Epstein azzardò una richiesta ardita: una coppia di Vox AC30 a titolo completamente gratuito asserendo che in cambio JMI ne avrebbe ricavato un grande ritorno pubblicitario. La band, aggiunse Epstein, aveva un grande bisogno delle nuove unità in quanto era prossima a una importante registrazione e i due AC15 che possedeva erano usurati fino al midollo.
Reg Clark non era uno sprovveduto, richieste analoghe gli pervenivano all’ordine del giorno ed erano regolarmente declinate. Tuttavia un sesto senso quella mattina spinse Clark ad avanzare una generosa controproposta: avrebbe ceduto i due AC30 in cambio di una modestissima differenza in denaro, accettando in permuta i vecchi amplificatori. Brian Epstein in segno di gratitudine dichiarò solennemente che il suo gruppo non avrebbe mai adoperato altri amplificatori all’infuori di Vox. Di lì a pochi mesi, la band gestita da Brian Epstein divenne nota a tutto il mondo con il nome di Beatles, e per tutta la sua esistenza il quartetto di Liverpool tenne fede alle parole pronunciate quella mattina dal loro manager, fino al punto che ancora oggi Paul McCartney utilizza amplificatori Vox.

La linea telefonica del commerciale JMI divenne rovente, subissata da un quantitativo spaventoso di ordinativi e Reg Clark venne promosso a direttore delle vendite.
Alcuni degli esempi più magistrali delle sonorità prodotte dal Vox AC30/6 Top Boost sono da ricercarsi proprio nella discografia dei Beatles, come per esempio nel brano "Taxman".
Tra il 1962 e il 1964 il catalogo Vox si arricchì di nuovi strumenti quali chitarre, tastiere e batterie e vennero introdotti amplificatori sempre più potenti. Anche il progetto AC30 non arrestava la sua evoluzione e furono prodotte ulteriori varianti, la più interessante delle quali è il Vox AC30/6 TB Super Twin. Il Super Twin era un modello a testata e cassa separate, generalmente dotato di riverbero, aveva una resa dei bassi più profonda e corposa rispetto al gemello combo. Per il mercato americano ne fu prodotta una versione con la caratteristica testata a forma trapezoidale (sloped sided), ed è ritenuto da molti il modello con il miglior suono di qualunque altro amplificatore Vox.
Il lancio di questi modelli di gran pregio e di altri fortunati prodotti, non fece che alimentare ulteriormente la richiesta di strumenti JMI.
Ora Vox poteva reclamizzare, senza tema di smentita, che i propri strumenti erano usati da più del 90% degli artisti britannici.
Quando nel 1964 i Beatles approdarono in USA con un fortunatissimo tour, la richiesta di strumenti Vox dilagò anche nel nuovo continente e molte grandi compagnie americane si proposero come importatori esclusivisti.
Per le centinaia di band che affollavano la scena musicale beat di allora, esibire il marchio Vox sui propri strumenti era divenuto uno status-symbol.
Questa immensa fortuna commerciale, giunta in maniera repentina e inaspettata, paradossalmente portò la JMI ad accusare seri problemi gestionali.
Jennings cominciò a temere che la forza lavoro della sua società non sarebbe mai riuscita a stare al passo con la crescente domanda del mercato, nonostante gran parte della lavorazione dei suoi prodotti fosse appaltata ad aziende esterne. Ampliare in maniera così drastica mezzi di produzione e mano d’opera avrebbe richiesto un investimento immediato di importanti capitali a cui JMI non poteva far fronte. D’altra parte Jennings non aveva propriamente realizzato il reale potenziale del suo business e pensava che l’interesse per gli strumenti elettrici sarebbe venuto meno con la stessa rapidità con cui era nato. Sostanzialmente riteneva che le straordinarie fortune della sua azienda fossero frutto di una moda effimera destinata a svanire come una bolla di sapone.
Fu così che, nel 1964, Tom Jennings avviò una infausta joint-venture con Royston, una holding dalla indiscutibile solidità finanziaria, e affidò Thomas Organ Company di La Sepulveda, in California, la distribuzione americana dei suoi prodotti.
Questo, se da una parte portò a Jennings la serenità di sentirsi le spalle coperte, dall’altra segnò il destino di JMI: vistosi esautorare del potere decisionale sulla sua azienda, lo spirito vitale e la creatività di Jennings subirono un notevole infiacchimento.
È interessante notare come la storia degli strumenti Vox sia perfettamente parallela a quella di altre compagnie dell’epoca come per esempio Fender.
Nonostante i capitali confluiti, l’enorme richiesta del mercato americano rimaneva in parte inevasa, Thomas Organ allora convinse i vertici della Royston a venderle i diritti del prestigioso marchio inglese. Ora Thomas poteva costruire amplificatori Vox per il mercato americano in completa autonomia da Jennings e non aveva più necessità di importare apparecchi dall’Europa.
Gli amplificatori prodotti in California erano sostanzialmente amplificatori a transistor da organo e, nome a parte, non avevano nulla in comune con i veri Vox inglesi. Dunque, a partire dal 1965, la Thomas produsse e vendette in tutta l’America un enorme quantitativo di pessimi amplificatori marchiati Vox, dal suono aspro e impastato. Per di più i Vox americani erano assolutamente inaffidabili: i negozi vendevano centinaia di queste unità a transistor e una buona metà tornava in assistenza entro il primo mese per riparazioni di ogni genere.
Incredibilmente, le pubblicità della Vox americana mostravano i Beatles che adoperavano gli autentici amplificatori a valvole inglesi. I ragazzi americani acquistavano gli apparecchi prodotti da Thomas nella convinzione di portare a casa gli stessi ampli adoperati dai Beatles, ma quando collegavano il jack della propria chitarra avevano l’amara sorpresa di scoprire una differenza di sonorità abissale. Questa confusione era alimentata da nomi volutamente equivoci come Royal Guardsman o Super Beatle, che per esempio veniva confuso con l’AC100-Beatle valvolare realmente adoperato dai Beatles.

Thomas bruciò la reputazione del marchio Vox sul più appetibile mercato del mondo. Nel frattempo anche in Inghilterra si produsse una linea di amplificatori a transistor che non godette di molta popolarità mentre al contrario si andavano prepotentemente affermando sul mercato marchi concorrenti come Marshall, Laney e Hiwatt, più congeniali alle sonorità hard delle nuove tendenze musicali. Questi fattori portarono inevitabilmente al declino e al collasso di JMI.
Nel settembre del 1967 Jennings e Denney rassegnano le loro dimissioni e circa due anni dopo Vox venne ceduta alla Corinthian Bank. Il nome ufficiale mutò in Vox Sound Ltd, basata a Erith nel Kent.
I nuovi proprietari dovettero fare presto i conti con un vertiginoso rincaro dei costi dei magneti in Alnico, che in quegli anni divenne una ricercata materia prima nella costruzione di impianti nucleari. Gli altoparlanti Celestion del Vox AC30 vennero rimpiazzati con modelli dal magnete ceramico, dai costi di produzione più contenuti. Negli anni a seguire Vox passò frequentemente di mano: a Corinthian seguì nel 1970 Stolec di Hastings e quindi nel 1972 CBS Arbiter di Dallas, ma purtroppo nessuno di loro riuscì più ad eguagliare lontanamente il livello qualitativo e le fortune dei prodotti JMI.
I nuovi proprietari del marchio Vox cercarono di tenere in vita la produzione dell’AC30 pur dovendo fare i conti con le impietose leggi della concorrenza di mercato. Per operare tagli sui costi di produzione progressivamente furono apportate differenti misure: fu adoperata componentistica di minor valore, il cablaggio a mano venne sostituito da circuiti stampati, la valvola rettificatrice GZ34 fu sostituita da un diodo e il resistente compensato del cabinet fu sostituito da truciolato. Ciò nonostante anche CBS - Arbiter cedette Vox Sound Ltd, che nel 1979 venne acquisita Rose Morris, già distributore Marshall negli anni ’70.
Rose Morris riuscì a rientrare in possesso dei diritti di marketing di Thomas e più delle precedenti compagnie cercò di rinverdire i fasti del marchio Vox.
Nel 1985 fu sviluppato un nuovo progetto di AC30 che permetteva di ridurre i costi di produzione grazie all’utilizzo di un unico circuito stampato. Venne inoltre aggiunto uno switch standby. Al fine di contenere il rumore di fondo, che con il nuovo criterio costruttivo diveniva inaccettabile, venne ridotto il guadagno.
Nel 1990, per festeggiare il trentennale dell’introduzione degli AC30 sul mercato, Rose Morris produsse una riuscita Limited Edition, sviluppata grazie all’aiuto dello stesso Dick Denney. Alcune migliorie erano state apportate, come per esempio la reintroduzione della valvola GZ34. Sulla scia del consenso che circondò questo modello, furono prodotte anche una versione Collector, dotata di riverbero e di un prestigioso cabinet di legno massello, e una versione Vintage in configurazione piggyback, con ben quattro coni Celestion G-12M Greenback da 12".
Nel 1992 la Vox passò ancora una volta di mano e venne acquisita da Korg. Korg proseguì l’opera di Rose Morris e cercò anch’essa di creare un prodotto più possibilmente simile all’originale, pur dovendo fare i conti con le moderne esigenze di produzione su scala industriale. Con la fine della guerra fredda, l’alnico divenne nuovamente reperibile e, nel 1993, una riedizione dei mitici coni Blue Bulldog divenne finalmente disponibile sugli AC30 come opzione. Anni dopo, a testimoniare ancora una certa voglia di ritorno ai vecchi fasti, venne prodotta una costosissima versione di AC30 cablata a mano denominata Hand Wired (HW), sia in combo sia in configurazione testata e cassa.

L’AC30 è sempre stato un amplificatore spartano rispetto a molti concorrenti e questo probabilmente ne ha pregiudicato le vendite nei tempi più recenti, tanto da indurre Korg a mettere in produzione una versione denominata Custom Classic (CC) che ha solo due ingressi ma include riverbero, master volume, send-return e altre nuove funzioni. In questa versione l’originario progetto di Denney appare decisamente snaturato. Nel 2004 la produzione degli amplificatori Vox in Gran Bretagna è cessata, ma la leggenda dell'AC30 continua. A testimoniare che questo inimitabile amplificatore è ancora nel cuore di molti chitarristi dopo oltre mezzo secolo, ci sono le riedizioni più o meno filologiche cablate a mano, denominate AC30H2 Heritage Collection e i costosissimi 30 prodotti in Inghilterra con marchio JMI, un'azienda che, manco a dirlo, si prefigge di "ridare vita ai progetti di Tom Jennings".