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Patchwork di legni: progetto Frankenstein
Patchwork di legni: progetto Frankenstein
di [user #37521] - pubblicato il

Il fai-da-te dà tante soddisfazioni ma produce anche tanti scarti. I pezzi di legno avanzati dalla realizzazione di manici e body saranno l'ideale per sperimentare nel laboratorio del dr. Frankenstein e scoprire cosa succede quando si miscelano essenze differenti.
Il fai-da-te dà tante soddisfazioni ma produce anche tanti scarti. I pezzi di legno avanzati dalla realizzazione di manici e body saranno l'ideale per sperimentare nel laboratorio del dr. Frankenstein e scoprire cosa succede quando si miscelano essenze differenti.

Come prima volta che scrivo ho pensato di farlo con una cosa un po' strana che ho ideato, una chitarra fatta con i pezzi che mi sono rimasto da progetti precedenti.
Il tutto è nato alcuni mesi fa quando mi è capitato in mano lo scatolone contenente i vari ritagli di legno avanzati dai vecchi lavori che, invece di mettere nel caminetto o di buttare via, ho sempre tenuto da parte per non so nemmeno io quale ragione. Vedendoli mi sono detto "perché non incollarli assieme e vedere se quello che ne esce è buono? Così mi tolgo la voglia di chitarra con i single coil".
Ho guardato in giro su internet ma pare che di cose simili non se ne siano fatte molte (nessuna che io sappia, ma non credo proprio di essere l'unico che abbia tentato qualcosa del genere), quindi consapevole del fatto che c'era la possibilità di dover buttare tutto, ho iniziato.

Ho usato tutti i legni che avevo e cioè mogano, noce, acero e frassino, in larga parte tagliati in strisce da circa 20x5x2 cm che poi ho incollato tra di loro cercando di mantenere una sorta di alternanza costante (a dire il vero ho usato una discreta dose di viti autofilettanti per velocizzare il processo).
I legni per manico e tastiera sono stati comprati perché mancavano pezzo abbastanza grandi da riciclare rispettivamente in mogano e acero.

Creata la tavola, per la forma non ci ho pensato molto dal momento che sono molti mesi che ho voglia di una Diavoletto, che tra l'altro è stata la primissima chitarra che ho preso.
La scala è da 25,5". so che la Gibson ha quella corta, ma avendo le dita enormi un po' di spazio in più sui tasti alti non guasta.
Il ponte doveva essere fisso anche se alla fine non lo è, ma ci tornerò più avanti.
Per le meccaniche sarebbe andato bene quello che avrei trovato purché da spendere poco o nulla.
Per i pickup ho deciso immediatamente per i single coil, dato che ho sempre avuto e costruito chitarre con humbucker ma da circa un anno ho voglia di Stratocaster. È una chitarra che per me ha un bel suono in mano ad altri, mentre non mi ha mai entusiasmato usarla e quindi non sono mai riuscito a farci granché. Nessuna critica al modello o a chi la preferisce, solo ho sempre preferito Gibson per feeling e suono.
Non conoscendo nessun modello e temendo che passare da humbucker a single coil (il P90 non mi fa impazzire) sarebbe stato un trauma per il setup ma più probabilmente per le mie orecchie, ho chiesto un consiglio a un amico liutaio che mi ha detto "perché non i Trisonic?", e come credo molti facciano ho pensato a un suono da sempre associato a quei pickup: Brian May. "Geniale" ho risposto.
Cercando, sono finito sul sito di Adeson e li ho presi, consiglio a chiunque considerasse i Trisonic di sentire anche lui, per 98 sterline fornisce un set da tre, pacco in mano. Per nulla male.
Il set che ho scelto è l'Atlas, che lui mi ha descritto come un Trisonic leggermente sovravvolto e con cover diversa.

Patchwork di legni: progetto Frankenstein

A questo punto, pensare alla Red Special mi ha fatto considerare i punti che le due hanno in comune e il fatto che essendo una sorta di sfida per vedere se si può fare ho pensato che potevo anche provare a costruirmi da solo il vibrato.
Dopo vari tentativi (il primo era un mostro, fatto con barre in acciaio saldate in un qualche modo e pesante un quintale, ma aveva il fulcro in posizione svantaggiosissima e quindi ho dovuto depositarlo tra i rottami) sono arrivato al sistema composto da un corpo in alluminio ricavato dal pieno, la stopbar oscillante fatta in acciaio inox (l'alluminio non è abbastanza rigido, o comunque non lo è quello che avevo a disposizione) collegata mediante una barra filettata a tre molle antagoniste che ho preso in ferramenta e oscillante su un perno cilindrico diametro 4mm infilato in un foro (nella stop bar e nel blocco di alluminio) di diametro di 8mm così toccando in un solo punto si sarebbe ridotto l'attrito e auspicabilmente avrebbe "rotolato" nella sede e non strisciato. Il risultato è molto soddisfacente, tiene bene l'accordatura e varia la tensione delle corde di due toni o anche di più (non ho fatto prove precise) certamente aiutano il capotasto e il ponte roller presi per poco da Stewmac.

Patchwork di legni: progetto Frankenstein

Il circuto non poteva che essere quello a pickup in serie con switch per inversione di fase, ma invece di usare altri tre switch per attivare i singoli pickup ho optato per uno switch a sei posizioni che consente di avere uno schema tipo Gibson, con i single coil da un lato (P, M, P+M), e dall'altro lato con l'aggiunta del centrale (P+C, C, M+C). Essendo in serie mi fanno un suono simile a quello di un humbucker. Completano potenziometro tono e potenziometro volume generali.

E questo credo sia tutto.

Patchwork di legni: progetto Frankenstein

Finito il lavoro, il suono è stato una sopresa.
Il sustain non manca, quando i pickup sono in modalità singola suona molto squillante anche se più piena di una Stratocaster, visto che i Trisonic sono più grossi... diamo una Strat cicciona.
In modalità a due pickup suonano grossi, in questo caso una Gibson cicciona.
Senza contare che la possibilità di invertire la fase dei singoli pickup dà una miriade di sfumature in più. Comunque ora capisco perché la configurazione manico più centrale fuori fase sia la preferita di Brian May: va bene per farci ogni cosa, ottima sia per la ritmica sia per gli assolo. Sul pulito trovo spettacolare ponte più centrale in fase, corposa e calda ma con quel pizzico di acuti che danno la definizione che trovo manchi col solo pickup al ponte di solito.

Quanto al suono da scollegata, so che se ne parla prima di solito, ma qui per me è un enigma. Essendo un patchwork di legni, mi aspettavo suonasse diversa da una chitarra mono blocco o pezzi dello stesso legno incollati, e infatti il suono mette insieme le caratteristiche di acero, frassino, noce e mogano che poi sono i legni usati, nel senso che si sentono bene tutte le frequenze quindi è un suono che mi sembra a 360 gradi. Mi aspettavo che fosse un po sordo, ma così non è. Sono molto sorpreso e contento del risultato.

Però il vero enigma è che ha un volume altissimo anche da scollegata. Non voglio essere frainteso, niente di paragonabile a un'acustica ma decisamente più vicino a una semiacustica che a una solid body e di questo, benché sia una graditissima sorpresa,  non so spiegarmi il motivo.

In conclusione quella che doveva essere una chitarra esperimento, fatta più per sfida e per impegnare il tempo, andrà a occupare e senza sfigurare un posto tutto suo e da protagonista di fianco alla Les Paul Custom e alle altre sorelline.
Quindi per me l’esperimento è pienamente riuscito, del resto con una spesa di 200 euro non sfigura troppo accanto a una da più di 2mila.

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