Alla ricerca del funk con Jeff Raines: la storia dei Galactic
di Umberto Poli [user #65904] - pubblicato il 05 novembre 2025 ore 07:00
Tra punk e groove, surf e soul, la storia di Jeff Raines è un viaggio nel cuore pulsante del funk di New Orleans. Con i Galactic, ha costruito un linguaggio sonoro in equilibrio tra tradizione e sperimentazione. Oggi, con Audience With The Queen, il chitarrista conferma un’identità musicale capace di fondere radici e modernità.
Era un periodo davvero emozionante: sembrava che soltanto il cielo fosse il limite, quel genere di cose. Eravamo giovani e affamati… Jeff Raines
Si sa poco di Jeff Raines, chitarrista e cofondatore dei Galactic. Una vita dedicata al funk e ad una band che, come poche altre, è riuscita a divenire simbolo di New Orleans. Dopo una serie di ottimi album e live act incendiari, Raines e soci chiamano a raccolta una vera e propria autorità locale, Irma Thomas. Ne è nata un’opera che, ascoltare per credere, ha scosso e continua a far tremare le fondamenta di questo 2025. Audience With The Queen è il pretesto ideale per parlare di ritmi ipnotici ed entrare maggiormente in confidenza con uno strumentista di vaglia come Raines.
Prima metà degli anni Novanta. Un incontro, quello tra Jeff Raines e Robert Mercurio, futuro bassista dei Galactic, entrambi originari di Washington D.C., che segnerà per sempre il sound di un’altra città, già in tutto e per tutto permeata di note, canti, tradizioni: New Orleans. Il resto è storia: e i Galactic ne sono stati testimoni attivi per mezzo di registrazioni, live, raccolte e collaborazioni importanti (l’ultima, in ordine temporale, quella con la soul singer afroamericana Irma Thomas). L’obiettivo? Realizzare grande musica.
Il funk, però, non arrivò subito. Si tratta di un genere che ebbe modo di insinuarsi per gradi nel processo di formazione di Raines. Sia lui che Mercurio, crescendo dalle parti di Washington, durante l’adolescenza furono travolti dalla scena punk che imperversava attorno a loro, stage diving compreso. All’epoca, i due si fecero le ossa con un repertorio incentrato sulla cosiddetta “surf music” fino al decisivo momento del disvelamento: una cassetta intitolata Motership Connection, caposaldo dei Parliament di George Clinton datato 1975. Fu per Raines una vera e propria illuminazione che, alla pari di un fiume burrascoso, trascinò i suoi gusti e i suoi ascolti verso altri (inesplorati) lidi. Da quella folgorante scoperta all’intera discografia di Meters e James Brown il passo fu breve.
Quante soluzioni offrivano tali sonorità? Quanta bellezza? Quanti colori? A completare il quadro, fu essenziale l’apporto che - per menti curiose e aperte come quelle dei nostri protagonisti - esercitò la nascente (e prorompente) saga dei Red Hot Chili Peppers. Tutto tornava, fondendosi in uno schema all’apparenza magistralmente congegnato: la componente di aggressività tipica del punk poteva fondersi all’inventiva, alla grazia e al groove del funky. Era fatta! Fu così che, in breve, Raines e Mercurio incontrarono il batterista Stanton Moore e il tastierista Richard Vogel. Nacquero i Galactic e, con loro, l’inconfondibile miscela sonora che li caratterizza dal 1994: un sostrato di funk in perpetua ibridazione con blues, rock, jazz, hip hop, elettronica, world.
Cresciuto a pane e chitarristi quali Eddie Hazel (Funkadelic) e Leo Nocentelli (The Meters), in gioventù Jeff Raines ha trascorso le ore provando e riprovando in tutti i modi ad esercitarsi con riff, licks e passaggi, spesso sbagliando, senza però mai interrompere l’immersione totalizzante in quell’universo di dischi e suggestioni. Un lascito artistico così imponente che, come tutti i classici, lo si potrebbe studiare per anni senza mai esaurirne i princìpi. Erano tempi diversi da quelli attuali: niente app, niente facilitazioni derivanti dalle prodigiose conquiste tecnologiche odierne. All’epoca, ci si doveva rimboccare le maniche, (sof)fermarsi e scavare… per citare Raines, it was more like digging through shit.
Ora c'è così tanto accesso a così tanta musica proveniente da tutto il mondo… penso che questo abbia influenzato anche ciò che facciamo. Jeff Raines
Sul piano della strumentazione, il nostro - oltre a montare corde DR - imbraccia sovente una Gibson ES-335, si tratti del modello Satin Vintage Natural oppure dell’altrettanto accattivante Vintage Burst. Il suo stile, fedele alla scuola dei mentori cui si è ispirato fin da ragazzo, è essenziale, preciso, all’occorrenza saturo, sempre elegante.
Se ne possono testare le doti nei primi lavori con Theryl DeClouet, in un album favoloso come Into The Deep del 2015, dove - tra le voci ospiti - spiccano addirittura J.J. Grey, Macy Gray e Mavis Staples oppure concentrandosi sull’ultimo atto in studio Audience With The Queen, che - come sottolineato in apertura - potrebbe essere annoverato tra le pubblicazioni più interessanti di questi mesi. Ciliegina sulla torta, la speciale partecipazione di una leggenda come Irma Thomas che, da un lato, fa la differenza e, dall’altro, ci dimostra - come se ce ne fosse stato bisogno - che la classe non è acqua.
Abbiamo sempre considerato il fatto di poter interagire con cantanti diversi un vantaggio considerevole. Prima di tutto, vogliamo offrire uno spettacolo impattante e temiamo che, per quanto ci piaccia, suonare brani strumentali per due ore e mezza possa farci perdere contatto con i fan oppure che la performance si appiattisca un po’. Quando progettiamo i nostri show dal vivo, apportiamo sempre qualche elemento vocale. Jeff Raines