Sono molto triste per quello che sta accadendo questi giorni in Accordo.
Mi dispiace che parecchi iscritti "storici" o diventati tali abbiano fatto fagotto.
Mi dispiace che oggi parecchie discussioni non siano più sulla Jim Reed, sui legni bucherellati della Gibson, ma sulla presunta "censura"
E PERO':
Di discussioni così ne ho viste milioni (anzi: zilioni e zilioni, come si scriveva quando eravamo goliardici). Qualcuno si ricorda di quando il sistema era a commenti moderati? Di quando si andava sotto zero e i commenti sparivano? Delle gragnuole di "detto e ridetto", di "fuori tema", delle faide, dei troll? Sono l'unico utente a tre cifre, da queste parti? L'unico che si ricorda quelle defezioni?
Il livello qualitativo di Accordo tutto è cresciuto radicalmente. Dei quasi 20 mila utenti a me frega poco o nulla (fregherà agli inserzionisti, non a me). La qualità conta, non il seguito. Il pezzo sul suono di Gilmour è stata una delle cose più belle e da rivista "matura" che ho letto da mesi a questa parte. Non ci sono santi. E' una cosa che leggono tutti, dall'inizio alla fine. Che interessa a tutti. Cioè, è un buon articolo.
Capisco Alberto e le sue esigenze di garantire quadratura a una "cosa" che oggi è una rivista, non un forum, e soprattutto ha inserzionisti.
Sui giornali c'è la pagina delle lettere, ma ciò non vuol dire che si pubblica qualunque cosa venga spedita in redazione (e non avete idea di che diavolo arrivi sulle scrivanie di un giornale). E il lettore del quotidiano non si sente "censurato" per questo, mitomani a parte.
(I commenti, ma anche gli articoli, sono, formalmente, "contributi dei lettori", cioè pari legalmente alle "lettere al direttore": così mi spiegò Alberto quando chiesi lumi sul nuovo assetto ai sensi della legge sulla stampa. Che poi siano mesi che mi chiedo perché gli articoli - al contrario dei commenti - non vengano pagati è un altro paio di maniche, ma andremmo troppo lontano)
PERCIO'
Ciò che mi viene in mente è che Accordo sta attraversando quella fase consolidatoria della rivoluzione in cui di necessità l'insurrezione deve farsi Stato proprio per mettere in pratica i princìpi per cui essa stessa è esistita.
Triste, ma necessaria. Altrimenti ci siamo divertiti, e arrivederci e grazie. E molti - e li rispetto - l'hanno pensata, la pensano, e la penseranno così.