VINTAGE VAULT SHG MUSIC SHOW PEOPLE STORE
Intervista a Marco Minnemann
Intervista a Marco Minnemann
di [user #16140] - pubblicato il

Con gli Aristocrats ha conquistato l'Italia col recente tour che ha visto coinvolti i nostri Dolcetti, ma il suo percorso musicale parte da molto lontano addirittura in modo inusuale rispetto ai soliti canoni. L'abbiamo quindi intervistato in modo tale da approfondire la sua conoscenza.
Con gli Aristocrats ha conquistato l'Italia col recente tour che ha visto coinvolti i nostri Dolcetti, ma il suo percorso musicale parte da molto lontano addirittura in modo inusuale rispetto ai soliti canoni. L'abbiamo quindi intervistato in modo tale da approfondire la sua conoscenza.

Tra i tuoi tanti pregi come musicista, traspare il tuo amore per quello che fai, deve essere stato un amore a prima vista tra te e la musica. Come è nata questa passione?

Diciamo che alla base di tutto c'è un grande, grande, grande amore da parte dei miei genitori nei confronti della musica. Sono stati loro a introdurmi in questo mondo sin dalla tenera età facendomi ascoltare band come Queen, Led Zeppelin, Jethro Tull e simili. Allo stesso modo, mi hanno portato a sentire molti concerti.
Sentivo con entusiasmo la collezione di dischi di mio padre e devo dire che questo - probabilmente - mi ha instradato verso l'organo. In realtà ho iniziato a suonarlo proprio perché volevo suonare qualche cosa di rock, quel rock che sentino in quei dischi. Strumenti come la come la chitarra, la batteria (o addirittura entrambi). Mio padre mi ha quindi detto sarebbe stato meglio imparare a suonare prima la tastiera, in modo tale da sviluppare gusto armonico e conoscenza. Ho seguito il suo consiglio, ma alla fine il mio desiderio di suonare la chitarra e la batteria è tornato a bussare riportandomi su quella strada.

Dall'organo alla batteria passando per la chitarra, com'è nato il desiderio di imparare a suonare tanti strumenti?
Il mio desiderio, era quello di saper scrivere la musica in quanto avevo tante idee che mi correvano per la testa. Tanto per capirci, poco prima di realizzare quest'intervista, stavo scrivendo un pezzo per il mio nuovo album. Saper suonare altri strumenti, accresce le tue competenze nella scrittura di un pezzo completo. Studiandoli in modo approfondito accresce, oltre alla competenza, anche la disciplina. Conoscere anche i suoni prodotti dai vari strumenti, aiuta nella composizione. In molti dei miei Cd ho suonato io stesso molti strumenti differenti. Così non devo discutere con nessuno (ride)!

Invece di abbandonare gli altri strumenti come molti fanno, hai invece continuato a suonarli, quanto influisce questo nella tua professione?
Ha influito parecchio, come dicevo in risposta alla domanda precedente, saper suonare vari strumenti, ha influito nel mio modo di comporre. Allo stesso modo ha influito sul mio modo di suonare la batteria, in modo positivo naturalmente. Anche nei miei soli. Suono quindi la batteria come un arrangiatore o un compositore che ascolta con un maggiore dettaglio il contesto che lo circonda. Se capita, pur senza interferire con gli spazi di ciascuno strumento durante la fase compositiva, fermo tutto e apporto delle correzioni che a mio avviso potrebbero migliorare il tutto.

Intervista a Marco Minnemann
Photo by Claude Dufresne

Cosa ti ha portato ad affermarti nella batteria piuttosto che con gli altri strumenti da te suonati?
Credo che la batteria sia il primo strumento che io abbia mai suonato in una band. Quando ho iniziato, non ho più smesso per tantissime ragioni. E' uno strumento estremamente fluente e versatile. Ecco, la batteria è lo strumento con il quale posso andare su di un palco e fare qualsiasi cosa. Sai, con la chitarra, la tastiera o strumenti del genere, se volessi suonare dal vivo, dovrei fare molta più pratica. Diciamo che gli altri strumenti ora mi tornano utili per quanto riguarda la composizione, ecco in quel caso il mio livello di competenza è ottimale.

Con la batteria sono più uno showman molto coinvolto (ride). E' uno strumento che crea movimento, ritmo, alla gente questo piace ed è allo stesso tempo uno strumento molto importante. Se la batteria fa schifo, probabilmente anche la musica fa schifo. Diciamo che il batterista è come un ragazzo che consegna la pizza. Se la pizza è buona, ma viene consegnata in ritardo, quindi fredda, la pizza non è più buona.

Da polistrumentista, da dove nasce una tua composizione?
Dipende da caso in caso. Diciamo tutto parte dalla chitarra o dal piano, a volte anche da una linea di basso. Capita però che sia un bel groove di batteria a far partire la scintilla. Molte volte mi siedo, prendo la mia chitarra e inizio a sviluppare un'idea e ad apprezzarne lo sviluppo, altre volte, mentre faccio pratica sulla batteria, arriva qualche groove particolare che mi fa sobbalzare.

Hai seguito un approccio particolare per sviluppare la tua indipendenza?
Ho scritto appositamente il metodo "Extreme Interdependence " con l'aiuto di Rick Gratton, grande bookwriter e grande musicista. Di base il mio concetto di indipendenza può essere applicato a qualsiasi tipo pattern. Alla base il controllo delle bacchette in ogni sua forma. Lo studio prevede la classica combinazione mani/piedi estesi alla parte sinistra e destra del corpo. Quindi piede sinistro, mano destra e piede destro mano sinistra.

Ti faccio qualche esempio. Si può suonare un colpo singolo con il piede, ma un colpo doppio con la bacchetta, o un colpo doppio con il piede e uno singolo con la bacchetta. O ancora un colpo singolo con il piede sinistro e un colpo doppio con la mano destra e viceversa. Questo è ciò che sta alla base del mio concetto di indipendenza. Si può creare un pattern con la mano destra e sviluppare un solo con gli altri arti.

Intervista a Marco Minnemann
Photo by Claude Dufresne

Come è stata l'esperienza con i Dream Theater?
E' stata una bella esperienza, c'era molta alchimia con il resto del gruppo, è stato molto bello. Devo però essere onesto, io non sono un grande fan dei Dream Theater ed è questa la ragione per la quale io non sono entrato a far parte della band.

Jordan, che è un mio caro amico, mi ha chiesto se volevo partecipare alla selezione del nuovo batterista del gruppo. Su due piedi gli ho risposto "ok, perché no, facciamolo". Mi hanno quindi dato i tre pezzi da imparare. E' stato molto divertente suonarli. Ma quando siamo arrivati al dunque e ho capito che potevo davvero diventare il loro batterista, mi sono soffermato a pensare un momento.

Adoro fare quello che faccio nel modo in cui lo faccio e per me sarebbe stato troppo dover rinunciare a tutto per seguire i ritmi frenetici del gruppo. In ogni caso c'è stata un'alchimia fantastica, non si sa mai cosa può accadere in futuro.

Ho anche avuto modo di parlare con Johnn Petrucci per accompagnarlo nel suo tour e realizzare il suo CD, ma non ho potuto portare a termine il tutto, in quanto avevo già tanti impegni con gli Aristocrats, con Steven Wilson e nella realizzazione del mio nuovo album.
Ecco, non voglio sommergermi di lavoro e sacrifici, soprattutto per una band per la quale non sono un fan al 100%. Auguro comunque loro il meglio.

Quanto tempo hai impiegato per preparare i pezzi assegnati?
Ho imparato i pezzi in due giorni o giù di li e li ho suonati nei giorni a seguire alcune volte. Ho inoltre preso qualche appunto per tenere a mente alcuni passaggi importanti.

Prima dell'audizione hai collaborato con Jordan Rudes, come è nata questa collaborazione
?
Mi ha scritto e mi ha chiesto se ero disponibile per uno dei suoi progetti. E' stato incredibile e continueremo sicuramente a collaborare.

Intervista a Marco Minnemann

E' fantastico sentirti suonare in contesti come Necrophagist e Kreator per poi passare a contesti completamente differenti. Come è stata l'esperienza con questi due gruppi?
I Necrophagist e i Kreator sono più o meno come un metal camp. Ho sempre ascoltato Iron Maiden, Slayer, Judast Priest e gruppi simili. Mohammed, frontman dei Necrophagist è un mio caro amico e attualmente anche mio vicino di casa. I Necrophagist suonano un metal molto elaborato. Quando sono stato chiamato da loro, ho avuto appena due settimane per imparare i loro pezzi in tempo utile.
E' stato molto impegnativo, ma divertente. Suonano una musica molto particolare, c'è molto spazio per improvvisare in libertà. E' tutto è molto fitto in senso ritmico, ma il concetto alla base del gruppo è molto forte. Mi piace quello che fanno.

I Kreator sono molto differenti, fanno musica molto più rude, è sufficiente ricordarsi tutto a memoria. Riproduci il brano così com'è e ti ricordi alcuni passaggi importanti. C'è comunque molta energia in questo gruppo. Sono due esperienze dagli aspetti opposti, ma con lo stesso background musicale.

Molti vedono i batteristi che suonano in generi simili come poco tecnici e monotoni, mentre dietro c'è molta tecnica e una grande preparazione, puoi confermare?
Cavolo si! Ci sono molti passaggi che devono essere suonati velocemente e precisamente mantenendo una certa potenza. Nella maggior parte delle volte, il tempo mantenuto dalle chitarre è molto forte, ed è necessario seguirlo con la cassa in modo adeguato. Il metal è una musica molto tecnica. L'unica cosa che a volte accade nel batterista che suona solo metal, è che perde la sensibilità per la dinamica e per le parti molto fitte. Quindi se suoni solo metal, presta molta attenzione! In ogni caso si, è un genere in cui è necessaria molta tecnica.

Segui qualche routine particolare per prepararti alle varie situazioni?
No, nessuna routine particolare. La musica è nel mio cuore. Se qualche cosa mi piace, automaticamente posso impararla e suonarla. Quando mi preparo, mi immergo nella composizione e nella musica in generale. A tal proposito, trovo che la scelta degli strumenti sia importantissima. In contesti metal, scelgo un set con doppia cassa con tom grandi. Con gli altri lavori, utilizzo un rock kit. Cerco comunque sempre di avere un suono adeguato al contesto nel quale mi trovo.

Intervista a Marco Minnemann

Alle orecchie di chi ti ascolta, sembri perfettamente a tuo agio in qualsiasi contesto musicale, qual'è però il contesto nel quale ti senti più a tuo agio?
Come prima cosa, grazie, è molto bello che la gente percepisca questo. E' molto importante per me, perché davvero mi sento molto a mio agio nella musica. Non so esattamente dirti in quale genere mi senta più a mio agio. Amo suonare rock, adoro suonare jazz, amo suonare funk, metal e parti orchestrali. Mi sento molto a mio agio in tutti i contesti. Anche nel mio backgroud musicale ci sono gruppi e generi completamente differenti come Led Zeppelin, Queen, Slayer, Miles Davis e Zappa naturalmente. Se devo invece descrivere il mio stile, mi piace un suono rock o comunque un suono ben definito di batteria.

Come è stata strutturata la serie clinics con Chad Wackerman e Terry Bozzio? Insomma, far convivere sullo stesso palco tre grandi batteristi deve essere stato compesso.
Il problema non sono stati i batteristi, il vero problema sono stati i drum sets di ciascuno! Il kit di Terry, Chad e il mio (in ordine di grandezza), non sono esattamente dei piccoli kit.
Sono stati dei giorni divertenti, mi ricordo che il mio kit era il primo a essere montato e per il quale si faceva il sound check. Ero l'unico con una sola cassa con doppio pedale e alcuni hi-hats. Avevo cinque toms, un gong drum e due rullanti.

Il kit di Terry aveva oltre dieci casse, Chad due e molti altri elementi. Era divertente che chiamassero per primo sul palco "il ragazzo col kit più piccolo"... ed ero io!

In senso pratico invece, noi tre dovevamo sentirci molto bene e vederci l'un l'altro altrettanto bene, per cui avevamo adottato una disposizione a triangolo. Alcune delle cose più interessanti che abbiamo suonato, erano improvvisate. Sono state molto apprezzate. E' stata una bellissima esperienza.

A volte esegui dei passaggi tipici delle drumline (rullate e stick twirl), come hai acquistito questa tecnica?
Onestamente le ho imparate da me vedendo altri musicisti. Ho anche guardato musicisti come Buddy Rich mentre facevano questi trick con le bacchette. E' naturalmente un espediente che non porta nulla alla mia esecuzione, ma nei live al pubblico piace parecchio.

Intervista a Marco Minnemann

Lavori molto con gli ostinati. Come li sviluppi partendo da zero?
Mi viene molto semplice rispondere a questa domanda, in quanto nella mia classica routine semplicemente mi siedo alla batteria e parto con un ostinato. Inizio con quello che mi viene più normale. Parto per esempio con un double stroke, poi un triple stroke e li combino alternandoli tipo RR LL RRR LLL RR LL RRR LLL. Ho assorbito talmente tanto queste sequenze, da sentirmi completamente a mio agio nel suonarle (mentre parla suona con le mani la sequenza indicata...). Sto comunque sempre attento che quanto suono sia piacevole, molte volte gli esercizi tecnici non lo sono. Sulla base di questo, costruisco tutto il resto.

Solitamente parti con qualche idea precisa?
Diciamo che le idee da cui parto, sono quelle che ho indicato nella precedente risposta. Aggiungo però che il punto di partenza è la composizione, fondamentalmente inizio dalle dalle strutture tonali. E' molto importante utilizzare gli strumenti adatti per suonare degli ostinati, scelti i suoni adatti, per l'ascoltatore è tutto più piacevole.

Cosa pensi che contraddistingua il tuo drumming da quello degli altri batteristi?

Onestamente non ci ho mai pensato. Ho semplicemente creato un mio stile personale basato sul far fluire quello che concepisco mentalmente verso il mio drumming. In questo modo ho anche imparato cose nuove. Credo inoltre che aver imparato a suonare l'organo - con la sua conseguente pedaliera - abbia influito in modo positivo sull'uso dei pedali della batteria, questo nonostante l'approccio diverso. In ogni caso lavorare sui rudimenti e sulle combinazioni su diversi hi-hat o con cassa e arti superiori tra gong drum, rullante con la mano destra e piatti con la mano sinistra o sviluppare un intero pattern di cassa con i piedi e improvvisare con gli arti superiori. Tutto questo è frutto di un'idea che ho sempre avuto in mente, ma che alla fine è venuta fuori in modo naturale.

Hai suonato in una tribute band dei Police, quanto e cosa ha infuito sul tuo drumming delle ritmiche dei Police?
Ecco, questa è una band delle quali sarei capace di suonare tutto il repertorio, ma anche di Zappa e dei Led Zeppelin. Per me è puro divertimento. Quando mi chiedono di fare qualche cosa che li riguarda, beh, io ci sono. Mi diverto davvero tanto. Miles Copeland, storico manager dei Police e fratello del loro batterista Stewart Copeland, mi ha chiesto da poco di fare qualche cosa in merito e ho accettato. Ogni volta che ne ho avuto la possibilità, ho partecipato anche ad alcuni show.

E' risaputa la tua passione per Zappa, cosa apprezzi di lui e cosa di questo ha influito sulla tua musica?
L'influenza di Frank Zappa è stata grande per un gran numero di musicisti. Per quel che mi riguarda, soprattutto nei miei primi anni nel mondo della musica, sono stato molto influenzato da lui e dal suo modo e dalla complessità del suo suonare unita a uno stile decisamente unico che l'ha contraddistinto. Ha lavorato molto nel suo stile sino a svilupparne uno unico.
Credo che abbia spalancato le porte al modo di esprimersi in libertà nel contesto musicale. Ha osato e ha creato uno stile. Senza Zappa, tante delle idee nuove che si possono sentire nella mia musica odierna, probabilmente non sarebbero mai esistite.

Intervista a Marco Minnemann

Hai suonato con tre chitarristi strepitosi quali Govan, Gilbert e Howe, quali sono le caratteristiche stilistiche di ognuno che più hai apprezzato e cercato di valorizzare con il tuo playing?
Guthrie è il mio chitarrista nella mia band principale The Aristocrats e adesso anche nella Steven Wilson  band. Suoniamo molto insieme, lui è fantastico. Guthrie è uno dei miei chitarristi preferiti, è estremamente versatile. E' in grado di suonare qualsiasi cosa in un modo estremamente convincente. Lo apprezzo tantissimo e mi trovo benissimo a suonare con lui.

Con Paul Gilbert ho suonato in alcune sue produzioni, è un grandissimo chitarrista rock. Adoro l'energia che mette nel suo suonare. Ha uno stile veramente unico frutto di un lavoro che si è sviluppato negli anni. Il suo rock è sempre attuale, proprio come Greg Howe.

Greg è molto rock, abbiamo suonato insieme in alcune occasioni. E' un chitarrista estremamente versatile con una tendenza fusion molto interessante. Sono tutti dei ragazzi adorabili e molto piacevoli.
Fondamentalmente potrei dire che Gilbert e Howe sono più rock/funk o anche fusion, Guthrie è perfetto in qualsiasi contesto.

Cosa fa di un batterista un buon batterista a tuo avviso?
Un buon batterista ascolta la musica e sa esattamente cosa suonare a seconda della situazione e lo fa pure col suono adeguato. Questo perché con la batteria crei dei suoni. Questo è quello che fa di un batterista un buon batterista. Ottimo senso del tempo, gusto e tecnica nelle giuste dosi.

Quant'è cambiato nel giovane Marco che a 20 anni metteva piede su di un palco importante, al Marco di oggi apprezzato in tutto il mondo?
Cosa è cambiato... Sono molto più rilassato. Quando sei giovane, vuoi affermarti ed essere apprezzato costi quel che costi. Vorresti che la gente sentendoti esclamasse "oh cavolo, ha tutte le carte in regola per essere un ottimo batterista". Pensi molto a essere notato, a trovare il contatto giusto, a suonare nel locale giusto, a crearti uno stile unico. Con gli anni invece impari a gustarti quello che fai con lo spirito giusto e senza compromessi. Nonostante questo, comunque, la gente ti apprezza. Questo è molto importante. In questo momento so che la batteria è il mio strumento, ho il mio stile e il mio suono.

Intervista a Marco Minnemann

Ci parleresti del tuo nuovo lavoro "Metalband"?
Ma certo! E' il mio nuovo album, ci sto lavorando proprio in questo periodo. Andrà ad affiancare i precedenti "Evil Smiles Of Beauty/Sound Of Crime", "Catspoon", "Normalizer", "Mouth Of God", "House Wife Dog & Two Kids", "Contraire De La Chanson", "Orchids", "Broken Orange", "The Green Mindbomb", "Comfortably Homeless" e tutti gli altri.

Questo è chiamato "Metal Band". L'idea è nata da una performance con una chitarrista colombiana in un contesto che aveva poco a che fare con le metal band. Mentre eravamo in macchina, le ho chiesto che musica ascoltasse. Lei mi ha detto in un modo estremamente contorto e particolarmente stretto "Beethoven " che alle orecchie suonava però come "metal band". Le ho quindi chiesto di ripetermelo e l'ha ripetuto esattamente nella stessa maniera.

Per tagliare corto, le ho quindi detto "Metal Band"? E l'abbiamo finita a ridere quando ho capito che voleva dire Beethoven. Le ho quindi promesso che avrei usato Metal Band come titolo dell'album. Ci abbiamo scherzato parecchio anche in tour con Chester Thompson (ho fatto un tour molto bello e divertente con lui in America). Tornando all'abum, contiene certo metal, ma molti altri stili e tante belle songs. Lo sentirete presto.

Lo stai registrando in studio o nella comodità di casa tua?
Preferisco nettamente registrare a casa mia, perché - oltre a essere casa mia - ho tutto il necessario per realizzare ciò che voglio. Dispongo di sedici microfoni professionali con i quali microfonare la mia batteria e tutto il necessario per poter produrre file audio in qualsiasi formato. Ho naturalmente una stanza adatta a questo. Per lavorare su progetti realizzati a distanza, mi sono necessarie giusto le tracce degli strumenti coinvolti con la traccia del click e in caso ci sia un'idea anche vaga della linea della batteria, anche la traccia di batteria. Una volta realizzata la mia parte, posso rimandare tutto indietro finalizzato nel modo più consono. Adoro questa modalità. La maggior parte delle mie produzioni sono realizzate così.

Hai qualche altro progetto in cantiere al momento oltre a Metalband?
Si, al momento sono molto concentrato sulle mie bands che vedono entrambe coinvolto mio "fratello" Guthrie:  gli Aristocrats con i quali siamo stati appunto da poco in Italia e con la band di Steven Wilson.
coverstory interviste marco minnemann
Mostra commenti     1
Altro da leggere
Phil X e l’accordatura “Bouzouki” che stravolge il tuo sound
Cornerstone con Jack Griffiths: "Il boutique è carattere, non componenti NOS"
Rosaire Riccobono: la versatilità è un investimento sulla passione per la musica
Pete Townshend e la sua prima chitarra “da metallaro”
Hammett: “la gente non ricorderà gli assolo” ma Angel Vivaldi non ci sta
Drigo, gli spippolatori e i pedali senza manopole
Articoli più letti
Seguici anche su:
Scrivono i lettori
Manuale di sopravvivenza digitale
Hotone Omni AC: quel plus per la chitarra acustica
Charvel Pro-Mod DK24 HSH 2PT CM Mahogany Natural
Pedaliere digitali con pedali analogici: perché no?!
Sonicake Matribox: non solo un giochino per chi inizia
Ambrosi-Amps: storia di un super-solid-state mai nato
Il sarcofago maledetto (e valvolare) di Dave Jones
Neural DSP Quad Cortex: troppo per quello che faccio?
Massa, sustain, tono e altri animali fantastici
Ho rifatto la Harley (Benton ST-57DG)




Licenza Creative Commons - Privacy - Accordo.it Srl - P.IVA 04265970964