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Fino a che punto può considerarsi made in Italy?
Fino a che punto può considerarsi made in Italy?
di [user #17844] - pubblicato il

È bello pensare che un prodotto made in Italy sia interamente costituito da componenti fatti in Italia. Ma ciò è sempre possibile? Fino a che punto è lecito considerare genuino un prodotto con parti provenienti dall'estero? Lo abbiamo chiesto ai portabandiera del made in Italy.
È bello pensare che un prodotto made in Italy sia interamente costituito da componenti fatti in Italia. Ma ciò è sempre possibile? Fino a che punto è lecito considerare genuino un prodotto con parti provenienti dall'estero? Lo abbiamo chiesto ai portabandiera del made in Italy.

La globalizzazione ha abbattuto le frontiere del mercato nazionale, la progressiva e continua specializzazione dei produttori ha fatto sì che oggi risulti impossibile costruire qualcosa senza ricorrere a pezzi di terze parti. Per alcune di queste ci si può rivolgere a dei grandi nomi italiani, per altre sembra necessario rivolgersi all'estero, talvolta alla diretta concorrenza. Ma fino a che punto il lavoro dell'artigiano può fondersi con la collaborazione di grandi fabbriche estere conservando ancora il suo status di "made in Italy"?
Dalla resistenza ai jack, dallo sbroglio e la stampa del PCB allo chassis, quanto è possibile restare entro i confini nazionali per costruire un pedale o un amplificatore? Abbiamo chiesto il parere di tre fra i maggiori marchi di riferimento nel panorama italiano che, su fornitori di componentistica e circuiti stampati hi-tech, sanno il fatto loro.

Costantino Amici di CostaLab: Succedeva già tanti anni fa quando ci fu l’avvento delle prime televisioni a colori. Comperavi un Philips, per esempio, ma aprendo il coperchio posteriore spesso si trovavano componenti di altre marche, spesso di marchi concorrenti, a volte di marchi che potremmo definire “generici” dato che non producevano direttamente elettrodomestici di alcun genere.
La fabbricazione della componentistica è sempre stata dislocata in varie parti del pianeta distribuita in molte aziende specializzate. La specializzazione e la produzione in quantità industriale sono le caratteristiche che rendono un componente accessibile al consumo di massa, sia per le quantità necessarie sia per il prezzo, che deve rimanere contenuto. Tutti al mondo, come spiegavo, ricorrono continuamente a parti acquistate presso altri fabbricanti per assemblare un loro prodotto.
Venendo ai pedali, le aziende che producono particolari utili alla fabbricazione dell’effettistica formato stompbox in Italia ce ne sono poche.
Da noi resistono alle difficoltà economiche alcune aziende che producono hardware quali jack, switch, manopole. Abbiamo inoltre degli ottimi impianti per la fabbricazione delle lamiere o per la verniciatura. Fiore all’occhiello, ma non utile per i pedali, la fabbricazione degli eccellenti altoparlanti Jensen che nascono nel nostro stivale.
Inoltre esistono ancora molte fabbriche che realizzano i circuiti stampati.
Per quello che mi riguarda, tutta la nuova linea di produzione, più la SmartLab e i nuovi pedali che a breve presenterò al pubblico, sono stati realizzati sfruttando queste risorse nazionali. Onestamente però, non mi sento di dire che un prodotto fatto con componenti acquistati all’estero (cose che faccio anche io regolarmente) non sia italiano, se italiano è il costruttore ma sopratutto l’idea che ha permesso di realizzarlo.
Faccio un ultimo esempio per concludere: in Italia non produciamo moltissima energia elettrica e per soddisfare le nostre esigenze la acquistiamo in Francia. Non per questo però penso che ci sia qualcuno che si senta meno italiano quando accende un elettrodomestico o il suo computer.

Fino a che punto può considerarsi made in Italy?

Chicco Bellini di Gurus: La prima cosa su cui terrei a portare l'attenzione è che un amplificatore è un macchinario pericoloso. Ci sono tensioni dell'ordine dei 500Volt all'interno e per varie ragioni (usura, età, imperizia, sbagli) possono finire nelle corde della chitarra e uccidere una persona. Quindi occhio con il fai da te o l'approssimazione.
Quando si produce un dispositivo come un ampli per chitarra, occorre necessariamente dotarlo di marcatura CE e, facendolo, si assumono tutte le responsabilità civili e penali che questo comporta, ovvero dichiarare che il proprio prodotto soddisfa i criteri di sicurezza richiesti dalle numerose e spesso ahimè non tanto rispettate normative.
Perché dico questo? Perché credo che il "caso Vertex" sia un po' la punta dell'iceberg. Finché ci si limita a pedali e altri device in cui non sia in gioco la sicurezza va tutto bene, ma ritengo sia da stroncare sul nascere una tendenza che potrebbe (se non l'ha già fatto) invogliare qualcuno a spingersi in territori davvero rischiosi nel nome del mero profitto.
Fatta questa doverosa premessa, ovviamente molte parti di un amplificatore sono soggette a normative, molto stringenti e diverse fra loro, ecco perché nessuno si fa, che so, i trasformatori o le PCB in casa per fare prodotti non artigianali e che vadano immessi su diversi mercati anche esteri, quindi direi che per prima cosa occorre distinguere prodotti industriali da prodotti artigianali non nella loro apparente accezione negativa, ma prettamente numerica.
In casa Gurus, Guglielmo Cicognani progetta e realizza i suoi prodotti da oltre vent'anni. Ha esperienza di mastering PCB e industrializzazione a diversi livelli, avendo fatto esperienze con aziende internazionali e molto strutturate, quindi noi progettiamo tutto internamente, le PCB sono tutte sbrogliate a mano da Guglielmo con pazienza e notti insonni davanti allo schermo e al suo fido CAD per ottenere le massime prestazioni e soddisfare tutte le caratteristiche che le normative impongono.
Non immagini quanti amplificatori anche di grandi nomi abbiano particolari non rispondenti alle normative. Dagli zoccoli delle valvole, alle aperture delle griglie frontali, la gestione dell'alimentazione, dei punti di messa a terra, dettagli delle PCB etc. e questa tendenza è ancor più accentuata quando si parla di piccoli produttori artigianali che non le rispettano per non conoscenza, per imperizia o per superficialità.
Tornando a noi, la componentistica è scelta fra la migliore sul mercato, e dove il mercato non ci soddisfa, costruiamo da soli i nostri componenti, sempre dove le normative lo permettono.
Grazie a Dio, oggi solo le valvole ti portano giocoforza a rivolgerti all'oriente, ma anche lì si tratta sempre di vedere a che livello di compromesso si vuole scendere. Noi acquistiamo direttamente o in Cina o in Russia (gli unici due posti dove oggi vengono prodotte) da produttori (non selezionatori) e facciamo noi i test e la selezione, ciò ci assicura il miglior risultato possibile.
Per gli altri particolari, ci rivolgiamo ad aziende specializzate facenti parte del nostro comprensorio o della nostra cerchia di conoscenze e possiamo vantare collaborazioni con primarie aziende del settore corse come Superbike e Formula 1 per quanto riguarda il design e lo sviluppo di alcuni particolari come gli chassis (non utilizziamo enclosures commerciali né per gli ampli né per i pedali) o che so, le manopole dei nostri device, che non sono reperibili sul mercato, ma realizzate in Italia e fresate da un blocco pieno di alluminio aeronautico.
Non credo sia fondamentale, per ritenere un nostro prodotto un "prodotto nostro" (scusa il gioco di parole), che sia realizzato totalmente al 100% da noi o nel nostro stabilimento. Quando ci sono motivazioni che per questioni di sicurezza, normative, costi o altre buone ragioni debbano coinvolgere altre aziende, penso ai trasformatori, occorrono macchinari, esperienza, materie prime o agli chassis piuttosto che le PCB. Certo, noi riteniamo un valore aggiunto per questioni nostre, non solo d'immagine, rivolgerci ad aziende italiane, anzi, oserei dire romagnole perché a parte uno o due fornitori, i nostri ampli vengono davvero forgiati in un territorio davvero ristretto ai confini romagnoli. Questo ci permette un alto livello di monitoring sulla produzione, l'ottimizzazione dei tempi, la logistica e il rapporto umano con un altro artigiano come te, che mette passione nel lavoro che fa, e ti consegna con orgoglio il frutto del proprio lavoro che sa che contribuirà a rendere un capolavoro l'oggetto finale che noi assembleremo.
Non è per noi pensabile oggi riunire sotto lo stesso tetto tutti i macchinari necessari a svolgere tutte le lavorazioni di cui necessita un nostro amplificatore, né avere le competenze necessarie per ogni singolo processo, ma possiamo certamente ottenere un prodotto composto da tutti particolari pensati, progettati e disegnati da noi perché facenti parte di un'idea nostra. Ovviamente parlo di particolari tecnici e non di idee, suono o cose del genere. Va da sé e credo non ci sia bisogno di ribadire la totale originalità dei prodotti fatti da Guglielmo che è stato ampiamente apprezzato nel mondo in questi anni e coinvolto da grandissimi nomi nella progettazione di particolari di cui tanti oggi beneficiano. È sempre stato un innovatore, ha fatto cose prima di tutti e che oggi fanno tutti, quindi ci tengo a dire che siamo un'azienda sì, ma con un carattere e un'anima fortemente artigianale anche se rivolta a più mercati e quindi giocoforza usciamo dalle logiche del piccolo artigiano.

Fino a che punto può considerarsi made in Italy?

Guido Michetti Vinteck: Lavorando nel campo dell’elettronica è ormai impensabile poter reperire materie prime made in Italy. Stiamo naturalmente parlando della componentistica pura, quindi integrati, resistenze, condensatori, che sono prodotti ormai esclusivamente in oriente.
Invece per quanto riguarda i componenti più meccanici, quindi pulsanti, prese jack e anche relè, ci sono fornitori italiani che realizzano prodotti di alto livello qualitativo, presso i quali mi fornisco. È vero che costano qualche cosa in più, ma tra intermediari commerciali e importazione la differenza diventa risibile. Inoltre il rapporto diretto con il fornitore è essenziale per il mantenimento della qualità unito alla possibilità di realizzazione prodotti mirati, che aiutano a risolvere problemi progettuali. Ultimo particolare: se mi arriva una partitati difettosa è possibile ottenere per lo meno un cambio merce, cosa che con i fornitori orientali è al limite dell’impossibile.
Tutto il resto del materiale che compone i miei prodotti, quindi lamiere dei contenitori, verniciatura e serigrafia è rigorosamente made in Italy.
E, naturalmente, assemblaggio e collaudo è rigorosamente realizzato in casa.
Quindi si può dire che il prodotto è made in Italy, a eccezione della componentistica pura. Di più non è realmente fattibile.

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