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La frequenza di campionamento
La frequenza di campionamento
di [user #33262] - pubblicato il

Inizia qui una serie di articoli che tratterà di argomenti non semplici, specialmente perché poco “tangibili” e con molte implicazioni teoriche complesse. Come al solito, faremo del nostro meglio per riuscire a semplificare il tutto al massimo. E' la logica di base che ci interessa condividere, piuttosto che soffermarci troppo e in maniera troppo approfondita su dettagli certamente importanti, ma poco proficui.
Inizia qui una serie di articoli che tratterà di argomenti non semplici, specialmente perché poco “tangibili” e con molte implicazioni teoriche complesse. Come al solito, faremo del nostro meglio per riuscire a semplificare il tutto al massimo. E' la logica di base che ci interessa condividere, piuttosto che soffermarci troppo e in maniera troppo approfondita su dettagli certamente importanti, ma poco proficui.

Come abbiamo appreso di recente, digitalizzare un segnale analogico, che per definizione è un segnale continuo, significa memorizzarlo sotto forma di una serie di valori discreti (limitati) che lo rappresentino nella maniera più fedele possibile e consentano successivamente di ri-trasformarlo in un segnale analogico senza che si verifichino (o si limitino al massimo) perdite di informazioni rispetto al segnale originale.

Lo schema semplificato del convertitore AD con cui abbiamo concluso il “prologo” a questa serie di articoli lascia intuire come, nel processo di digitalizzazione di un’onda, sarà necessario decidere, tra le altre cose, quante “fotografie” (quanti campioni o samples) dovremo scattare a quest’onda in un dato intervallo di tempo e, allo stesso tempo, stabilire quanti e quali saranno i valori a disposizione della macchina da attribuire ai vari samples prelevati.

A riprova di questo, per chi di voi è pratico di software di registrazione digitale (Pro Tools, Cubase, Logic, ecc.), quando create una nuova sessione, più o meno tutti vi impongono un paio di decisioni importanti per la gestione del vostro progetto:
  • quale sarà la frequenza di campionamento del vostro lavoro (etichettata come “Sample rate” ed espressa in Hz);
  • quale sarà la risoluzione (spesso etichettata come “Resolution” o “Bit Depth”, espressa in numero di bit e solitamente limitata a 16 o 24 bit, anche se di recente è apparsa la possibilità di sfruttare una risoluzione a 32 bit), ovvero il numero di valori attribuibili da parte del convertitore a ciascun campione che è stato prelevato.
Sono, come dicevamo, argomenti ben complessi che occorrerà sviscerare bene. Calma quindi e non facciamoci prendere dal panico! Procediamo con ordine e partiamo dalla frequenza di campionamento, definita come il numero di volte al secondo in cui il nostro convertitore AD andrà a misurare il segnale elettrico a esso posto in ingresso: si misura in Herz (Hz).

Ovviamente, maggiore il numero delle “fotografie” che scattiamo al nostro segnale elettrico in un secondo, maggiore sarà la sua fedeltà all’onda sonora “originale”. Nel contempo, ovviamente, al nostro convertitore sarà richiesto il dispendio di un numero maggiore di “energie” (maggior velocità di elaborazione delle informazioni, maggior spazio di archiviazione, ecc.) che si traduce quindi in una diversa qualità della componentistica e, ovviamente, in un maggiore costo.

La frequenza di campionamento

A sinistra un’onda analogica (una sinusoide) nel dominio tempo/ampiezza e un’immagine della “Notte Stellata” di Vincent Van Gogh che, per i nostri scopi didattici, fingiamo essere ad altissima risoluzione. A destra, una veloce ricostruzione della stessa onda analogica campionata e la stessa fotografia riprodotta con un numero di pixel nettamente inferiore.

Beh, fosse tutto così semplice però non ci sarebbe neanche un po’ di divertimento. Torniamo allo schema del convertitore AD in calce all’articolo precedente. Avrete certamente notato che il primo blocco che attraversa il nostro segnale è il cosiddetto “Filtro anti-alias”, niente meno che un filtro passa basso.

Coooooooooooosaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!? Vogliamo fedelmente riprodurre il nostro segnale nel dominio digitale e la prima cosa che facciamo è farlo passare attraverso un filtro per modificarne la componente in frequenza (eliminare tutte le componenti al di sopra di una certa frequenza)?

Ebbeni si, cari miei…tocca condividere un minimo (ma giuro, proprio un minimo) di teoria dei segnali per raccontarvi un po’ del "Teorema del campionamento di Nyquist-Shannon" (per i “feticisti” – senza offesa, ovviamente... ne faccio parte anche io – della trattazione matematica, date pure un occhio alla relativa pagina di Wikipedia dove trovate un bell’approfondimento), in base al quale, per campionare un segnale analogico senza perdita di informazioni (ovvero, per essere in grado di re-immetterlo – effettuarne quindi la conversione DA – nel dominio analogico senza “notevoli” differenze rispetto al segnale originale) è necessario che il numero di campioni prelevati al secondo (la frequenza di campionamento) sia almeno doppio rispetto alla frequenza massima presente nel segnale da campionare, pena quindi l’introduzione nel segnale digitale di frequenze inesistenti nel segnale analogico originale (le cosiddette – e da qui il nome del filtro – frequenze di alias).
Il fenomeno dell’aliasing accade perché non abbiamo samples sufficienti a descrivere l’andamento delle frequenze più alte, che quindi vengono tradotte nel segnale digitale come frequenze più basse, sebbene inesistenti nel segnale originale. Vedete questa bella immaginetta tratta sempre dalla onnisciente Wikipedia.  In rosso la sinusoide campionata a intervalli non sufficienti a ricostruirla, e in blu la frequenza di alias (più bassa) che origina dai punti che abbiamo prelevato.

La frequenza di campionamento

Come già sappiamo, l’orecchio umano è sensibile, al massimo (in età giovane e in stato di buona salute uditiva), a frequenze attorno ai 20 KHz; a rigor di teoria, il nostro filtro anti-alias dovrebbe essere impostato a 40.000 Hz e quella dovrebbe essere la nostra frequenza di campionamento ma, essendo praticamente impossibile costruire in analogico un filtro con pendenza tanto netta, si opta quindi per un filtro con pendenza meno pronunciata e che quindi lascia nel segnale da campionare frequenze leggermente più alte dei 20.000 Hz (che noi non sentiamo, ma ci sono), campionando a una frequenza leggermente maggiore. La minima frequenza di campionamento che viene utilizzata è quindi pari a 44.100 campioni al secondo.

Ovviamente, lo sviluppo tecnologico e, nondimeno, l’opinione ed esperienza di molti addetti ai lavori (che personalmente, molto modestamente condivido) hanno comunque portato alla consapevolezza che, posto il limite minimo di 44.100 Hz (vedremo più avanti, è la frequenza di campionamento dei file che compongono un CD audio), campionare a frequenze maggiori porta certamente a risultati migliori sia dal punto di vista della manipolazione del segnale (il passaggio attraverso un plug-in, la somma di due o più segnali all’interno di una DAW, ecc.) sia dal punto di vista dell’ascolto.

In seguito torneremo sull’argomento, lo svilupperemo ulteriormente e cominceremo a capire la logica con cui il convertitore va ad attribuire un valore in “linguaggio macchina” ai vari samples prelevati in fase di campionamento.

A presto!
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Tutto giusto. Vorrei solo fare ...
di fenderpassion61 [user #13902]
commento del 01/05/2015 ore 17:33:53
Tutto giusto. Vorrei solo fare una precisazione sul teorema di Nyquist-Shannon. La frequenza di campionamento doppia del segnale da campionare è la condizione MINIMA per non ottenere degli alias del segnale campionato. Per ottenere un segnale fedele all'originale, bisogna utilizzare svariati multipli.
Il caso limite di alias è quando si campionano i nodi di una sinusoide in corrispondenza dell'asse delle x con conseguente segnale nullo in uscita.
Rispondi
Ulteriore precisazione
di oscar1965 [user #19484]
commento del 01/05/2015 ore 19:17:5
Se mi ricordo bene (e una veloce lettura di Wikipedia mi sembra che lo confermi) il teorema del campionamento vale solo se non applichiamo risoluzione (16 o 20 o 24 bit), ma lasciamo i valori reali: solo in questo caso il teorema garantisce che non si perdono informazioni campionando (e in teoria la conversione DA riuscirebbe poi a ricostruire il segnale originale). Se oltre a campionare discretizzo i valori (appunto a 16 o 24 o anche 32 bit) perdo cmq informazioni, e la conversione DA non riuscira' mai a ricostruire il segnale originale.
Rispondi
Re: Ulteriore precisazione
di fenderpassion61 [user #13902]
commento del 02/05/2015 ore 11:16:02
Il campionamento è di per se una informazione incompleta, pertanto quello che dici è sbagliato. Se ci fosse il segnale completo saresti come in campo analogico e non vedo l'utilità di usare il campionatore. Il teorema di N&S riguarda solo la frequenza di campionamento e non la precisione del campione preso che è determinata dal numero di bit.
Quello che limita i dispositivi digitali spesso è l'hardware che in macchine da poche centinaia di euro fa già miracoli.
Rispondi
Re: Ulteriore precisazione
di oscar1965 [user #19484]
commento del 03/05/2015 ore 18:11:57
Mi riferivo proprio alla parte dell'articolo in cui si cita il teorema, che appunto vale principalmente in campo analogico. Forse non mi sono spiegato bene: per me campionare, in questo ambito, significa prendere un campione e usare il valore così' come', senza discretizzarlo / digitalizzarlo (cioè' senza imporgli una risoluzione a 16 o 24 bit). In questo contesto si applica il teorema, che garantisce che (a determinate condizioni, tra cui la fatidica frequenza di campionamento minima) in teoria riesci a ricostruire il segnale originario dai campioni (in ambito analogico il teorema ha avuto molta utilità', la parte di circuito elettrico che lo realizza se ricordo bene si chiama proprio "campionatore"). Per te invece, se ho capito bene, campionare significa sia prendere il campione sia discretizzarlo per usarlo in ambito digitale, cioè' imporgli una risoluzione a 16 o 24 bit (in pratica quanto viene fatto da un convertitore AD), che appunto, come volevo fare notare, e come tu ribadisci, implica l'impossibilita' di ricostruire il segnale originario. Alla fine mi sa che stiamo dicendo le stesse cose, spero di avere fatto chiarezza. Il mio intento era il seguente: in innumerevoli discussioni in Internet si cita come esempio di "non degrado" del segnale digitale a partire dal segnale originario il fatidico teorema con la fatidica frequenza di campionamento, ma lo si fa a torto, dimenticandosi che la successiva discretizzazzione / digitalizzazione a 16 o 24 o anche 32 bit in realtà' degrada il segnale (mi riferisco alle epiche discussioni sulla comparazione di CD e vinile, per esempio).
Rispondi
Re: Ulteriore precisazione
di oscar1965 [user #19484]
commento del 03/05/2015 ore 18:17:17
In effetti nel mio primo intervento invece che dire "convertitore DA" avrei dovuto dire "conversione da campioni a segnale continuo, in campo analogico"; mea culpa,
Rispondi
Re: Ulteriore precisazione
di fenderpassion61 [user #13902]
commento del 03/05/2015 ore 19:26:06
Non mi tornano i conti...
Se prendi un punto di un onda nel campo digitale non riuscirai MAI ad aver quel punto con precisione assoluta. Quest'ultima si ha con un numero di bit infinito che è impossibile da implementare. Con un numero definito di bit avrai sempre un valore che si avvicina al punto da campionare ma non lo rappresenta. Si chiama errore di quantizzazione. La quantizzazione riguarda l'asse delle y perchè quello delle x viene interessato dalla frequenza di campionamento.
Rispondi
Re: Ulteriore precisazione
di oscar1965 [user #19484]
commento del 03/05/2015 ore 20:15:17
Stiamo dicendo la stessa cosa. Finche' si resta in ambito analogico (cioe' infiniti valori sull'asse y) puoi campionare senza perdere informazioni, se sono rispettate le condizioni del teorema N&S. La mia ulteriore precisazione voleva infatizzare che spesso ci si dimentica di dire che, se oltre a campionare si digitalizza (cioe' se sull'asse y ci sono per es. "solo" 4 milioni di valori possibili, a 24 bit, e non infiniti), si perdono informazioni. Adesso pero' basta, mi metto in standby fino al prossimo articolo
Rispondi
Re: Ulteriore precisazione
di fenderpassion61 [user #13902]
commento del 03/05/2015 ore 20:44:57
Adesso mi tornano...
Però se si parla di digitale è digitale...e si campiona. Altrimenti è analogico.
Rispondi
Re: Ulteriore precisazione
di oscar1965 [user #19484]
commento del 03/05/2015 ore 21:08:31
Tu sei uno dei pochi che lo sa. Per il resto del mondo, se leggono che avere il filtro anti-alias gli permette di avere tutto lo spettro di frequenze del segnale originale (fino a quella del filtro), non capiscono che questa affermazione e' vera se resti in ambito analogico (cioe' campioni soltanto) ma non e' piu' vera se digitalizzi (cioe' campioni e poi discretizzi il segnale a N bit), perche' in tal caso il segnale digitale ha perso delle frequenze rispetto all'originale, intendo frequenze inferiori al filtro anti-alias. Che poi per N elevato queste perdite siano minime, ok, e che cmq sono simili a quelle che un circuito campionatore reale (con tolleranze, non linearita ecc) analogico avrebbe di per se', ok, ma sarebbe corretto precisarlo
Rispondi
Re: Ulteriore precisazione
di fenderpassion61 [user #13902]
commento del 03/05/2015 ore 22:02:48
Per capire il campionamento digitale bisogna aver studiato le trasformate di Fourier, punto. Se non le sai, anche solo concettualmente, non ci capisci un tubo.
Alla fine è bello sapere anche queste cose ma poi è il nostro orecchio l'ultimo giudice.
Rispondi
Re: Ulteriore precisazione
di oscar1965 [user #19484]
commento del 03/05/2015 ore 23:13:06
Purtroppo conosco le FT e anche le FFT. Invece mi ero dimenticato del dithering: dunque quanto scritto sopra da me e' inesatto, mi correggo. Se oltre a campionare, poi digitalizzi /discretizzi i campioni a una risoluzione di N-bit, la perdita di informazione causata da questa digitalizzazione introduce "rumore/distorsione", cioè' in realtà' introduci sia rumore sia frequenze ulteriori (più' alte) rispetto a quelle presenti nel segnale originario. Io avevo scritto che la perdita di informazione causata dalla digitalizzazione a N-bit implicava una ulteriore perdita di frequenza, ma non e' corretto. Implica rumore e non linearità' (distorsione), non presenti in origine. Per ovviare al rumore (artificioso) l'unica maniera e' ampliare la risoluzione (questo me lo ricordavo: il rapporto tra il rumore causato dalla digitalizzazione e il massimo segnale e' proporzionale a N, cioè' quanto più' N aumenta tanto più' migliora il rapporto segnale e rumore, parlando sempre di questo artificioso, non quello presente nel segnale originale). Per ovviare alle non linearità' causate dalla digitalizzazione, si applica il dithering, cioè' una modifica casuale del segnale. Come avrai notato, io continuo a tenere separati il campionamento (che e' nato negli anni 50 ed e' stato usato in telefonia o cmq per trasmissioni / processamento sincrono in tempo reale analogico) da campionamento+digitalizzazione a Nbit, che e' arrivato molto dopo quando e' nata l'esigenza di mantenere in maniera asincrona permanente su computer i valori campionati (e per risparmiare spazio disco invece che mantenere i campioni in virgola mobile con la massima precisione, si e' scelto di discretizzarli)
Rispondi
Commenti audio
di Claes [user #29011]
commento del 02/05/2015 ore 13:16:40
Sono partito dai primi samplers. Quelli a prezzi abbordabili!!!

Ensoniq Mirage 8-bit: per certe cose, il 8-bit è vantaggioso. Batteria e basso. Il sound lo-fi da grinta piazza bene queste cose nel mix. Per la batteria è possibile avere un sacco di suoni in contemporanea - un suono su ogni tasto e sono ovviamente cortissimi in questo caso.

Poi pure un Emax 12-bit che ha molti controlli per modificare un suono, e come un bonus, un arpeggiatore!

Lo studio della Mega Records sono passati al Fairlight - costosissimo - e mi hanno regalato il loro S1000 KB (la versione con keyboard che pesa una tonellata!). Siamo arrivati al 16-bit - hifi! È quello che ha eccelso per brevi interventi di voce su dischi a non finire.

Vale per tutti che il segnale è campionato da una fonte analogica e riprodotta in digitale. Ed è per questo che c'entra nel discorso generale dell'articolo.

Questa è la domanda tecnica: è possibile avere differenze di bits da una pista all'altra su un sistema multitraccia?
Rispondi
Re: Commenti audio
di luke_pathwaves [user #33262]
commento del 02/05/2015 ore 21:10:45
Ciao Claes, grazie mille! Che percoso interessante!!! Non perderti, per prima cosa, i prossimi articoli perchè ci occuperemo anche di risoluzione dei file...mi raccomando! ;-P Quanto alla tua domanda, la risposta è certamente SI...né Pro Tools, né Logic, con cui lavoro abitualmente, impongono che tutti i file audio inclusi nella sessione abbiano la stessa risoluzione (quindi, addirittura, non è nemmeno una questione di piste, sulla stessa potresti avere addirittura clip con caratteristiche diverse...); direi, a logica, questo sia perchè comunque il loro motore interno lavora a risoluzione più elevata...ovviamente la risoluzione definita tra le proprietà del progetto riguarda i nuovi file che verranno registrati ex-novo all'interno di PT o Logic, o altro...diverso il discorso della frequenza di campionamento, questa deve essere identica (ed infatti in fase di importazione - se diversa da quella della sessione - entrambi ti impongono di convertirla), altrimenti il file sarebbe riprodotto in maniera errata.
Rispondi
Re: Commenti audio
di Claes [user #29011]
commento del 03/05/2015 ore 09:43:25
Non ti preoccupare - seguirò assiduamente l'articolo e quelli futuri :) !!! E per voialtri Accordiani tutto questo è un prezioso aiuto per meglio capire il vostro computer lavorando su multitraccia. Spero di avere capito bene:

Registro ex-novo, A me va bene una conversione sia a monte che a valle. La frequenza di campionamente sarà la stessa per tutte le piste del multitraccia (avendo il giusto software per il sequencer).
Rispondi
tutto vero ma...
di adsl36 utente non più registrato
commento del 09/05/2015 ore 12:09:30
...mi sento di aggiungere una cosa che praticamente mai nessuno dice. campionando il segnale a frequenze più elevate dei "classici" 44,100Khz, sicuramente si migliora la qualità audio ma rimane un fatto puramente strumentale. purtroppo i limiti fisici dell'orecchio umano non consentono di cogliere moltissimi di questi miglioramenti...inoltre a livello di ascolto pratico, intendo. bisogna avere un sistema di riproduzione adatto a quelle frequenze, altrimenti il discorso decade...lo stesso accade in campo video con i nuovi TV 4K UltraHD, 4 volte più definiti del fullHD. infatti, e questo si astengono dal precisarlo i produttori, per riprodurre un video 4K devi avere una sorgente a 4K, che sia un'emittente che trasmette in quel formato o un supporto con video a tale risoluzione altrimenti hai un 4K che alla fine ti riproduce al max un fullHD, perchè tale è il massimo formato in giro sui supporti o che viene trasmesso da pochissime emittenti. non solo, perchè l'occhio umano, oltre un certo limite, non riesce a distinguere la differenza tra un blu-ray fullHD e uno a 4K (che dovrebbero uscire entro quest'anno), perchè i pixel sono così vicini che l'occhio si ferma al suo limite fisico naturale nell'osservarli, oltre non può andare! quindi, a cosa serve avere una scheda audio, ad esempio, che mi campiona un segnale a 96Khz se poi il mio orecchio si ferma al massimo a 44,100 o poco più?
Rispondi
Re: tutto vero ma...
di luke_pathwaves [user #33262]
commento del 10/05/2015 ore 08:57:32
Ciao adsl36, grazie mille per il tuo commento! Cerco di darti il mio parere in maniera “articolatamente sintetica” nel senso che ci vorrebbero una bella ventina di pagine per argomentare tutto in maniera completa...ci provo con una piccola correzione (senza offesa ;-P credo tra l’altro si tratti solo di un lapsus, nel senso che il concetto che esprimi è ovviamente chiaro...), una mia opinione sull’aspetto “sensoriale” ed uno un po’ più tecnico.

La correzione: occhio che la frequenza di campionamento non influisce sulla frequenza più alta che il tuo orecchio è in grado di sentire...l’orecchio umano arriva fino a (massimo) 20.000 Hz (che con l’età scendono di molto per motivi fisiologici), quindi qualsiasi sia la FQ che impostiamo, questo non influisce. Influisce sulla maggior fedeltà con cui andiamo a “rappresentare sull’asse X” l’andamento della nostra onda.

Mia opinione dal punto di vista “sensoriale”: sono “romanticamente” ma fermamente convinto che la gente possa essere educata ad un’ascolto qualitativamente migliore. Non credo sia solo per mia “deformazione”, sono fermamente convinto la differenza si senta. È chiaro però (e qui ci vorrebbero 18 delle venti pagine di cui sopra) che la musica in quanto bene di consumo – leggi ad esempio lo streaming – necessiti di dimensioni dei file ridotte e quindi qualità inferiore; ed anche a me capita di mettermi sotto la doccia ed ascoltarmi qualcosa da Spotify sul mio fido iPad...però sto facendo una cosa diversa...se devo ascoltare musica, cerco di mettermi nelle condizioni migliori possibili.

Opinione “tecnica”: è indubbio, indipendentemente dal formato di ascolto finale, che a maggior FQ corrisponde una miglior e più fedele acquisizione della clip audio...che il mix sia “in the box” o meno, questo vuol dire una gestione migliore delle somme, audio di qualità migliore dato in pasto ai nostri plugin...pensa ad un riverbero, maggiore la qualità dell’origine, infinitamente migliori saranno i dettagli che questo saprà calcolare e riprodurre. Poi è vero che per mettere su CD si passerà a 44.100, ma passare a 44.100 da una definizione maggiore porta a risultati diversi, proprio perché è maggiore il dettaglio presente nel file da convertire. Cosa ne pensi?

Grazie ed a presto!
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Re: tutto vero ma...
di adsl36 utente non più registrato
commento del 10/05/2015 ore 11:02:50
ciao e grazie per le tue opinioni. non ho precisato bene. so, infatti, il discorso sulla frequenza di campionamento che specifichi... intendevo dire semplicemente che l'orecchio umano, così come la vista di cui portavo l'esempio parallelo, ha un suo limite naturale di percezione, stabilito dalla natura. sicuramente varia da individuo a individuo ma, in linea di massima, oltre un certo grado di ascolto qualitativo non può andare perchè dopo quel limite non riuscirà più a distinguere i miglioramenti che ci saranno...più che altro il discorso è orientato ai bit e non ai Khz, visto che la risoluzione vera e propria per non sentire i "gradini" tipici del digitale dipendono proprio da quelli. in definitiva, se il mio orecchio percepirà come suo limite massimo di qualità un segnale ad esempio a 32 bit, se lo porto a 64, semmai si potrà fare più in là nel tempo, il salto di qualità non sarà più apprezzato dalle mie orecchie, proprio per quel limite citato, proprio come succede coi nuovi tv 4K...in sintesi era questo che volevo dire.
Rispondi
Domanda 96 kHz
di Claes [user #29011]
commento del 10/05/2015 ore 09:27:36
Da più definizione di timbro sulle note basse?
Rispondi
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