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Matt Shofield: non si deve avere paura delle chitarra
Matt Shofield: non si deve avere paura delle chitarra
di [user #116] - pubblicato il

A volte si è così preoccupati di trovare una giustificazione teorica a quello che suoniamo da precludersi la possibilità di far crescere il proprio fraseggio in maniera più fantasiosa, unica. Bisognerebbe sperimentare anche con quelle note che escono accidentalmente e che ci piacciono e funzionano. Note che magari ancora non sappiamo inquadrare sul pentagramma o sulla tastiera.
Matt Shofield è uno dei più brillanti chitarristi blues in circolazione.
Senza rinunciare al tocco, al suono e alla pronuncia di un musicista della vecchia scuola, - elementi imprescindibili per gli appassionati del genere – Shofield ha colorato il suo blues con una certa indispensabile modernità: tanto nella proiezione e pulizia tecnica del fraseggio che nella varietà armonica di colori .
 
Matt Shofield: non si deve avere paura delle chitarra
 
Quello che ci ha letteralmente entusiasmato è stato l’approccio all’apprendimento e allo studio del blues che Shofield ha raccomandato: per lui l’ascolto è uno degli aspetti più importanti: il proprio stile nascerà dal tentativo di far uscire dalla nostra testa la musica che abbiamo immagazzinato, sintetizzandola sulla chitarra attraverso la nostra sensibilità. Questa sembra essere la chiave anche per arricchire il fraseggio pentatonico con note extra; per Shoefield non serve impazzire sulle scale, sui modi, approccio che lui, tra l'altro, detesta. Il fraseggio solista nasce piuttosto da una buona conoscenza degli accordi e dalla capacità di sviluppare le loro sonorità in maniera melodica. E nasce soprattutto, dal piacere di giocare in maniera disinibita con le note. “Come aggiungere note extra alla scala pentatonica? Semplicemente aggiungendo delle note extra! Non siate spaventati dalla chitarra. La cosa peggiore che può succedere è che infilate una nota sbagliata. Non muore nessuno!”
 
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di LaPudva [user #33493]
commento del 03/01/2016 ore 13:11:15
Della chitarra no. Sono i chitarristi che mi spaventano!
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di eugenio01 [user #39191]
commento del 03/01/2016 ore 13:12:31
Vangelo
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di arne_saknussemm [user #24345]
commento del 03/01/2016 ore 13:44:00
Immane verità.
Tanto è vero che tutte le volte che ho tentato di disciplinare un mio approccio teorico alle scale (quelle modali, fondamentalmente), sinistri scricchiolii hanno minato la mia passione. So per certo, però, che nei miei momenti d'improvvisazione chitarristica chissà quante e quali divagazioni su modi e scale alternative avrò fatto! Il tutto inconsapevolmente. Ma a me piaceva e a chi mi ascoltava, pure.
Ergo, trovo inutile e molto accademico dover dare sempre un nome o una qualifica a ciò che si sta suonando.
E se lo chiamassimo solo DIVERTIMENTO?
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di sheratonII [user #32461]
commento del 03/01/2016 ore 14:20:12
Bravo .... Sante parole. Prima di tutto il divertimento!
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di mafuz [user #19122]
commento del 03/01/2016 ore 14:35:23
matt è veramente un grande, e quando suona lui sembra tutto semplice e naturale, per non parlare del suono grandioso. uno dei miei preferiti.
ps. per la redazione, c'è qualche refuso nell'articolo sul cognome.
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di swing [user #1906]
commento del 03/01/2016 ore 16:53:58
Sì, sante parole... però... una volta suonata la sua frase, se la va ad analizzare, sa anche dare un nome alle note in più che ci ha messo. E' chiaro che mentre improvvisi non ti ripassi nella testa i nomi delle note che suoni però se non conosci quello che stai facendo è un po' come fare un bel discorso articolato e non sapere il significato di alcune parole che usi. Anche in questo caso la verità sta sempre un po' nel mezzo.
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di Oliver [user #910]
commento del 03/01/2016 ore 17:45:42
Hmmm...
può essere un discorso a doppio taglio.
Si potrebbe dire, allo stesso modo, che chi suona ragionando per scale, compone frasi conoscendone bene le parole, ma combinandole in "frasi fatte", prevedibili e in qualche modo incoraggiate e incanalate dalla teoria che ci sta sotto.
Non è vero che chi suona in modo più "ignorante" (non vuole essere nè un'offesa, nè un complimento) non conosca il significato di alcune parole: il significato lo conosce bene -perchè è il senso di ciò che sta esprimendo, ammesso che stia esprimendo qualcosa- casomai non le sa definire... grammaticalmente. Però una poesia può essere perfetta anche se non se ne sa fare l'analisi grammaticale.

Questo non significa che la teoria (o la tecnica) ammazzi la musica: dipende solo ed esclusivamente dall'uso che se ne fa.
E comunque non è che il musicista cosiddetto ignorante (o, più amabilmente, "istintivo") sia esente da schemi, costrizioni e automatismi. Anche se per caso non sa cosa sia una pentatonica, sa perfettamente quali box di note deve andare a cercare sulla tastiera, e l'automatismo è in agguato comunque ;)
Quindi, in definitiva, teoria o non teoria, mi sa che conta solo se uno "ce l'ha" oppure no.
Rispondi
di Guycho [user #2802]
commento del 03/01/2016 ore 21:31:55
pure la trita e ritrita analogia tra "parlare" e "suonare" va un po' smontata: sono due cose diverse.
Rispondi
di yasodanandana [user #699]
commento del 04/01/2016 ore 13:27:0
bravo
Rispondi
di mrnippo [user #31138]
commento del 04/01/2016 ore 11:33:53
concordo al 100%. mi ricorda una frase di umberto eco, il quale dice che il grammatico non è colui che conosce le regole della lingua che parla, perchè quelle le conosce benissimo, senza saperlo, anche un bambino di 6 anni. il grammatico è quello che sa perchè e come il bambino conosce le regole della lingua
Rispondi
di paoloprs [user #10705]
commento del 03/01/2016 ore 17:36:58
ACCORDI .... Se non ti preoccupi del nome della nota che stai suonando, devi però
saper bene in quale accordo sei .
Bisogna partire dagli accordi ; una volta che sai gli accordi, gli assoli vengono da soli.
vostro
Paolo
Rispondi
di Repsol [user #30201]
commento del 03/01/2016 ore 18:00:2
Sono un po dubbioso...
Per quanto riguarda lo studio a casa è un approccio che condivido, ma in un'improvvisazione live la vedo dura. È vero che se si sbaglia una nota non muore nessuno ma spesso già un semitono puó ammazzare l'armonia del solo.
Soprattutto se si improvvisa sull'accordo, è vietato sbagliare, altrimenti la dissonanza diventa ancora più forte.
Anche io a casa qualche volta provo a mettere delle note a caso, ma se funzionano cerco di inquadrarle per poi poterle usare live. Ma allora non è più improvvisazione, so esattamente quello che sto facendo...
Rispondi
di eugenio01 [user #39191]
commento del 03/01/2016 ore 19:58:47
------->Ma allora non è più improvvisazione, so esattamente quello che sto facendo...
E' infatti quello che succede agli esperti improvvisatori :-)
Siamo noi che facciamo confusione sui termini ma improvvisazione = esposizione del materiale praticato dal musicista per interminabili ore.
Benson (esempio non a caso....) potrebbe fraseggiare sui giri armonici (ovviamente su qualunque cosa..ma era per rapportarlo a quel che si conosce noi...) e chorus dopo chorus la cosa sarebbe diversa perché è praticamente infinito il vocabolario di cui dispone.
Se sai esattamente quello che stai facendo sta andando tutto bene..sei sulla strada giusta.
Rispondi
di Claudio80 [user #27043]
commento del 03/01/2016 ore 19:34:4
Gli accordi stanno alla base dell'armonia, e quindi ci danno la possibilità di costruire i nostri soli. Tanti suonano in maniera magistrale sugli accordi, scandendo meravigliosamente bene il fraseggio, perchè sa dare quel colore giusto, nel posto giusto. E' altresì vero che chi suona in maniera istintiva, sa proprio per istinto che scale, o disegni usare sulla tastiera, sfruttando una memoria visiva; e questa istintività gli nasce dall'aver studiato in maniera non del tutto accademica lo strumento: studio=ricerca; ricerca delle possibilità che lo strumento può offrire. Insomma sono sicuro che si possano raggiungere ottimi risultati non per forza studiando tutte le scale del pianeta; però lo studio, a prescindere dalla tipologia: accademica autodidatta etc etc ci deve essere, perchè bisogna avere un minimo di consapevolezza di ciò che si sta suonando.
Rispondi
di Rothko61 [user #32606]
commento del 03/01/2016 ore 20:29:0
Un mio amico jazzista un giorno mi ha detto: "Se sbagli una nota, ripetila subito un paio di volte. Tu saprai di aver sbagliato ma molti dei presenti penseranno ad un fraseggio ardito, ad una ricerca cacofonica".
Io non ci ho mai provato, nonostante gli errori....
Rispondi
di dfatwork utente non più registrato
commento del 03/01/2016 ore 21:50:19
è accettabile che ci sia consapevolezza nell'istinto?
Rispondi
di henrysg [user #40175]
commento del 03/01/2016 ore 21:56:03
Il mio maestro mi ha sempre detto che paradossalmente nella musica la cosa piu studiata è l'improvvisazione
Rispondi
di ndrecchia [user #43094]
commento del 03/01/2016 ore 22:00:15
più che nella scelta delle note (quelle sono e ormai sonostate suonate e strasuonate in tutte le salse possibili e immaginabili) mi sembra più interessante dedicarsi all'approccio ritmico di un assolo. un assolo ricco di fraseggi ritmici con tanti cambiamenti può risultare molto interessante.
Rispondi
di henrysg [user #40175]
commento del 03/01/2016 ore 22:05:54
Ha detto una cosa sacrosanta
Rispondi
di Ermo87 [user #33057]
commento del 04/01/2016 ore 00:36:54
sono le fottute pause a fare la differenza, le fottute pause.
Rispondi
di sidale [user #29948]
commento del 04/01/2016 ore 01:10:4
Questo credo che sia veramente il punto chiave...difficile da capire per molti chitarrai...
Rispondi
di henrysg [user #40175]
commento del 04/01/2016 ore 07:40:34
Difatti nel discorso della ritmica rientrano anche le pause
Rispondi
di uzik [user #25323]
commento del 04/01/2016 ore 12:06:02
E' giusto. L'esplorazione della musica con il proprio strumento è una cosa talmente intima e personale che va al di là delle leggi della Teoria. Certo, è comunque importante studiare ma è solo suonando istintivamente che si aprono certe porte.
Io, nel mio piccolo, mi sono accorto successivamente (grazie allo studio) di usare certe note solo per un mio gusto personale e istintivo, sicuramente dovuto alla musica che ascolto, che non fanno parte delle scale pentatoniche "standard". Per esempio la b9 (nona bemolle). E' un qualcosa che colora parecchio le mie frasi. Ma che fosse la b9 e di tutto quello che ruota attorno ad essa (scale diminuite, superlocrio e via dicendo) l'ho studiato dopo.
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di Guycho [user #2802]
commento del 04/01/2016 ore 13:14:00
Commento intelligente.
Rispondi
di nopairbaby [user #40212]
commento del 04/01/2016 ore 14:04:02
Questo sa tutto di teoria e pratica. Suona con una raffinatezza incredibile e ciò è possibile solo se hai interiorizzato ogni cosa dello strumento. Dopo bisogna anche capire che loro amano fare un pò gli originali quando si tratta di dare una propria opinione su didattica, apprendimento ecc,,,fa parte del giochino. La verità è solo una: studiare, studiare, studiare. Tutti lo hanno fatto. Hendrix non ha perso i capelli sulla superlocria ma fidatevi che il caged (vedi sue ritmiche spettacolari) e le pentatoniche non che le scali base le conosceva a menadito. Ognuno conosce quello che gli serve diciamo :))))
Rispondi
di Guycho [user #2802]
commento del 04/01/2016 ore 14:51:35
Chiunque abbia intenzione di suonare una chitarra, che non sia il giro di DO, conosce il caged e qualche scala.... ci mancherebbe.
Rispondi
di Claudio80 [user #27043]
commento del 04/01/2016 ore 15:05:45
Quoto di brutto!!!Molti sono convinti che Hendrix fosse un tontolone che aveva imparato qualche pentatonica solo istintivamente....Poi ti accorgi che brani come Machine Gun, o Angel nascondono, armonicamente, qualcosa che non quadra con la sua presunta "ignoranza"....lui però lo chiamava semplicemente FEELING!!!
Rispondi
di nopairbaby [user #40212]
commento del 04/01/2016 ore 15:46:34
sono d' accordo con te Claudio, nei pezzi di hendrix a volte si trovano delle vere e proprie chicche armoniche :))))
Rispondi
di poseidon [user #30697]
commento del 05/01/2016 ore 12:14:10
Credo che una volta imparati e fatti propri accordi, scale e tonalità si possa, anzi si debba andare anche un po' a istinto. Non bisogna avere così tanta paura delle dissonanze, c'è gente che ci ha costruito una carriera sulle dissonanze, spesso ricercate e volute. Ho sempre amato i grandi improvvisatori, i chitarristi imprevedibili, di quelli che non sai mai cosa ti tirano fuori. Nelle vecchie registrazioni live di Hendrix, King Crimson, Hawkwind, Led Zeppelin, Deep Purple ecc... ci sono spesso anche dei passaggi un po' così, di quelli che pensi "mi sa che qui ha sbagliato un po'", ma ce ne sono tanti altri assolutamente fantastici, perché frutto della spontaneità, dell'ispirazione del momento. Oggi invece si preoccupano tutti troppo della forma, di essere perfetti, col risultato però di essere spesso fin troppo prevedibili e quindi noiosi. Per me 100 volte meglio un assolo imprefetto e imprevedibile di uno perfetto e prevedibile. Mi piace essere stupito, nel bene e nel male.
Rispondi
di marcoguitar [user #15320]
commento del 06/01/2016 ore 06:21:08
Scusate: io non ho mai sbagliato una nota: come si fa?
Rispondi
di darkfender [user #16554]
commento del 07/01/2016 ore 12:42:24
Un chitarrista blues spiega come suonare il blues.
Il blues è uno stile estremamente improvvisativo e diretto.
Mettersi con una penna e uno spartito a scrivere un blues è quasi un'eresia.

Ma esistono stili in cui la composizione (spesso senza lo strumento) è il punto di partenza.
In queste situazioni un chitarrista che suona "a orecchio" e basta quasi sicuramente non è in grado di fare nulla di buono.

Come dice lui se si vuole far uscire dalla testa la propria musica, bisogna avere una testa in grado di fare musica.

Ora per pochi eletti questa dote è quasi innata (o meglio affinata dal contesto in cui si è cresciuti).

Per tutti gli altri lo studio delle scale non è altro che abituare la testa alla musica e migliorare la connessione tra testa e mani.

"Impara la teoria per dimenticarla" si diceva.
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