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Paul Pigat: suonare bene quasi tutto
Paul Pigat: suonare bene quasi tutto
di [user #4093] - pubblicato il

Il Canadese Paul Pigat è capace di miscelare con disinvoltura i linguaggi del rock, blues, jazz e rockabilly senza disdegnare l'acustica e padroneggiando flatpicking e thumbpick con un gusto sopraffino. Lo abbiamo raggiunto per conoscere la sua storia e la sua musica.
Il mio incontro con Paul Pigat avviene veramente per caso 12 anni fa, quando scopro una band canadese dal nome molto ammiccante al mondo del “kustom”, Cousin Harley, capitanata da quest’asso della chitarra. Il disco di esordio contiene 16 tracce, tra cover e brani scritti da Paul in persona, ed è veramente bello! Scorre liscio come l’olio, con un rockabilly di stampo moderno, ma non tendente al sound neo delle band inglesi degli anni ’80. In pratica rock and roll, rockabilly e country si mischiano in maniera onesta e trasparente.
Ma la vera sorpresa, per me, quando comprai il disco, è stata scoprire un chitarrista veramente incredibile, veloce, preciso, geniale, con un suono da brivido e dei fraseggi sempre azzeccati. Lo annovero tra i miei dischi preferiti, dal quale poter attingere ad ampie mani quando ci si trova in "stand by" da lick.
Paul infatti è un vero jukebox della chitarra: negli anni successivi si è rivelato il grande conoscitore dello strumento che è, registrando un album acustico quasi in solitaria, album strumentali, album di swing e jazz e, ovviamente, di rockabilly. Ma, a mio onesto parere, nessun altro album supera o si avvicina a Jukin', proprio perchè questo disco è, come ho scritto sopra, onesto.
Definisco un disco "onesto" quando fai il tuo genere (rockabilly in questo caso) rispettando il sound e l’intenzione originale, condendolo con leggere sfuriate da guitar guru, ma mantenendo sempre la ballabilità in tutti i brani.
Tutto questo senza nulla togliere agli altri lavori registrati nel tempo dal nostro canadese DOC, sopratutto il bellissimo Boxcar Campfire dove, accompagnato per la quasi totalità del disco dalla sua chitarra acustica, esegue dei brani a cavallo tra il blues e il ragtime, insieme a delle perle di folk niente male.

Paul Pigat: suonare bene quasi tutto

Paul ha un curriculum di tutto rispetto, basti sapere che è endorser e dimostratore ufficiale per Gretsch in tutto il mondo e ha anche girato tre DVD didattici (molto belli), uno sulla chitarra rockabilly, uno sul Travis picking (del quale è grande conoscitore) e uno sul suo particolare jazz playin' "alla vecchia".

Come tutti i migliori musicisti che ho incontrato, nella mia vita Paul è anche una persona splendida e molto disponibile. Gli ho inviato via mail le domande per l’intervista che segue e lui mi ha risposto dopo un paio di giorni, scusandosi per la "lentezza"! Mi ha spedito le risposte in due round, scusandosi perché è dovuto correre via visto che la sua bimba appena nata stava piangendo. Sono sincero: apprezzo questo aspetto magistralmente umano di un artista che ritengo etereo per lo stile e la tecnica.
Buona lettura, che secondo me scorre meglio con la sua musica di sottofondo.


Diego: Ciao Paul, grazie per aver risposto alle mie domande! Ok iniziamo! Cominciamo parlando di te, da dove vieni e come sei entrato nel music biz?
Paul: Ho cominciato a suonare in giro per concerti nella mia città natale, Toronto, quando avevo circa 13 o 14 anni. Per lo più classico rock n' roll, country e blues. Ma ero anche dentro il movimento hard rock allora, e avevo pure un paio di band di quel genere.

D: Il Canada è un buon posto per fare della musica il proprio lavoro?
P: Il Canada è un posto difficilissimo per fare il musicista. Ok, non è male se vuoi suonare nella tua città o nella tua area, ma i tour, soprattutto nel Canada occidentale dove vivo, ti costringono a lunghi viaggi (insomma niente di strano dover guidare per 12 ore di fila per raggiungere la tappa successiva). Il Canada è grandi spazi con poca popolazione, quindi spesso poco pubblico disposto a sostenere la musica dal vivo. Detto questo devo anche aggiungere che non vorrei vivere da nessun'altra parte.

D: Come hai scoperto il rockabilly?
P: Ho scoperto il rockabilly e il country tradizionale alla fine degli anni ’80 (spesso rockabilly e country si mischiano per suono e pubblico, NDA). C’era un bar nel centro d Toronto, chiamato "Il Matador" aperto tutti i giorni dalle 14 in poi. Potevi suonare lì quanto volevi, ma solo musica scritta prima del 1963! Quindi capirai che incredibile scommessa suonare in quel bar.

D: Dimmi delle tue principali influenze sulla chitarra.
P: Ho suonato un sacco di musica diversa nel corso degli anni. Dalla classica al country. Tutto questo ha influenzato mio modo di suonare, in un modo o nell'altro.

D: Hai un chitarrista preferito?
P: Credo che se dovessi scegliere un paio di chitarristi direi Danny Gatton, Tal Farlow e Django. Tre musicisti completamente diversi tra loro, ma spettacolari e unici nel loro stile, e le loro note risuonano sempre nella mia testa.

D: Ascoltando la tua musica posso sentire diversi stili tutti insieme, dal jazz al rock, dal country al blues, dal ragtime al manouche. Come definisci il tuo playing?
P: Tutto quello che ho imparato nel corso degli anni influenza il mio playing. Immagino che se mi sono preso la briga di imparare qualcosa di nuovo ogni volta è perché volevo usarlo dal vivo. Non sono un purista nel senso stretto del termine, là fuori è pieno di chitarristi incredibilmente fedeli al genere e al contesto storico della musica che suonano. Sono come una gazza che raccoglie pezzetti di roba e costruisce il proprio nido.


D: Tu sei un endorser Gretsch, ed è un grande onore, credo, ma ti ho visto suonare molte chitarre nel corso degli anni, mi parli delle chitarre che ami e perché?
P: Possiedo un sacco di chitarre e ognuna ha il proprio scopo. Ma le Gretsch sono estremamente versatili e coprono molto terreno. Possono essere jazzy, possono essere country, ma anche veramente rock!

D: Ho visto che Gretsch ha fatto un thinline con le buche a occhio di gatto per te. Si tratta di un bellissimo strumento. È un'idea proveniente da te o dal Custom Shop?
P: La mia Synchro-Club era qualcosa che Stephan Stern e io abbiamo progettato insieme. Mi piaceva molto l’idea di linee semplici e un bracing minimale. Il progetto è iniziato tutto da lì. L’idea del look invece è partito da una foto di Django che suonava una Gretsch quando venne in tour negli USA. Penso che sia stata una Synchromatic del 1939. La mia è una chitarra unica e veramente rara nel suo genere. È un onore per me averla.

D: Mi parli dei pickup che preferisci sulle tue Gretsch?
P: Principalmente uso i Filter'Tron e i Dyna-Sonic. Ho chitarre con entrambi questi pickup. Alcuni sono stock e altri sono i TV Jones. Hanno tutti un grande suono. I Filter'Tron (humbucker) sono grassi e funzionano bene per roba aggressiva, mentre i Dyna-Sonic (single coil) sono più adatti ai toni blues d’epoca.

D: Puoi descrivere l'amplificatore e i pedali che usi sul palco?
P: La mia pedaliera è cambiata molto nel tempo, ho fatto dischi e tour sempre diversi e quindi ho aggiunto e levato effetti, ma ci sono sempre un Boss DM2 e un Boss CS2. Sto usando questi due pedali a partire dagli anni '90. I miei principali amplificatori in questo momento sono un Executive Gretsch e un clone 5E3 Deluxe, grandi amplificatori con suoni molto differenti. L'ampli Gretsch è molto pulito e smuove un sacco di aria, mentre il Deluxe ha sempre un po' di distorsione naturale.

Paul Pigat: suonare bene quasi tutto

D: Ho il tuo CD acustico (Boxcar Campfire) e lo adoro! Un sacco di chitarra acustica, alcune grandi canzoni e un missaggio finale che suona come se tu stessi suonando nel mio soggiorno! Mi puoi parlare di questo progetto?
P: Boxcar Campfire è stato solo qualcosa che volevo fare, un poco in controtendenza al mio percorso del tempo. Avevo suonato in giro per Vancouver con un blues combo chiamato Hard 8 Trio. Il nostro armonicista e grande amico Monte Jones suonava spesso con Dave Van Ronk e mi ha fatto entrare nel mood del songwriting, gli devo molto. Purtroppo è morto un paio di mesi fa. Mi manca molto.

D: Ti ho visto fare un sacco di concerti "solo", qual è l'ispirazione alla base di questo tipo di spettacolo?
P: Se decido di eseguire i brani di Boxcar Campfire lo faccio da solo. Ho registrato quel disco proprio con quell’idea di fondo: fare da sé, da soli, come forma di divertimento e quasi di liberazione mentale dal dover dipendere dagli altri.

D: Che chitarra acustica usi durante questi show e come la amplifichi?
P: Generalmente uso una Guild M20 acustica della metà degli anni ‘60 attraverso il Deluxe Tweed. Mi piace il suono lo-fi che ne viene fuori.

D: Ci puoi parlare della tua tecnica con il thumbpick? Ti si sente suonare senza difficoltà fingerpicking e flatpicking. Come ci riesci?
P: Coi Cousin Harley passavo spesso da una lapsteel a otto corde alla chitarra elettrica ed era veramente difficile passare dal thumbpick al plettro regolare, per cui ho deciso di usare solo il thumbpick. Mi ci è voluto un po’ per ottenere una buona tecnica e un’esecuzione lineare, ma ora non riesco nemmeno più a utilizzare un plettro tradizionale. Penso che ho cambiato l'angolo d’attacco e che questo mi ha davvero aiutato. Ho sempre avuto una plettrata molto dura e in questo il thumbpick aiuta.


D: È il momento di parlarci dei prossimi progetti. Registrazioni? Tour? O stare a casa con la tua piccola bimba?
P: Ho un sacco di progetti in mente. Ho trascorso gli anni '90 suonando tanto jazz così un giorno mi piacerebbe registrare un album di jazz puro, ma anche un disco manouche. Ovviamente ho bisogno di tempo e relax per fare tutto questo. Coi Cousin Harley abbiamo registrato alcuni show durante l’ultimo tour in Europa e presto pubblicheremo un disco dal vivo. Sarà un disco di cover. È passato tanto tempo da quando abbiamo registrato delle cover con questa band e abbiamo pensato che è giusto farlo, proprio per cambiare un poco il nostro approccio. L’andare in tour sarà sicuramente difficile per un po’, io e mia moglie abbiamo appena avuto una bimba, ma spero di tornare in Europa il prossimo anno. Ho lavorato con un fantastico pianista di nome Michael Kaeshammer e lui mi tiene molto impegnato.

D: Grazie per aver risposto alle mie domande. Cosa vuoi aggiungere alla nostra conversazione?
P: Credo che per l'ultima cosa che voglio dire nell'intervista è che io sono solo un chitarrista. Questo è tutto quello che ho sempre voluto essere e mi sento un uomo molto fortunato per essere riuscito a fare quello che volevo. Credo che la persistenza e la testardaggine alla fine paghino sempre tutti gli sforzi!
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