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Collings 290DC: double cut double pleasure
Collings 290DC: double cut double pleasure
di [user #16167] - pubblicato il

La Double Cut giunta oggi in redazione è tanto semplice quanto particolare e con una spiccata personalità. La 290 però non è una semplice copia, è uno strumento con caratteristiche e dettagli da fuoriclasse, l’abbiamo messa alla prova con una Marshall con oltre 40anni di vita.
Collings ci ha stupito recentemente con una piccola acustica dal sound gigantesco. Questa volta nelle nostre mani è finita la 290DC, una solid body di chiara ispirazione LP Junior, della quale riprende le geometrie e le scelte di pickup, ma dalla quale si discosta e non solo grazie a qualche smussatina sul body.

La scelta dei legni ricade sul classico. Come per le acustiche, però, anche sul mogano di body e manico è stata effettuata una selezione accurata. Anche il più semplice degli strumenti può cambiare completamente voce grazie a una sapiente scelta della qualità delle essenze utilizzate.
Il body, visto frontalmente è molto simile, se non identico, a quello di una Junior, guardandola di lato però si nota come le forme, solitamente squadrate, siano state smussate per rendere la DC più comoda ed ergonomica.

I 22 tasti sono incastonati in una tastiera in palissandro con radius da 12’’(con scala da 24 7/8”), molto piatta e scorrevole, che fa il paio con un profilo medium C. Manico e body sono interamente ricoperti da un sottile strato di nitrocellulosa high-gloss. 

Collings 290DC: double cut double pleasure

L’elettronica, composta da due P90 è affidata a Lollar. Abbiamo a che fare con due single coil HIgh Wind, dei magneti con un buon output in grado di mantenere una buona silenziosità. Per il cablaggio dei due volumi e toni è stato scelto un 50’s wiring (aspetto a cui dedicheremo sicuramente un articolo), nulla di rivoluzionario, ma che alle orecchie non sfugge.

Le meccaniche Gotoh con vintage buttons e ratio da 1:18 con il ponte Tonepros Nashville Wraparound (optional) sono le ultime due cose da citare prima di passare alla prova vera e propria. C’è da dire subito che con la Collings e la Plexi restare in territori clean è davvero difficile. Non solo per la voglia di crunch che ci assale, ma anche e soprattutto per i P90 belli cattivi e grossi sulle basse. Nella posizione centrale, che li unisce, ci lanciamo in qualche ritmica funk, giusto per dire che i clean li abbiamo toccati. Scaricando un po’ il volume, in realtà, si ottiene un clean di tutto rispetto, sempre condito da quel timbro crispy, però, che ci invoglia ad alzare la manopola del gain.

Quando il gioco si fa duro la 290 non si tira indietro di certo, anzi, è il momento in cui dà il meglio di sé. La quantità di basse che scaturiscono dall’ampli aumentano in maniera considerevole all’aumentare della distorsione, ma sono accompagnate da un rafforzamento dei volume anche sulle medie che portano il sound dritto in faccia. Il sustain non manca, anche nei bending non si sente mai mancare la terra sotto i piedi.

Sound spettacolare a parte, la Collings ci ha piacevolmente colpiti per la facilità con cui si lascia suonare. La si imbraccia, il peso non è considerevole, la si suona e in due minuti sembra di conoscerla da sempre. È una chitarra pronta all’uso, diretta e spartana quanto basta, come l’originale da cui ha preso in prestito le forme.


La 290 Double Cut è uno strumento davvero speciale, un chitarrone, non ci sono molte altre parole per definirla. Difficile non sbilanciarsi con una sei corde del genere. Bisogna considerare poi che è praticamente artigianale e offre una quantità di personalizzazioni davvero elevata, come richiesto a prodotti del genere. Una chitarra che non si troverà facilmente in giro nei negozi, ma che merita sicuramente una prova.


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