Capita spesso sui blog o sui forum di leggere utenti letteralmente spaesati o combattuti nella scelta di un altoparlante per il loro amplificatore, che quindi chiedono ora di questo, ora di quello per poter prendere una decisione (si spera soddisfacente e definitiva).
In effetti il cono determina molto, moltissimo il sound globale che fuoriesce dal sistema, tanto che persino il voicing dell'ampli ne può essere stravolto.
Personalmente, con le orecchie e nel tempo, ho sviluppato una mia precisa idea: un amplificatore con molta personalità/carattere preciso non va mai accoppiato a uno speaker con molta personalità/carattere preciso.
Il concetto è semplice, però secondo me fondamentale. Si rischia di esasperare il timbro in certe gamme, rendendolo troppo mirato e incorregibile, oppure di perdere l'ampiezza tonale o il respiro di cui possiamo disporre.
Viceversa, un altoparlante con una spiccata personalità caratteristica, può conferire il giusto carattere a un ampli piatto e lineare (per esempio, generalmente quelli a transistor). Può aiutare a correggere delle carenze o addolcire delle caratteristiche invece troppo spiccate.
Esistono eccezioni e gusti che vedono anche l'opposto, tuttavia.
Credo che tanti speaker storici siano stati creati appositamente, nella loro epoca, per sopperire a un certo piattume progettuale degli amplificatori. Guarda caso negli anni '50 e '60 (e perfino per buona parte dei primi '70), c'era ancora una progettazione in stile quasi hi-fi dell amplificazione, chi più e chi meno. Le correzioni timbriche erano minime e non c'erano reti complesse di equalizzazione e/o enfasi.
All'altoparlante, perciò, era affidato il compito di dare un carattere dimensionale, una precisa collocazione spettrale al suono.
E oggi? Molti dei trasduttori originali sono ancora tra noi, con anche una nutrita schiera di eredi che ne riprendono la filosofia, magari rivista quanto basta per i suoni attualmente in voga.
Per esempio un (clicca sui link per le schede tecniche e i diagrammi dei coni), osannatissimo da tanti, è uno degli speaker con una precisa personalità mediosa, decisamente velata sulle alte e lo ritengo abbastanza critico sulla collocazione. Non mi sognerei mai di piazzarlo in un Fender Twin Vintage (ampli con tanta personalità), perché ne ucciderebbe la celeberrima brillantezza clean e la tipica timbrica a V sulle mediobasse. Può diventare ottimo, invece, se accoppiato a una plexi in piena saturazione, perché è capace di domare quel fizz a volte troppo pronunciato e di arrotondarne la pasta. Di solito, infatti, il V30 si usa efficacemente dove sono presenti distorsioni con guadagni piuttosto alti e per giunta tendenti al fuzzoso.
Un ampli troppo brillante/tagliente ma povero/piatto sulle medie può essere accoppiato felicemente a un , per esempio, mentre un altro che magari ha già ben in evidenza quella gamma potrebbe essere supportato da qualcosa di più aperto e fedele.
Ecco che a me piacciono coni normalmente poco considerati quali i , oppure persino anche i , che hanno apertura e una certa timbrica più asciutta, più controllata sulle medie.
Il è un altro bel modello. Anche il è interessante. Il Jensen G12-EL70, che ritengo tra i migliori mai sentiti, è preciso, dettagliato e sonicamente ampio sullo spettro.
Sono speaker che hanno sicuramente un loro carattere ma questo non è eccessivamente invadente sulla fonte. Ritengo perciò che dove ci sia un sistema che ha delle coloriture già molto marcate e definite, sia utile considerare un cab più aperto e/o lineare, moderato sulle punte (soprattutto le medie). Invece dove lo stesso sia piatto, arido e bisognoso di qualche steroide caratterizzante, si opta per il ragionamento opposto.
Mah. Sarà che forse costruisco ampli dal carattere troppo pronunciato?