Ci sono figure le cui gesta si perdono nella notte dei tempi e che si sono guadagnate uno status leggendario rimbalzando di bocca in bocca nel corso dei decenni. Alcune sono destinate a restare delle leggende, senza documenti che ne tengano viva l'eredità. Altre, come quella di Pasquale Taraffo, lasciano invece la storia di uno dei primissimi guitar hero italiani di fama internazionale.
Ci sono figure le cui gesta si perdono nella notte dei tempi e che si sono guadagnate uno status leggendario rimbalzando di bocca in bocca nel corso dei decenni. Ho ancora impressi nella memoria i ricordi di mia nonna Iole (classe 1910) relativi a uno straordinario chitarrista dal fantomatico nome di Macellano, attivo nello spezzino quando lei era poco più che una ragazzina. L’axeman aveva una presenza scenica notevolissima: con una gamba di legno alquanto "rudimentale", ogni qualvolta entrava in una sala per esibirsi, ammutoliva gli astanti col rumore inquietante provocato dall’arto trascinato sul suolo, per poi stordirli senza pietà con virtuosismi a iosa. A nulla sono valse le mie ricerche: molti coetanei di mia nonna se lo ricordavano, ma nessun documento lo ha immortalato.
Per fortuna è andata diversamente per un'altra leggenda chitarristica ligure di cui mi è capitato di parlare stamani con un folto gruppo di anziani musicofili: Pasquale Taraffo. Forse questo nome non dirà nulla alla maggior parte di noi, ma Taraffo, detto “O Rêua” (la ruota, per la velocità con cui muoveva le mani) è stato un vero guitar hero di fama internazionale, uno dei primissimi in Italia.
Nato a Genova nel 1887 in una famiglia di umili origini e in cui tutti suonano almeno uno strumento, a soli nove anni è già popolare come intrattenitore, anche in virtù del fatto di essere in grado di riprodurre una qualsiasi aria d’opera dopo averla ascoltata una sola volta. I due armatori genovesi Prospero Lavarello e Stefano Censini si prodigano per sostenerlo e procurargli ingaggi, al fine di farlo conoscere in tutta Italia.
Presto le sperimentazioni sulla chitarra lo portano a desiderare uno strumento più complesso, per la realizzazione del quale si rivolge al liutaio Settimio Gazzo. Dopo avergli costruito varie chitarre a più di sei corde, nel 1909 Gazzo approda al modello che accompagnerà Taraffo per il resto della sua vita, una chitarra-arpa a 14 corde (poi donata dalla figlia di Taraffo al comune di Genova nel ’54 e oggi custodita presso il Conservatorio Paganini). È soprattutto grazie al successo di Taraffo che nasce una vera e propria moda per questo tipo di modello.
Critica e pubblico lo acclamano in tutta Italia e nel 1910 varca finalmente il confine nazionale per suonare in Spagna. A Barcellona si esibisce per quaranta sere consecutive nello stesso teatro in una serie di performance che gli valgono il leggendario soprannome El Dios dela Guitarra.
Nonostante sia attaccatissimo alla sua città e alla famiglia, nel ’25 i successi raccolti lo convincono a imbarcarsi per il Sud America, dove ottiene ulteriori trionfi in Argentina (lo chiamano “Erruption”) e in Brasile e, dopo un periodo di fitte attività in Italia, negli Stati Uniti, dove suona un repertorio variegato e davvero insolito che richiama un pubblico ampio ed entusiasta, che include i cantanti del Metropolitan. Si sposta poi in California, dove suona col grande fisarmonicista italiano Guido Deiro.
Ma Taraffo è un uomo semplice, sensibile e malinconico. È piuttosto schivo e taciturno, ma affabile, soprattutto quando qualche chitarrista chiede di potersi esibire al suo cospetto. La nostalgia della sua terra, della moglie e dei figli lo porta a interrompere sempre troppo presto le tournée per fare ritorno a casa, impedendogli di renderle economicamente proficue. Al rientro dalla California, quindi, sceglie un ingaggio più “comodo” e decide di entrare nell’orchestra del maestro argentino Edoardo Bianco per suonare sulle navi da crociera, con impegni più brevi. Nel ’33 fa ritorno a New York per l’ultima volta, ma per soli cinque giorni e poi continua con l’orchestra in Europa e parte dell’Asia.
Nel ’35 si decide a ripartire con l’amico cantante Mario Cappello (altro membro dell’orchestra di Bianco) per una serie di concerti e trasmissioni radiofoniche in tutta l’America Latina, ma il destino gli riserva purtroppo ben altro. In seguito all’improvviso aggravarsi dell’ulcera gastrica che da tempo lo affliggeva, viene ricoverato in un ospedale di Buenos Aires dove muore la sera del 24 aprile 1937 a cinquant’anni. Due giorni dopo si tengono i funerali, ai quali partecipano numerosissimi connazionali. Viene sepolto nel cimitero del barrio della Chacarita e le sue spoglie non sono mai tornate in Italia.
Sfortunatamente Taraffo, all’epoca considerato il “Paganini della chitarra”, è stato lentamente dimenticato dal suo paese, fatta eccezione per gli appassionati di harp guitar. Tuttavia, grazie all’interesse di persone come il collezionista genovese Franco Ghisalberti è stato possibile ricostruire la sua vita attraverso un minuzioso lavoro di raccolta di documenti.
Notevole la scoperta di Beppe Gambetta (il quale ha anche prodotto dei "CD revival" del repertorio di Taraffo, di cui è un fine interprete), che in un archivio di New York ha scoperto l’unico, preziosissimo filmato che immortala il chitarrista genovese il 19 dicembre 1928.
Grazie a Gambetta, ma anchde al musicista, giornalista e scrittore Enrico De Filippi e al M° Fabrizio Giudice, la memoria questo affascinante protagonista della storia della chitarra italiana continua a essere viva e a pulsare proprio nella sua città di origine.
Artista moderno, Taraffo fu forse il chitarrista italiano più prolifico per quanto riguarda le incisioni: nella seconda metà degli anni ’20 realizzò decine di 78 giri ma, forse per il fatto di non saper leggere la musica, si rifiutò di sostenere l’esame d’ammissione della Società Italiana degli Autori ed Editori e quindi non ne esiste un elenco completo. Molta della sua musica è ora disponibile online e pronta per essere scoperta da nuove generazioni di amanti della chitarra.
Il sito www.harpguitars.net ha realizzato una sezione interna in continuo aggiornamento interamente dedicata a Taraffo che vi invitiamo vivamente a visitare.
La ruota continua a girare!