di Denis Buratto [user #16167] - pubblicato il 24 aprile 2016 ore 08:00
Nonostante l'esigua quantità di pezzi al loro interno, i fuzz hanno sempre avuto dei case enormi. Qual è la ragione tecnica che si nasconde dietro le dimensioni apparentemente sproporzionate di Fuzz Face, Tone Bender, Vox e Octavio?
Il fuzz è tra gli effetti più elementari, elettronicamente parlando. Bastano pochi componenti per assemblarne uno e i più grandi fuzz della storia sono basati su una manciata di resistenze, condensatori e qualche diodo. Eppure, storicamente sono spesso associati a dei contenitori enormi, sovradimensionati rispetto alle piccole PCB in cui qualunque costruttore odierno saprebbe mettere in fila il tutto.
Dal Tone Bender al Fuzz Face, i miti del passato sono tutti terribilmente grossi, e abbiamo chiesto il perché a chi ne sa qualcosa. Marco Bovelli di Formula B, artigiano specializzato proprio nella replica di fuzz storici, spiega il perché di questa curiosa scelta.
Risponde Marco Bovelli di Formula B: per trovare una soluzione al quesito bisogna tornare al 1965, quando è stato inventato il primo fuzz. Il Gibson Maestro Fuzz-Tone.
Il circuito di questo pedale in effetti aveva bisogno di spazio per essere alloggiato, perché era assemblato "in aria". È proprio questo il termine tecnico, cioè non c'era una scheda stampata, con i suoi componenti inseriti e composti, ma un miscuglio di resistenze e transistor saldati tra di loro in modo disordinato. (Vedi gallery) Da ricordare che questo circuito è nato da un esperimento mal riuscito!
Successivamente Gary Hurst ha ideato il Tone Bender inserendo il circuito in una enclosure ben più grande del maestro Fuzz-Tone (credo che sia il pedale più grande della storia) con le sue misure di 20cmx10cmx8cm.
In questo caso il motivo potrebbe essere stato l'uso di condensatori non polarizzati e molto grandi. Infatti per aumentare il sustain e correggere il tono fuzz/trombetta del Fuzz-Tone, Gary creò un nuovo circuito più vicino al distorsore di oggi che al fuzz, utilizzando dei condensatori in carta (paper in oil) da 650/1000 volt (!) e resistenze a impasto di carbone da 1 Watt, enormi, difficili da inserire in un piccolo pedale.
Cinquant'anni fa non esistevano micro componenti perché l'elettronica era utilizzata in grandi macchinari, nelle prime televisioni per esempio, e tutto ad alta tensione. Quindi non c'era ancora l'idea dell'elettronica tascabile.
Anche se erano sufficienti componenti elettronici per basse tensioni, si utilizzavano quelli grandi perché semplicemente non ne esistevano di più piccoli.
Guardando invece il box del Fuzz Face ideato alla fine degli anni '60 si nota realmente che l'enclosure è sproporzionata rispetto a quello che c'è dentro: nove componenti in tutto tra resistenze e condensatori. In questo caso la scelta è stata sicuramente estetica, infatti l'idea di quella forma bizzarra è venuta guardando la base tonda di un'asta microfonica.
La scelta di utilizzare enclosure di grandi dimensioni sui primi effetti a pedale, quindi, è stata sicuramente perlopiù tecnica, ma anche estetica in secondo luogo.
Nel mio caso invece ho cercato di trovare un compromesso, utilizzando sì componenti NOS analogici per dare quel tocco vintage all'effetto, ma senza compromettere lo spazio in pedaliera. Il mio Mini Bender infatti misura 12cm x 7cm x 5cm di altezza pur ospitando all'interno un circuito con componenti vintage di medie dimensioni!