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Coccia's saga parte prima: gli antefatti degli antefatti
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di coccia [user #2436] - pubblicato il 20 marzo 2008 ore 10:57
ovvero: storie di nonniCampagna del Monferrato, primo Novecento. Cascine, vitigni. Lavoro duro. Mezzadri e fittavoli. Giacomo e Maria. Una vita buona, dura com'è la vita di chiunque, anche dei proprietari. Il fascismo. La guerra. La prima figlia, Rosa (1/1/41). L'armistizio, la rivolta. I nazisti, i partigiani. In campagna puoi star male, ma di fame non ci muori. Lo sanno tutti, e depredarti è un attimo. Ma in campagna la porta è aperta per chiunque abbia fame. Punto. La pace. La seconda figlia, Bruna (6/6/46... precisi, eh?). La vita sembra migliore. Lo è, forse. Forse. A otto anni, Bruna perde la vista. Così, come si perde una chiave. Inizia una pergrinazione tra i collegi per ciechi in giro per il nord Italia, tra Bologna, Torino, Genova... ogni tanto lei scappa, e Giacomo e Maria vanno a recuperarla. Sembra segregante l'idea del collegio per ciechi, e in effeti spesso lo è, diventando luogo di prigionia e di umiliazione. Ma può anche essere luogo dove apprendere le malizie, i trucchi del "mestiere di cieco". Fino a non farsene accorgere. Diventare autonomi. Se di qualcuno si dice che "ha carattere", vuol dire che ha un brutto carattere. Ma in certi casi la grinta ti salva la vita, letteralmente. Ah, a Giacomo viene un tumore. Intestino. Terribile, si soffre da bestie, terapie antidolore non esistono (siamo alla fine dei '50), figuriamoci le cure. E a proposito: belli gli anni '50, favolosi i '60, si era tutti allegri. Peccato non ci fosse il Servizio Sanitario Nazionale. C'erano le mutue, e i contadini ne erano sostanzialmente fuori. Vuoi curarti? Paghi. (chi mi dice che oggi stiamo peggio è semplicemente uno stronzo). Maria prova a lasciare i campi per lavorare in una tabaccheria, un po' più sicura. Non basta. Giacomo viene operato: diventa invalido permanente, non sarà mai più in grado di lavorare. Non c'è la pensione di invalidità (ah, i favolosi anni '60...). Bruna è sempre in giro per collegi. Rosa dà una mano alla mamma. Non basta: bisogna vendere i campi, la cascina, i vigneti. Trasferirsi a Genova. Maria fa la portinaia. Giacomo sta a casa, fermo. Rosa inizia a lavorare. Bruna continua a peregrinare. Eppure, vaffanculomondocrudele, riescono a essere felici. Guarda un po'. Rosa si fidanza con Vittorio, un marinaio, e dopo un po' si sposano. Bruna inizia a lavorare come centralinista al Gaslini (ospedale pediatrico). *****
CAMBIO DI SCENA
***** Genova, primi del Novecento. Edoardo è figlio di un immigrato napoletano (allora l'immigrazione era interna, sennò c'era solo emigrazione), quel Pasquale che si autodefinisce ironicamente "napoletano sbagliato" perché lavora 14, 16 ore al giorno a battere lamiere per le ciminiere delle navi in porto, e il suo insulto peggiore è "pelandrone". Edoardo è operaio meccanico in una officina della Fiat. E' quella "classe operaia" che ormai si vede solo nelle stampe d'epoca. Spaccarsi la schiena sulle macchine, l'avanguardia del progresso. E' un lavoro che ti tiene lo sguardo nel futuro. Adriana viene da Uscio, un paese sulle colline di Recco. Piccola borghesia impiegatizia: la differenza non sta nei soldi, ma nel ceto. Impiegati e operai sono (anni '30, anni '40... e sarà così fino ai '60 inoltrati...) categorie che non si incontrano, senza punti di contatto. Però invece Edoardo e Adriana si incontrano. Lei è stata in collegio, adesso lavora come segretaria in uno studio di amministrazioni immobiliari. Lui è in officina. Si piacciono, si amano. Non è facile convincere la madre di lei (il padre non c'è più) ad accondiscendere a questo matrimonio inteclassista. Come se oggi tua figlia ti dicesse che vuole sposarsi con un afghano. Con la differenza che in questo caso la tua sarebbe paura di ciò che non conosci, in quel caso invece era paura di ciò che si conosceva fin troppo bene. Una vita di classe operaia, quello che hai sperato di evitarle. Però (S.Agostino) "omnia vincit amor", e si fidanzano. Il fascismo, la guerra. In città la fame è fame, quella nera che ti occupa ogni spazio della mente. L'armistizio. Si sposano, con un viaggio di nozze sui respingenti di un treno. Edoardo diventa partigiano di città col nome in codice "Marco", e non ricordo quale grado militare. Adriana un giorno scopre per sbaglio un ufficio segreto delle S.S. Impara l'arte della dissimulazione honesta, e riesce a scamparsela. I bombardamenti. Terribili, lei ci rimane sotto che è incinta di Erminia, detta Pilly, ma anche stavolta riesce a farcela, a tornare a casa, lacera, ferita, ma integra. E sarà integra anche la bambina, che nascerà in pace (5/5/45... cazzo, mica si conoscevano con gli altri di cui sopra!). Un anno dopo nascerà un maschietto, Giacomo, detto Mino (18/12/46). La fame degli anni '50, il lavoro negli anni '60. Mino diventerà responsabile del personale nell'officina dove lavora il padre, che a quel punto sarà un suo sottoposto. Una condizione terribile, ma anche il segno di un'emancipazione. *****
NEL FRATTEMPO
***** Anni '60: Kennedy, Krushov, Giovanni XXIII. In tre figure si riassume un cambiamento. Ci sarà anche la musica, ma per nessuno dei nostri avrà alcunché di rilevante. Altri fermenti, invece, sradicano visioni, steccati, abitudini, residui fissi... molto prima delle barricate del '68, il mondo sta cambiando. Qualcuno di costoro ne prenderà parte. Nella prossima puntata.
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ovvero: storie di nonni Campagna del Monferrato, primo Novecento. Cascine, vitigni. Lavoro duro. Mezzadri e fittavoli. Giacomo e Maria. Una vita buona, dura com'è la vita di chiunque, anche dei proprietari. Il fascismo. La guerra. La prima figlia, Rosa (1/1/41). L'armistizio, la rivolta. I nazisti, i partigiani. In campagna puoi star male, ma di fame non ci muori. Lo sanno tutti, e depredarti è un attimo. Ma in campagna la porta è aperta per chiunque abbia fame. Punto. La pace. La seconda figlia, Bruna (6/6/46... precisi, eh?). La vita sembra migliore. Lo è, forse. Forse. A otto anni, Bruna perde la vista. Così, come si perde una chiave. Inizia una pergrinazione tra i collegi per ciechi in giro per il nord Italia, tra Bologna, Torino, Genova... ogni tanto lei scappa, e Giacomo e Maria vanno a recuperarla. Sembra segregante l'idea del collegio per ciechi, e in effeti spesso lo è, diventando luogo di prigionia e di umiliazione. Ma può anche essere luogo dove apprendere le malizie, i trucchi del "mestiere di cieco". Fino a non farsene accorgere. Diventare autonomi. Se di qualcuno si dice che "ha carattere", vuol dire che ha un brutto carattere. Ma in certi casi la grinta ti salva la vita, letteralmente. Ah, a Giacomo viene un tumore. Intestino. Terribile, si soffre da bestie, terapie antidolore non esistono (siamo alla fine dei '50), figuriamoci le cure. E a proposito: belli gli anni '50, favolosi i '60, si era tutti allegri. Peccato non ci fosse il Servizio Sanitario Nazionale. C'erano le mutue, e i contadini ne erano sostanzialmente fuori. Vuoi curarti? Paghi. (chi mi dice che oggi stiamo peggio è semplicemente uno stronzo). Maria prova a lasciare i campi per lavorare in una tabaccheria, un po' più sicura. Non basta. Giacomo viene operato: diventa invalido permanente, non sarà mai più in grado di lavorare. Non c'è la pensione di invalidità (ah, i favolosi anni '60...). Bruna è sempre in giro per collegi. Rosa dà una mano alla mamma. Non basta: bisogna vendere i campi, la cascina, i vigneti. Trasferirsi a Genova. Maria fa la portinaia. Giacomo sta a casa, fermo. Rosa inizia a lavorare. Bruna continua a peregrinare. Eppure, vaffanculomondocrudele, riescono a essere felici. Guarda un po'. Rosa si fidanza con Vittorio, un marinaio, e dopo un po' si sposano. Bruna inizia a lavorare come centralinista al Gaslini (ospedale pediatrico). *****
CAMBIO DI SCENA
***** Genova, primi del Novecento. Edoardo è figlio di un immigrato napoletano (allora l'immigrazione era interna, sennò c'era solo emigrazione), quel Pasquale che si autodefinisce ironicamente "napoletano sbagliato" perché lavora 14, 16 ore al giorno a battere lamiere per le ciminiere delle navi in porto, e il suo insulto peggiore è "pelandrone". Edoardo è operaio meccanico in una officina della Fiat. E' quella "classe operaia" che ormai si vede solo nelle stampe d'epoca. Spaccarsi la schiena sulle macchine, l'avanguardia del progresso. E' un lavoro che ti tiene lo sguardo nel futuro. Adriana viene da Uscio, un paese sulle colline di Recco. Piccola borghesia impiegatizia: la differenza non sta nei soldi, ma nel ceto. Impiegati e operai sono (anni '30, anni '40... e sarà così fino ai '60 inoltrati...) categorie che non si incontrano, senza punti di contatto. Però invece Edoardo e Adriana si incontrano. Lei è stata in collegio, adesso lavora come segretaria in uno studio di amministrazioni immobiliari. Lui è in officina. Si piacciono, si amano. Non è facile convincere la madre di lei (il padre non c'è più) ad accondiscendere a questo matrimonio inteclassista. Come se oggi tua figlia ti dicesse che vuole sposarsi con un afghano. Con la differenza che in questo caso la tua sarebbe paura di ciò che non conosci, in quel caso invece era paura di ciò che si conosceva fin troppo bene. Una vita di classe operaia, quello che hai sperato di evitarle. Però (S.Agostino) "omnia vincit amor", e si fidanzano. Il fascismo, la guerra. In città la fame è fame, quella nera che ti occupa ogni spazio della mente. L'armistizio. Si sposano, con un viaggio di nozze sui respingenti di un treno. Edoardo diventa partigiano di città col nome in codice "Marco", e non ricordo quale grado militare. Adriana un giorno scopre per sbaglio un ufficio segreto delle S.S. Impara l'arte della dissimulazione honesta, e riesce a scamparsela. I bombardamenti. Terribili, lei ci rimane sotto che è incinta di Erminia, detta Pilly, ma anche stavolta riesce a farcela, a tornare a casa, lacera, ferita, ma integra. E sarà integra anche la bambina, che nascerà in pace (5/5/45... cazzo, mica si conoscevano con gli altri di cui sopra!). Un anno dopo nascerà un maschietto, Giacomo, detto Mino (18/12/46). La fame degli anni '50, il lavoro negli anni '60. Mino diventerà responsabile del personale nell'officina dove lavora il padre, che a quel punto sarà un suo sottoposto. Una condizione terribile, ma anche il segno di un'emancipazione. *****
NEL FRATTEMPO
***** Anni '60: Kennedy, Krushov, Giovanni XXIII. In tre figure si riassume un cambiamento. Ci sarà anche la musica, ma per nessuno dei nostri avrà alcunché di rilevante. Altri fermenti, invece, sradicano visioni, steccati, abitudini, residui fissi... molto prima delle barricate del '68, il mondo sta cambiando. Qualcuno di costoro ne prenderà parte. Nella prossima puntata. |
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