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City Blues: viaggio nel suono delle città
City Blues: viaggio nel suono delle città
di [user #4093] - pubblicato il

City Blues di Vittorio Bongiorno non è un libro sul blues. È un viaggio nel suono di tre città tra aneddoti, retroscena e incontri casuali con miti della musica. Con l'arrivo della bella stagione, è un compagno d'ombrellone ideale per qualunque appassionato di musica ma non solo.
L’estate è ormai arrivata e io sto progettando la mia vacanza con un unico obiettivo: stare tutto il giorno al mare, alternandomi tra l’ombrellone e l’acqua, passando delle ore sulla sdraio in compagnia di un buon libro. Ma, da buon malato di musica, quelle pagine di cellulosa devono stimolare la mia voglia di leggere, magari unendo storie belle a note interessanti. Sì lo so, sono "deviato", ma non posso quasi fare a meno di vivere in assenza di musica. Per fortuna Vittorio Bongiorno mi è venuto incontro con un libro che è veramente una pacchia unica. Purtroppo non ho saputo aspettare le agognate ferie per poterlo leggere, ma voglio consigliarvelo vivamente perché, vi assicuro, sarà un'esperienza sognante.

Intanto chi è Vittorio? Lui è un pubblicitario palermitano trasferitosi diversi anni fa a Bologna, ma col cuore ancora a metà tra la sua Sicilia e il resto del mondo, specie in quelle città che vibrano a suon di rock. L’ho conosciuto qualche anno fa quando mi sono imbattuto in un suo romanzo (che vi consiglio) dove, attorno alla venuta di Duke Ellington per il Pop Festival di Palermo negli anni ’70, ha saputo creare un racconto a tratti grottesco, a tratti malinconico, ma che mi ha tenuto incollato per svariate ore! Il titolo è "Il Duka in Sicilia".
Appena finito il racconto decido di contattarlo tramite la sua pagina Facebook per fargli i complimenti (il libro è, nel frattempo, passato tra le mani di mia moglie, mia madre, mio padre e qualche amico appassionato, e tutti ne hanno apprezzato la schiettezza narrativa). Lui mi risponde subito felice e iniziamo un’amicizia di penna (anche se adesso la penna è una tastiera di computer... sigh). La cosa più bella che potevo scoprire è che Vittorio è, prima di tutto, un musicista sopra le righe. Suona il blues, quello rurale, quello autentico, su chitarre cigar box, su vecchie Danelectro. E nei suoi concerti alterna reading dei suoi romanzi a brani di John Lee Hooker. È bastato questo a far scattare l’amore per un personaggio completamente italiano? Beh andiamo oltre perché, di storie, dietro questo 43enne siculo-emiliano ce ne sono tante. E la sua raccolta di storie più belle è questo piccolo tomo di 350 pagine edito dalla EDT.



Vittorio racconta tre città, anzi racconta i "suoni" di tre città che ha vissuto, girato, analizzato, con l'animo di chi ama la musica ma anche i personaggi borderline che le animano. Le tre città prese in considerazione sono Los Angeles, Detroit e Berlino. Ve lo dico subito, comincerete a sognare di visitarle. Io, personalmente sto rosicando non poco, perché ho visitato Los Angeles una decina di anni fa ma, in assenza di un libro come questo, ho vagato alla ricerca di musica dentro una metropoli grande quasi quanto il Lazio. Sono anche stato a Berlino mentre ero in tour, e anche lì abbiamo vagato (coi miei compagni di viaggio) in cerca delle atmosfere giuste, perdendoci dentro una capitale europea ricca di fascino e contraddizioni, raccogliendo purtroppo solo il peggio. Sto ancora rosicando perché mi sono sempre detto che Detroit non mi avrebbe mai interessato, e la musica di Detroit, apparentemente, non è nelle mie righe. Ecco, a fine lettura, ho finito per cominciare a vedere quanto costa andare a Detroit...

"City Blues" è un libro che vi fa viaggiare, sognare, dentro delle realtà che, per chi ama la musica, diventano una virale quotidianità. Vittorio descrive posti, persone, negozi, musicisti, strade, in un modo così fluido e divertente che, a fine lettura, vi sentirete come alla fine di una grande giornata con gli amici in un posto bellissimo. Scoprirete artisti che (nel mio caso) avete sempre bistrattato o messo da parte perché pensavate che avevano fatto il loro tempo. La sua vicenda personale, ossia i viaggi insieme alla compagna, mi hanno ricordato la frenesia che io e mia moglie abbiamo quando vogliamo staccarci dalla routine (bimbi, lavoro, famiglia) alla ricerca del nostro essere coppia senza meta né programmi. Non mancano aneddoti e b-side di personaggi noti a tutti. Insieme alla musica Vittorio ha condensato il meglio dell’architettura, della cinematografia e della letteratura dei posti che descrive. Tranquilli, per ogni edificio, libro o film, il riferimento al contesto musicale è d’obbligo! Certo potrei raccontarvi di quando Vittorio ha incontrato Ry Cooder (si Ry Cooder! Proprio lui!) quasi per caso e ha testato la easy way of life degli americani. Ma vi leverei il piacere di sfogliare le sue pagine. Ho scritto a Vittorio perché volevo che questo articolo fosse completato dalle sue parole, e il risultato è quello che leggerete adesso.

City Blues: viaggio nel suono delle città

Diego: La prima domanda, Ry Cooder?
Vittorio: Ry Cooder l’ho sempre amato, per la sua straordinaria capacità di “raccontare la musica”, ovviamente, e banalmente prima per il blues di “Paris, Texas”, poi per il Mali, poi Cuba, sempre con Wenders (per altro anche lui è uno dei cardini su cui ruota tutto il libro). Mi sono avvicinato a Blind Willie Johnson grazie proprio a Cooder. Ho sempre amato la sua enorme umiltà nel riproporre il blues dei maestri, in punta di piedi, senza mai voler strafare. Quando me lo sono trovato seduto accanto in un rancho sperduto in mezzo al deserto non mi sembrava vero: era lì a suonare un lunedì con la band della moglie di suo figlio Joaquin, con le sue Vans ai piedi e un paio di chitarre da piangere. E la risposta che mi ha dato, divertente, umile e brillantissima, sul suono del deserto, mi ha confermato la enorme cultura musicale di questo genio.

D: L’essere un suonatore di cigar box guitar a volte sembra puntare il dito sull’artigianalità del proprio essere, e io penso che tu sia un grande artigiano della tua arte. Se così fosse, come si sviluppa questo processo artistico?
V: Mi sono avvicinato alla cigar box guitar proprio grazie a Blind Willie Johnson e al blues rurale del Delta. Non dimentichiamoci che questi spesso non erano nemmeno musicisti, così poveri da non potersi permettere neppure una chitarra Stella economica (che poi io ho comprato proprio a Detroit!). Quei bluesman chiamavano la chitarra “the box”, perché spesso non era che questo: una cassa che percuotevano per amplificare i canti di lavoro e di disperazione. Costruendole in casa, rigorosamente con materiale riciclato e povero, ho cercato di avvicinarmi all’essenza di questa musica. Il blues, quello che piace a me, non è musica per chi sa fare più assolo, ma quello di chi ci mette più anima. E lo stesso vale per la mia scrittura: non mi interessa stupire il lettore con chissà che capacità retoriche. Il mio intento, nella musica, come nella scrittura, è prendere per mano chi mi sta a sentire o chi mi legge, e accompagnarlo in un viaggio nell’anima. Lì non c’è posto per assolo, trucchetti da rockstar o da scrittori da bigliettini da Baci Perugina. La mia scrittura, e la mia musica, è scavare in profondità. È sporcarsi le mani. È cercare di raccontare i conflitti, scavare nel torbido, da cui spesso affiorano certi gioielli perduti. Ascolta "Dark was the night". Leggi un racconto qualsiasi di Carver. Guarda un film di Jarmusch. Tutti grandissimi immensi geniali artigiani.

D: A chi vuoi sia indirizzato il tuo libro? Musicisti, appassionati di musica, viaggiatori sognanti, chitarristi con poche corde?
V: Sicuramente l’appassionato di musica avrà di che divertirsi, e il viaggiatore troverà tanti spunti per futuri viaggi, ma non ho pensato a un pubblico di riferimento di soli musicisti: sicuramente la musica è la “scusa” che mi ha fatto intraprendere i viaggi, ma c’è molta letteratura, molto cinema, addirittura architettura e paesaggio. Insomma, come dico spesso, non è un libro sul blues come genere musicale, ma è un libro sul suono dell’anima delle città, sul battito profondo che scorre sottoterra da secoli nei luoghi. Il "city blues" è musica, è cibo, sono sapori, sono discussioni al bancone di bar, nei retro dei ristoranti... È un libro sulla vita! C’è tanta musica, tanti aneddoti musicali, ma per godere al meglio del libro bisogna voler sognare. Con un po’ di tristezza ho notato che molti musicisti lo prendono in mano e, capito che non parla di loro, nemmeno lo sfogliano. Ho dovuto accettare, con grande sorpresa e un po’ di rammarico, che molti di loro non solo hanno un ego granitico che li zavorra, ma sono di una superficialità imbarazzante. E dunque io dico sempre: prendete questo libro e partite. Il mondo è così meraviglioso che non vale la pena cercare di distruggerlo, basta sognarlo.



D: Sempre più spesso mi dico che i media avrebbero bisogno di gente come te per la giusta diffusione della cultura, hai mai provato a estendere la tua capacità di catapultarci in una storia magari tramite la radio o la televisione?
V: Purtroppo negli ultimi anni le redazioni di giornali, radio e tv sono in mano a gente mediocre che ha smesso di sognare. Anche in Italia abbiamo avuto tanti bei progetti, tutti più o meno falliti. Ho provato a proporre i miei viaggi a giornali di tutti i tipi e, se ti rispondono, ti propongono di scrivere gratis! Gratis, dico! È umiliante. Come pago le bollette a scrivere gratis? E, bada, parliamo di giornali che comunque costano un bel po’, e che in molti casi prendono finanziamenti ministeriali o mazzette dagli sponsor. TV e radio vivono solo di pubblicità. Qualcosa resiste, ma relegata in fasce orarie improponibili. È una situazione davvero disarmante. Io faccio un altro lavoro che mi permette di viaggiare e scrivere senza dovermi piegare a un caporedattore per fare l’autore dei testi di un talent show. Mi vergognerei con mio figlio prima di tutto. La superficialità della cosiddetta cultura italiana è avvilente.

D: So che stai portando in giro i tuoi personalissimi reading in giro per lo Stivale. Che reazioni cogli?
V: Nonostante tutto io continuo ad andare avanti. Non mi fermo. Fino a quando avrò anche un solo spettatore ai miei reading, continuerò a girare con la mia chitarra di cartone a raccontare le mie storielle e a farmi quattro risate. Anche se la gente dopo dieci minuti si butta sul cibo e non gliene frega niente di me. Il premio letterario più bello che vinco quasi ogni settimana è qualcuno che mi scrive che è partito per Los Angeles, o Berlino o Detroit col mio libro come guida spirituale! Cosa posso volere di più? La gente è inaridita e lobotomizzata dalla televisione spazzatura. Posso combatterla io con burrito volanti, UFO, il suono dell’anima delle città, Bertolt Brecht e i cowboy solitari di Sam Shepard? Non lo so, ma almeno ci provo...

E con queste parole Vittorio ci congeda, io intanto riprendo il libro in mano e lo conservo in valigia, perché mi sa che, una seconda lettura sotto l’ombrellone, queste pagine se la meritano tutta!
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