Secondo La Repubblica D, il livello della didattica è ottimo: docenti, programmi da completare, esami finali, certificato finale. Tutto online e con strumenti del Web 2.0. Basta una connessione internet. I corsi, al momento, sono gratuiti e ovviamente in lingua inglese. Si scaricano i video, i test, si fanno anche attività di gruppo.

Come in tutti i corsi, anche i MOOC hanno un calendario, un inizio e una fine: per esempio il corso Introduction to guitar, tenuto da Thaddeus Hoggarth, che non è un personaggio di Henry Potter ma un grosso nero con i dreadlocks, inizierà il prossimo 22 aprile per sei settimane.

“Questo corso consente di apprendere gli elementi essenziali necessari per cominciare a suonare la chitarra acustica o elettrica. Imparerete un approccio semplice per farvi suonare in modo rapido, attraverso una combinazione di tecnica dello strumento e teoria musicale di base. Carico di lavoro: 6-8 ore / settimana".

Bellissimo sembra anche il corso Songwriting tenuto da un certo Pat Pattison, del Berklee College of Music. La presentazione è in tono con l'argomento: “se c'è un cantautore in agguato da qualche parte dentro di te, è ora di sbirciare dietro gli angoli, chiedendosi se è sicuro di voler venire fuori. Adesso. Questo corso è un invito a lasciare uscire il vostro cantautore interno alla luce del sole. Tutto ciò che serve è un semplice 'sì' e scalerai quella collina ventosa, ammirando il panorama. Se non hai mai scritto canzoni, questo corso ti mostrerà un efficiente, efficace processo per far sì che le tue canzoni esprimano le tue idee ed emozioni”. Altro che Mogol. Diventerete il Paul Simon del 21esimo secolo!

È possibile assistere alle video-lezioni quando si vuole e c’è un forum collegato al corso, dove contattare gli altri allievi per creare i gruppi di studio con cui portare a termine gli eventuali esercizi di gruppo, dove richiesto, scambiarsi consigli e magari conoscere qualche graziosa/o metallara/o coreana/o.

Fra le innovazioni introdotte da questo tipo di corsi, vi è la correzione dei compiti non da parte del docente ma dagli altri compagni (i cosiddetti “pari”). È l’approccio peer-to-peer, in cui il ruolo dell’insegnante viene in parte affidato agli stessi allievi. Più prove si superano più si conquistano punti, e l’idea di fondo è che correggendo gli errori degli altri si impara di più. E del resto sarebbe impossibile per un insegnante correggere migliaia di compiti in poche settimane.

È il Web 2.0 applicato alla didattica ragazzi, una sorta di Wikipedia dell'insegnamento, intelligenza collettiva al servizio dell’apprendimento, ma che a quanto pare funziona abbastanza bene. Qualcuno con 'sto sistema ci ha scritto il programma del partito.

Alla fine del corso, dopo video-lezioni, test a risposta multipla, esercizi e compiti corretti dai colleghi, arriva la prova finale. Il voto è calcolato da un software, in base al punteggio delle prove portate a termine, e se l’esito è stato positivo si potrà scaricare il certificato da appendere al muro e il titolo da inserire in curriculum. Se il voto è decente, non guasta festeggiare l’evento in birreria con una corposa bevuta con gli amici, indossando il famoso cappellino accademico nero, in cuoio ovviamente.