimetterci.
Rispondi
di Krippo [user #752]
commento del 22/06/2025 ore 14:19:05
Volendo semplificare il concetto è solamente il canonico "quanta gente mi porti", ma traslato su larga scala. Beh, era da dire che dietro ci fosse qualcosa di anomalo vista la caratura di certi artisti.
Sempre peggio.....
Rispondi
di Mimmo66 [user #26026]
commento del 23/06/2025 ore 09:32:37
ho pensato subito la stessa cosa
Rispondi
di Guycho [user #2802]
commento del 23/06/2025 ore 09:18:17
Premesso che trovo scialba sta polemica, son cose che si sgonfiano da sole e che, non credo solo per me, non mi riguarda minimamente.

Ho letto il post di Zampaglione, e non riesco ad applicarlo ai Duran Duran.

I concerti sono cari, questo è il dato rilevante, e gia' da tempo. I biglietti, se richiesti, vengono bagarinati a cifre folli. Quindi, perchè scandalizzarsi se Elodie costa 10€, quando mi sembra un prezzo piu' che onesto per una artista come lei?
Rispondi
di ruggerigta [user #23016]
commento del 23/06/2025 ore 14:11:29
chi conosce un pò il mondo della musica sa che questi "trucchetti" sono sempre esistiti: si vedano i vari "the final tour" di tante band che poi tornano a suonare, i tour nei piccoli locali per far vedere che sono sold out, i dischi comprati dalla stessa casa produttrice per far schizzare il disco primo in classifica ecc.. questa cosa accade anche nel giro delle case editrici come spiegava Umberto Eco: lisciano il giovane scrittore in erba, lo gonfiano un pò e poi quando stampano il suo libro, che non vende, gli fanno capire che deve comprarsi i resti di magazzino. Adesso che l'importante è il selfie su fb e ig, il fatto di farlo a san siro o a campovolo fa molto figo. E per i grandi musicisti il fatto di fare due o tre grandi concerti e attirare persone anzichè andare loro tour è tutto di guadagnato. Io ad esempio non andrei a campovolo, non perchè non mi piaccia Ligabue (tutt'altro) ma perchè per guardarlo sui maxischermi a 6-700m non ne vale la pena.
Rispondi
di francesco72 [user #31226]
commento del 23/06/2025 ore 18:24:14
Mah, è evidente che se qualcuno sfrutta un sistema poco chiaro, qualcun altro glielo ha lasciato fare. Riprendo quanto scritto da Sykk: nessun punta la pistola alla testa di un artista, ma gli agenti non sono dei tecnici, bensì dei pubblicitari che hanno gli agganci giusti e scommettono. L'altro problema è che lo stesso musicista fa un po' fatica ad orientarsi sul suo peso reale, dato che principalmente si guardano i download che, però, non rappresentano il pubblico.
Ciao
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