Avevo undici anni e vivevo gran parte della mia giornata incollata alla radio quando intorno al 20 novembre del 1991 i giornali radio e Tv riportavano che Freddie Mercury aveva annunciato al mondo di essere affetto dal virus dell’ HIV. Dopo alcuni giorni, la notizia della sua morte. Freddie si era ammalato nel 1987 ed il resto della band, gli amici, la famiglia, mantennero il riserbo sulla sua presunta malattia per proteggerlo dagli attacchi della stampa e pemettergli di seguire con tranquillità un percorso di cure mediche e addirittura di continuare , nonostante tutto, a fare musica. L’ ultimo video dei Queen al completo era “These are the days of our lives“, girato in bianco e nero e dopo molte ore di trucco, sul cui finale Freddie mormorava “I still love you” -Vi amo ancora. I Queen non tornano di moda perché in occasione del 65° compleanno di Freddie Mercury il più famoso motore di ricerca gli dedica un doodle o perché “Don’t Stop Me Now” viene rilasciato come singolo, o perché esca una loro nuova biografia in occasione del ventennale della sua scomparsa. Gli stessi Roger Taylor e Brian May, sorridenti, dichiarano nel documentario BBC “Days of our lives” che i Queen non sono mai stati di moda: “We’ve never been a fashionable band”.Piuttosto i Queen non passano. Non passano perché la qualità non passa. Non ha una data di inizio e fine, è li per sempre, è li per tutti. Chiunque può attingere alla discografia dei Queen in un qualsivoglia momento della vita e innamorarsene e documentarsi, imparare ad apprezzare e rintracciare, laddove sia possibile, tutti gli aspetti dell’ arte e del costume che si sono sviluppati come rami dall’ albero QUEEN. Quando nei primi Sixties Fred Bulsara si trasferì in Inghilterra da Zanzibar, assieme alla sua famiglia , portava i capelli in stile anni cinquanta , il ciuffo tirato indietro con pettine e gelatina, tanto che sua sorella –racconta lei in un’intervista- camminava sempre a qualche metro di distanza da lui, perché non li associassero. Un “diverso”. Diventò col tempo uno stilista straordinario, e lui che la moda non la seguiva ma la faceva, era già sulla strada giusta per costruire insieme a pochi eletti l’immagine perpetua del Glam Rock. Mentre seguiva il corso da designer frequentava un posto in cui incontrava spesso alcuni amici musicisti, e con atteggiamento teatrale ripeteva sempre “Un giorno io sarò una grande Rock Star”, divertendo tutti. Per questo si trasferì a Liverpool dove fece le sue prime esperienze con una blues band, ma tornò presto a Londra , dove gli Smile , avendo perso il cantante, avevano affisso un annuncio per rimpiazzarlo. E da qui l’ incontro tra Freddie, Brian May e Roger Taylor ; subito dopo arrivò anche John Deacon al basso. Esiste una piccola leggenda sulla storia del cambio di nome della band. Ed è la storia a cui saremo liberi di credere o meno, non avendo i Queen mai confermato nulla a riguardo. Pare che in un giorno di festa un uomo molto particolare che chiameremo Edmond Queen, si sia avvicinato agli Smile. Non capivano bene se si trattasse di uomo o donna. Questo personaggio tanto ambiguo quanto facoltoso promise agli Smile di portarli al successo a due condizioni. Avrebbero dovuto scrivere un brano in cui Edmond Queen potesse simbolicamente espiare un omicidio inconfessato, ed avrebbero dovuto ricordarlo come mentore nel nome del gruppo, che pertanto da allora, conosciamo come i Queen. Freddie lavorava all’ aeroporto di Heathrow , e nella sua residenza di Kensington Street iniziava a comporre i brani dell’album “A night at the Opera”.Nell’ appartamento di Freddie , il suo pianoforte stava accanto al letto. Ed io avrei voluto essere una mosca quando , in quella notte londinese al numero 1 , Logan Place di Kensington Street Freddie scrisse, disteso sul letto e suonandola di spalle, la prima stesura di Bohemian Rhapsody.Una rapsodia, la compresenza , cioè, di stili differenti ma con il rock come unico filo conduttore, e la cultura classica che Freddie iniziò ad assorbire sin dalle prime lezioni di piano -prese nella scuola privata che frequentò a Bombay- veniva rivelata dal complesso contrappunto vocale ( circa 180 sovraincisioni per i cori di Bohemian Rhapsody, uno dei brani più costosi della storia della discografia ), dalle citazioni colte e dalla maestria con cui, insieme a Brian May e compagni tutto questo era stato messo impeccabilmente a punto in un capolavoro della durata di sei minuti circa. Il brano fu lanciato inizialmente senza l’ approvazione della casa discografica e nell’ ottobre 1975 raggiunse il numero 1 delle classifiche British restando in vetta per 50 settimane e fu poi al primo posto per 56 settimane anche negli States. I Queen presero il volo , con indosso gli abiti ingegnati da Zandra Rhodes, ispirati a costumi di scena femminili, di colore bianco perché la band potesse essere ben visibile da lunghe distanze, quasi a profetizzare la loro lunga durata nel tempo. Dopo l’album Jazz del 1979 la stella dei Queen venne offuscata dal punk, ed è nel 1986 in occasione del Live Aid - grande concerto di beneficienza organizzato da Bob Geldof a favore delle popolazioni dell’ Africa- che il grande pubblico riscopre e si riappropria di una delle più grandi band dello stardom del rock , cantando , e da allora per sempre, Bohemian Rhapsody e tutti i loro più grandi successi, con amore ritrovato. O forse, finito mai. Ed è l’amore ritrovato e mai finito il filo conduttore della vita di un uomo forte e raffinato , che si legò a due donne e a molti uomini, lasciando tutto in eredità alla sua prima e indiscussa soulmate e musa ispiratrice di “Love of my life”, Mary Austen. Mentre per noi tutti, la sua legacy “still stays on”.