Il chitarrista è l’unico soggetto umano il quale, in aeroporto, se legge "delay" accanto alla sigla del proprio volo, anziché imprecare pensa subito a colorati pedali da pestare e a memorie digitali o meglio ancora analogiche. Questo è lo spirito con cui ci andiamo a occupare di Timeline, un delay-stompbox di , giovane azienda USA che, complice un ottimo marketing e un sito web veramente ben fatto, si sta facendo apprezzare anche Oltreoceano.La macchina si propone al top della gamma, in concorrenza aperta con Eventide ed Empress, sia per i costi sia per le caratteristiche.
L’aspetto lo conoscete tutti: un case di ben 17 cm. per 12, direi di un lamierino piegato però non così massiccio, con manopole peraltro di tipo economico. La serigrafia è piuttosto minuta anche se si prende immediata confidenza con i comandi e quindi si naviga a vista.
Per il prezzo pagato (440 euro) mi sarei aspettato uno chassis più importante e rifiniture degne, ma tant’è.
All’interno, invece, gli ingegneri di Strymon non si sono risparmiati. La superficie è completamente occupata dalla scheda zeppa di integrati, al cui centro campeggia un gigantesco processore che rende il tutto simile a una motherboard di ultima generazione. D’altronde le caratteristiche snocciolate dal produttore sono notevoli: dodici tipi diversi di delay completamente editabili (100 + 100 preset che si ripetono in memoria e che quindi possono essere salvati su nostre esigenze) looper integrato di trenta secondi, tap tempo (e ci mancherebbe che non ci fosse), due ingressi I/O con possibilità di metterli come se fosse un loop effetti per inserire le modulazioni, prese MIDI, morbidi switch a relè true-bypass o bufferizzabili, alimentatore 9v esterno incluso, uscita per il pedale d’espressione e così via.
Alla prova pratica il Timeline suona bene, benissimo, è fantastico ma, attenzione, non è un delay entry-level e non solo per i costi. Se volete un pedale pronti-partenza e via..ia...ia, allora saltate oltre verso stompbox più semplici.
È una macchina che va apprezzata con calma, come una bottiglia di vino da meditazione, va settata secondo i propri gusti musicali anche e soprattutto perché i preset sono così esasperati, perlopiù, che chi ama i suoni analogici (come me del resto) può rimanere scioccato dalla potenza del processore e fuggirne a gambe levate verso lidi più tranquilli. Ma se non vi fate prendere dal panico, cancellerete per sempre dalla lista spese la voce “devo acquistare pedale delay”.
Prima di andare avanti, però, dovreste leggere questa premessa: possedevo il Replica. Chi lo conosce sa bene che tipo di pasta sonora abbia il pedale di T-Rex. Costa tanto quanto il Timeline, forse di più, e ha solo le quattro manopole classiche più il Tap Tempo, ma il suono è forse tra i più caldi in circolazione, tanto che c’è chi pensa sia analogico. Io però volevo qualcosa di più versatile, completo, definitivo. Allora, con molto dolore, ho dato indietro lo scatolotto marrone per accattarmi lo Strymon.
Una volta tornato a casa, accesso il Timeline e provato a esplorare i preset, una cappa di ghiaccio aveva avvolto l’amplificatore, freddando le valvole. Echi taglienti, riverberazioni infinite, modulazioni esagerate. "Ho buttato altri soldi dalla finestra", ho pensato, correndo subito dal negoziante a riprendermi il Replica (che nel frattempo era magicamente lievitato di prezzo ma per fortuna l’ho ripreso alla pari). Poi ho avuto il buonsenso di insistere con il nuovo pedale e, confrontando le due macchine, adesso posso dirlo con certezza: ho ritrovato lo stesso calore, anzi forse qualcosa di più, ma contemporaneamente una fonte di creatività limitata solo dalle mie capacità manuali e possibilità praticamente infinite di plasmare il segnale ritardato.
Il Replica, come nelle favole a lieto fine, rimarrà comunque per sempre con me, e prima o poi lo piazzerò in una micro-pedalboard insieme a un distorsore e un flanger, stop. Ma torniamo a noi.
Dodici tipi di delay, si diceva, da selezionare con una manopola rotativa sotto il display o accessibili in maniera random attraverso i preset bank sia dai toggle switch sia dalla prima manopola in alto a sinistra.
Poi ben altri otto comandi. I primi quattro in alto servono, oltre che a fare scrolling tra i preset come descritto, a controllare i parametri di base modificabili per ciascun tipo di delay e, a seguire, il tempo delle ripetizioni, il numero delle stesse e il mix tra segnale dry ed effettato. Sotto abbiamo ulteriori quattro potenziometri, che nella maggioranza dei tipi di delay servono per scurire o meno le ripetizioni e per aggiungere le modulazioni. Nelle delay-machine che simulano il tape-echo e più in generale i ritardi analogici, questi controlli gestiscono la possibilità di degradare più o meno la parte trattata del segnale. Tutti questi comandi agiscono in maniera egregia e la possibilità di personalizzare e salvare il nostro delay preferito è totale, senza compromessi.
Tra i delay offerti dal Timeline, per alcuni non c’è bisogno di presentazione, per esempio per il modello Digital e Reverse .
Intrigante poi l’Ice, che aggiunge ripetizioni con intervalli da -1 a +2 ottave e con variazioni Minor/Major, oppure il Trem, le cui ripetizioni sono caratterizzate da un’effetto Tremolo molto caldo.
Che dire poi dello Swell, che introduce una sorta di effetto pedale-volume, del Filter, il quale addiziona al dry delle ripetizioni envelope-filtered, del Duck, che reagisce alla sensibilità delle pennate.
La delay-machine Pattern, poi, crea degli schemi di ripetizione tipo ping-pong e similari, che possono essere utili per creare dei muri di suono tipo U2, mi viene da dire.
Il tipo Lo-Fi introduce delle eco distruttive, con effetti sonori tipo disco di vinile, vecchia radio e altre diavolerie. Un po’ estremo, ma magari a qualcuno può tornare utile.
Si prosegue con la Dual machine, dove è possibile creare due linee indipendenti di segnale e andarle a sommare al segnale pulito, creando anche qua una sfaccettatura del segnale che, specie sfruttando le due uscite L e R, potrebbe allargare a dismisura il nostro impatto sonoro.
Infine si arriva alle modalità dTape e dBucket che, come è facile immaginare, sono le sonorità che più si avvicinano al mondo analogico. Io le ho trovate eccellenti, avendo la possibilità di editarle con facilità e immediatezza, piegandole così ai miei gusti personali.
Le ho provate sia con la Stratocaster sia con una Heritage semiacustica e in entrambi i casi l’impressione di apertura, di profondità e calore del suono restituito all’amplificatore è stata senza ombra di dubbio gratificante e senza compromessi. In alcuni casi ho provato ad aggiungere un pizzico di room reverb con un altro pedale dopo il delay e vi garantisco un'esperienza di reale tridimensionalità del suono veramente a livelli da studio. Se poi consideriamo, come ripeto, la possibilità totale di editing, come per esempio alcuni parametri soggettivi del tipo di delay scelto, o la suddivisione ritmica fino ad arrivare al boosting +/- 3db in analogico selezionabile per ciascun preset e tante altre caratteristiche che non sto a menzionare, capirete da soli il valore di questa macchina.
Un’ultima considerazione: sembra banale, ma è fondamentale a mio avviso che, collegando i pedali di dinamica a questo tipo di macchine, il segnale distorto passi con naturalezza e venga trattato nel pieno rispetto delle conversioni A/D – D/A. So per esperienza che multieffetto costosissimi hanno il proprio tallone d’Achille in questa delicata fase del processamento. Il nostro Timeline passa l’esame a pieni voti, probabilmente per l’alta qualità dei convertitori, e potrete star certi che nessuna armonica pregevolmente distorta dal vostro overdrive o distorsore boutique di turno verrà dispersa nei meandri elettronici, ma cremosamente resa al valvolare o valido transistor che sicuramente avrete alla fine della catena.