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Quaini on stage (o quasi) Ep.1/bis
Quaini on stage (o quasi) Ep.1/bis
di [user #16167] - pubblicato il

Nell'episodio 1 di "Quaini on stage, o quasi" dedicato agli ascolti sul palco è nata un’ottima discussione nella quale Michele vuole entrare per dare ulteriori chiarimenti riguardo l’uso di click e in-ear. Quindi prendiamo, copiamo e incolliamo la risposta inviataci questa mattina direttamente dal tour.
Nell’episodio 1 di "Quaini on stage, o quasi" dedicato agli ascolti sul palco è nata un’ottima discussione nella quale Michele vuole entrare per dare ulteriori chiarimenti riguardo l’uso di click e in-ear. Quindi prendiamo, copiamo e incolliamo la risposta inviataci questa mattina direttamente dal tour.

Michele Quaini: Volevo spendere due righe per spiegare più nel dettaglio il discorso riguardo gli ascolti.
Nell’intervista video abbiamo chiacchierato spensieratamente di un argomento molto delicato, e mi sembra che alcuni punti chiave siano rimasti incompresi o male interpretati, sopratutto riguardo l’uso del click. Ci sono alcuni motivi per cui in-ear e click sono indispensabili in un tour come quello di Roby Facchinetti.

Se noi musicisti non avessimo il click in cuffia, ogni brano dovrebbe cominciare con la batteria che stacca one,two,three,four. Questo non è proprio il massimo dell’eleganza, sopratutto se un brano comincia con un pad, un arpeggio o un pianoforte.

Ogni qualvolta ci sono delle misure in cui la batteria non suona, comprese tante intro, il povero batterista sarebbe costretto a suonare il charleston o ad inventarsi qualcosa per suggerire agli altri musicisti il tempo.

Una volta che parte il brano con la band al completo, il click scompare come per magia, fondendosi con cassa, rullante, basso, chitarra e tutto ciò che colpisce in battere insieme a lui. Lo si avverte solo nei momenti di vuoto, e vi garantisco che è di una comodità incredibile.

Qualcuno parlava di mala interazione tra i musicisti o di freddezza globale con gli ascolti in cuffia. Quando suoni a 10 metri di distanza dal batterista o a 13 mt dal bassista è praticamente indispensabile l’ascolto in cuffia, senza tener conto del rientro dell’impianto. Quando hai sotto al culo 50/100 mila watt di impianto che suona con una latenza di parecchi millisecondi rispetto a te è rischioso esser con le orecchie al vento, cercando di coordinare il tempo tra la musica che stai suonando, quella che esce dalle spie(che comunque ha un micro ritardo anche se quasi impercettibile), quella che senti dal batterista che picchia a 10 metri da te (altro mini ritardo) e quella che esce dall’impianto. Rischi di trovarti in una strada a 3/4 corsie in cui cerchi di stare in mezzo. Certo, se poi si hanno a disposizione 4 spie da 1500 Watt a testa come le grandi star allora non si hanno problemi d’ascolto sul palco, ma ci vuole un tir in più e un lavoro di gating sui microfoni che porta via ore, soldi ed energia.
L’interazione tra i musicisti e il feeling si creano durante le prove e durante l’allestimento. Intere settimane a suonare tutto il giorno i brani, dapprima curandone i singoli dettagli per poi occuparsi della globalità dello show. E poi, come ha suggerito Gianni, i musicisti si guardano, si divertono e interagiscono ugualmente dopo aver masticato un po' questo modo di stare sul palco.

Quaini on stage (o quasi) Ep.1/bis

Riguardo alle ipotesi che il live sia concepito per riprodurre esattamente il cd posso garantirvi che non è così, o almeno non lo è nella maggior parte dei casi. E’ ovvio che il disco appena uscito dell’artista in questione non venga completamente stravolto. Mi sembra anche corretto nei confronti del pubblico e degli arrangiamenti che in teoria dovrebbero essere freschi di produzione. Ma i brani degli album passati vengono sempre riarrangiati, tour dopo tour. In ogni produzione dal vivo i balance tra gli strumenti sono diversi rispetto al disco. La batteria è più in evidenza, le chitarrone sommerse dai pad nel cd vengono spesso spinte fuori per dar più corposità al suono globale. Ci sono mille piccole cose che cambiano tra cd e produzione live, elencarle sarebbe quasi impossibile.
Per ciò che concerne l’improvvisazione, beh, sappiamo tutti che la musica pop non si basa sull’improvvisazione, per quello hanno inventato il jazz!
Il fatto che le parti vadano rispettate al 95% è fondamentale per la riuscita dello show ed è rispettoso per tutto il lavoro di pre-produzione che viene svolto dal direttore musicale, dal produttore e dai musicisti. Se un arpeggino di chitarra suona determinate note con determinate scansioni ritmiche con un certo suono probabilmente è perché si incastra perfettamente con la parte di piano o il charleston o la voce, nulla è lasciato al caso. Ci sono persone che hanno lavorato giornate intere per incastrare a modo tutto ciò che viene suonato.
Ma ora vi faccio un esempio in cui le carte in tavola vengono completamente rigirate, alla faccia della musica pop e della non interazione tra musicisti.
L’anno scorso ero in Tour con Chiara ed a fine tour abbiamo avuto l’onore e la fortuna di poter suonare al Blue note. Come potete immaginare è impossibile portare all’interno del Blue note il palco di un artista o il suo impianto. Forse non ci starebbe neanche la rastrelliera con tutte le chitarre sul palco! Per farla breve ognuno di noi avrebbe dovuto portare un solo strumento, con un suono solo!
Niente sequenze loop,computer o cori, niente click, niente cuffiette. Alla vecchia, batteria, basso, chitarra, pianoforte e voce, Blue Note style.
Vi garantisco che non è facile affrontare così un live dopo che per mesi hai cambiato 6/7 chitarre durante lo show, usato 60 preset, imbracciato chitarre acustiche, classiche o ukulele. Non c’è stato neanche modo di far le prove, il mood doveva essere quello.
Personalmente ho suonato due volte a casa la scaletta programmando giusto 2/3 delay e lasciandomi andare all’istinto del momento. Il direttore musicale ci disse una cosa del tipo : “Ragazzi, i brani li conosciamo, suoniamo tranquilli e guardiamoci, mettiamoci del nostro cercando di mantenere stabili groove e strutture, creando mondi e colori che ci sembrano opportuni a seconda del brano: divertiamoci!”
Abbiamo fatto un soundceck lunghino per definire alcuni cambiamenti topici e poi via sul palco. Ricordo che ho fatto tutto il set con una 335, il mio Dangelo, un pedalino Vox da 150 euro sempre inserito a sporcare più o meno il suono a seconda del dosaggio dei volume, il DD20 con 3 preset, un tremolo e un wah. È stato un concerto bellissimo, improvvisare costantemente su brani che hai sempre suonato con parti obbligate non è semplice.
Al Blue Note si suonano sempre due sessioni. Posso assicurarvi che sembravano quasi due concerti diversi seppur con gli stessi brani!
Inizialmente doveva essere fatto anche un DVD visto la magia sprigionata in quel concerto, ma poi le infinite vie burocraticolobbystichebigproblems del mondo pop hanno avuto la meglio e tutto tace in qualche hard disk sperduto.

Vi ho raccontato un po' di retroscena di modo che fosse comprensibile a tutti quanto lavoro e quale preparazione ci sia dietro alla maggior parte dei Tour. Non siamo tutti sul palco ad eseguire a macchinetta ciò che ci viene ordinato da un capo supremo; è solo che nella musica, come in ogni altra professione, ci sono momenti in cui l’organizzazione millimetrica rende tutto omogeneo e perfetto come deve essere.

A presto con l’episodio 2 dedicato alla microfonazione degli amplificatori.

Quaini on stage (o quasi) Ep.1/bis
concerti interviste michele quaini musica e lavoro palchi e strumentazione quaini on stage
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Questo intervento è forse più ...
di gibsonmaniac [user #21617]
commento del 19/08/2014 ore 13:23:39
Questo intervento è forse più chiarificatore dell'articolo a cui fa riferimento.

"E’ ovvio che il disco appena uscito dell’artista in questione non venga completamente stravolto. Mi sembra anche corretto nei confronti del pubblico e degli arrangiamenti che in teoria dovrebbero essere freschi di produzione."

"Il fatto che le parti vadano rispettate al 95% è fondamentale per la riuscita dello show ed è rispettoso per tutto il lavoro di pre-produzione che viene svolto dal direttore musicale, dal produttore e dai musicisti. Se un arpeggino di chitarra suona determinate note con determinate scansioni ritmiche con un certo suono probabilmente è perché si incastra perfettamente con la parte di piano o il charleston o la voce, nulla è lasciato al caso. Ci sono persone che hanno lavorato giornate intere per incastrare a modo tutto ciò che viene suonato."

Il senso della mia affermazione nel mio commento al precedente articolo era proprio questo, logico che i brani degli album passati vengano riarrangiati.

"L’interazione tra i musicisti e il feeling si creano durante le prove e durante l’allestimento. Intere settimane a suonare tutto il giorno i brani, dapprima curandone i singoli dettagli per poi occuparsi della globalità dello show. E poi, come ha suggerito Gianni, i musicisti si guardano, si divertono e interagiscono ugualmente dopo aver masticato un po' questo modo di stare sul palco."...per non parlare delle interazioni del dopo prove e del dopo concerto....al ristorante. (:-D)
Rispondi
questo è un bell'articolo.
di Baconevio [user #41610]
commento del 19/08/2014 ore 15:44:51
ottimo, mi hai dato spunti di riflessione interessanti a proposito della latenza.
tuttavia, l'idea di suonare con delle cuffie per tutto il tempo...argh!
Rispondi
Probabilmente...
di Repsol [user #30201]
commento del 19/08/2014 ore 21:12:26
questa bellissima analisi e spiegazione, conferma ancora una volta quanto sia più godibile per il musicista e per il pubblico l'interpretazione spontanea dei brani.
Bellissimo il pop con tutti i suoi arrangiamenti, il lavoro di produzione, le ore passate a perfezionare ogni attimo dello show in modo che tutto risulti perfetto.
Ma vuoi mettere le sensazioni di un sano e imperfetto concerto, dove tutte le imperfezioni vengono coperte dalla forza della musica, dal carisma dei musicisti, dal muro di suono, dalle vibrazioni allo stomaco, dalla tensione e la carica del palco...
Rispondi
bravo
di lollofunky [user #15563]
commento del 19/08/2014 ore 21:27:02
un bel articolo pieno di semplici verita' da parte di un serio professionista che lavora con la musica
Rispondi
Ottimo articolo ! Grazie ...
di Maudoc [user #38321]
commento del 20/08/2014 ore 12:02:44
Ottimo articolo !

Grazie Michele e grazie anche ad Accordo.
Rispondi
La differenza tra il lavoro e la passione.
di Lespo [user #18097]
commento del 20/08/2014 ore 17:11:26
Secondo me bisogna fare un po' di chiarezza su un punto fondamentale, Quaini svolge una professione, fa un lavoro, e per lavoro intendo tutto ciò che non si farebbe se non fosse salariato. Chiunque svolga un lavoro salariato va rispettato e messo nelle condizioni per svolgerlo al meglio e per quanta passione ci metta rimane quella cosa che nel mio dialetto di origine si chiama “a fatic” ed in quello di adozione “Travàgio” cioè travaglio......
Mi spiego meglio.
Andare alle prove una volta a settimana nella tua sala con le birrette, due volte al mese suonare in un Pub e d'estate fare 20 concerti non ha niente a che fare con il lavoro, quella è la passione. Una cosa nobilissima che di solito insieme al cibo ed al sesso danno senso alla vita.
Quaini (che non conosco e magari mi sbaglio) non è li a Brembate perché è amico del cantante che trasforma le A in UA, è li a lavorare, con passione e professionalità ma è li a Travagiàre.
Io di lavoro gestisco un piccolissimo albergo al fianco di un teatro, le maestranze degli spettacoli che sono in cartellone vengono da me a dormire e tutte le volte che ho a che fare con un “turnista” mi rendo conto che è un lavoro molto molto simile a tanti altri, dopo un po mi accorgo che nel raccontare le loro vite c'è pochissimo di romanticamente Rock and Roll. Sono persone che trascorrono lunghi periodi lontano da casa, moltissimi hanno casini familiari con figli che vedono poco, tolti quei 3 o 4 famosi (vedi Saturnino, Solieri, Schiavone) spesso sono pagati meno dei trasfertisti e tutti dico tutti hanno almeno un progetto parallelo col quale fanno quello che veramente gli piace.
La differenza fondamentale tra il loro lavoro ed un altro è la quantità di “amatori” che li circonda, questo può essere una cosa bella ma anche no. Per fare un esempio quando andiamo al bar a chiedere il caffè non stiamo tanto a sindacare sulla pressione della macchina, la macinature della miscela ecc.ecc. se lo facessimo al terzo “consigio/giudizio” il barista ci farebbe segno di levarci di torno o pensate a tutti gli appassionati di treni ed ai ferrovieri, nessuno si sognerebbe di andare dal capotreno a dire “eh ma quel vagone dopo quella locomotiva.......”
Eppure noi tutti ci sentono in dovere di dover dire qualcosa sull' in ear monitor o la spia o la DI.
Il pop è un prodotto e come tale va trattato, non a caso si chiama “industria” discografica, senza volergli dare una valenza negativa, è un dato di fatto. Ci sono le indagini di mercato, i competitors, i briefing di progetto ecc.ecc. Tutto è atto alla semplicità, vendibilità, alla fruibilità del prodotto. Che poi in tutto questo ci possa scappare talvolta l'opera d'arte è un altro discorso.
Rispondi
Re: La differenza tra il lavoro e la passione.
di yasodanandana [user #699]
commento del 20/08/2014 ore 17:21:39
l'arte e', in effetti, un lavoro .. e non e' detto che non sia arte anche la parte "commerciale"..
Rispondi
Re: La differenza tra il lavoro e la passione.
di mattconfusion [user #13306]
commento del 29/08/2014 ore 09:23:40
assolutissimamente d'accordo. E secondo me questi articoli ti fanno anche un po' aprire gli occhi su questo mondo musicale (o dello spettacolo se vogliamo generalizzare) che in tanti amiamo tanto. Sarebbe bello vivere di musica? Si bellissimo, se potessi, se fossi bravo, diciamo tutti così. Ma cosa comporta davvero? Al di là del talento, dello studio, della passione, cosa comporta questo lavoro? Comunque grande serie di articoli, speriamo continuino.
Rispondi
Molto interessante.
di gigswiss [user #35314]
commento del 21/08/2014 ore 18:58:10
Queste riflessioni che Quaini condivide con noi sono interessanti. Apprezzo molto i racconti dei professionisti; mi permettono di capire meglio come si svolgono le cose negli studi e sui palchi. Tanti meccanismi magari sono simili alle piccole realtà di chi come me vive la chitarra amatorialmente ma il più delle volte ci sono delle cose che magari si intuiscono non riuscendo però ad inquadrarle perfettamente.
Mi è capitato spesso di assistere a concerti pop e la curiosità più grande è sempre stata quella sulla gestione della sincronizzazione dei musicisti specialmente su palchi enormi. Questo articolo contribuisce a chiarirmi le idee.
Rispondi
BELLO!!
di binip [user #19289]
commento del 25/08/2014 ore 16:15:58
Non avevo seguito la prima parte, quindi non conosco esattamente il retroscena, pur comprendendone in grandi linee il senso.

Tuttavia mi è venuto voglia di intevenire per ringraziare Michele Quaini; ho trovato questo commento molto istruttivo e formativo. Non tanto per le spiegazioni tecniche che ha deciso di condividere, ma per il modo semplice ed aducato con cui l'ha fatto.

E' proporio vero che l'umiltà e l'educazione sono più evidenti nelle persone più preparate!!

Per il resto, pur con i dovuti distinguo, trovo che potrebbe essere più diffusa la volontà di comprendere il punto di vista degli altri. Invece osservo che la tendenza prevalente sia imporre sempre e comunque la propria convinzione. Non mi riferisco alla comunity di Accordo in maniera specifica ovviamente, anche se qui c'è una discreta rappresetnazione di quanto sopra.

Nel caso specifico ho trovato molto interessante conoscere le necessità di un approccio professionale ad una produzione pop di alto livello, tra l'altro ben argomentate da un ottimo professionista; mi sono invece sembrati del tutto irrilevanti i commenti che esprimono un non ben specificato rammarico per la mancanza di un approccio più 'sanguigno' o 'rock' da parte di persone che non è chiaro se abbiano mai dovuto confrontarsi con situazioni professionali.

Comunque grazie Michele per tutti i contributi che ci dai.

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