VINTAGE VAULT SHG MUSIC SHOW PEOPLE STORE
Ha senso avere un suono stereo in live?
Ha senso avere un suono stereo in live?
di [user #1906] - pubblicato il

"Avendo acquistato il DD-500 della BOSS mi trovo a dilettarmi con le sue modalità di delay in stereo. Mi sto però chiedendo se sia una buona idea utilizzare dei suoni stereofonici in un contesto live; temo che un suono stereofonico sia controproducente - oltre che poco utile - perché finirebbe per penalizzare gli ascoltatori a lato del palco." Abbiamo chiesto un parere a Enrico Sesselego, fonico - tra i tanti - di Paul Gilbert e Steve Vai.
Avendo acquistato il DD-500 della BOSS mi trovo a dilettarmi con le sue modalità di delay in stereo, lo sto usando in casa per ora e sempre in cuffia. Mi sto salvando alcuni bei suoni che mi potranno servire anche in live, lo uso abbinato ad un POD XT che anch'esso ha la modalità di uscite stereo per entrare direttamente nel mixer. Mi sto però chiedendo se sia una buona idea utilizzare dei suoni stereofonici in un contesto live: come tutti sappiamo, e come sempre succede, nei contesti dal vivo, siano pub piccoli o grandi o serate all'aperto, il pubblico che sta alla destra dell'impianto percepisce molto di più, se non in alcuni casi, quasi esclusivamnete, ciò che esce dalla cassa destra e viceversa per chi sta alla sinistra. Mi dico quindi che forse, un suono stereofonico sia controproducente oltre che poco utile, perché il non sentire ciò che esce dall'altro lato del palco potrebbe alla fine imbruttire un suono invece molto bello se ascoltato in un contesto diverso.
Quindi chiedo a chi ha esperienza al riguardo, perché leggo che molti usano dei setup stereofonici, come viene gestita la situazione.

Ha senso avere un suono stereo in live?

Risponde Enrico Sesselego.
Sesselego ha lavorato in studio come assistente e fonico per Steve Vai e Paul Gilbert. Con Gilbert è stato anche fonico in vari tour ed è pronto a ripartire per la prossima tournè europea del chitarrista che inizierà ad ottobre. Ha appena registrato mixato il nuovo disco dei Dolcetti, band che segue anche dal vivo.

Il chitarrista che dal vivo  desidera servirsi  di un suono stereo, deve confrontarsi  con la necessaria mediazione e compromesso con la   realtà imposta dal palco. Valgono infatti, le considerazioni del nostro lettore: utilizzare un suono stereo potrebbe far incorrere in grossi sbilanciamenti di ascolto soprattutto per gli spettatori disposti lateralmente rispetto al palcoscenico.
Ci sono però, anche altre riflessioni da tenere a mente. La prima che mi sento di evidenziare è che – ahimè - non tutte le situazioni nelle quali ci si trova a suonare sono ottimali, sia dal punto di vista della location che dell'impianto audio. Tutti noi vorremmo disporre sempre di un impianto adeguato con service preparato e disponibile, condizioni capaci di offrire a noi e al pubblico,  una situazione di ascolto pulita e quanto più corretta possibile; ma la realtà non è questa.
Lo dico per esperienza personale, dato che mi è capitato di trovarmi a lavorare con set up decisamente non ottimali, nonostante la qualità delle produzioni nelle quali ero coinvolto, lo avrebbero richiesto.
Parlando di suono, per esempio, Paul Gilbert nell’ultimo tour utilizzava due amplificatori con i quali potevo creare un'immagine stereo: nel suo caso c’era la volontà di  creare un muro del suono, nel quale la stereofonia era creata dall’utilizzo di  un doppio phaser o di un phaser stereo.  Questa soluzione garantiva un certo "movimento" del suono, che risultava aperto pur mantenendo una notevole compattezza.

Ha senso avere un suono stereo in live?

Il tuo caso però è diverso visto che vorresti preservare l'immagine stereo (magari con risultati di Vaiana ed Holdsworthiana memoria) creando degli ambienti e degli spazi ben definiti.
Ti suggerirei di seguire una strategia che, come detto, medi le tue esigenze con quelle del palco. Insomma, un compromesso accettabile!
L'ideale potrebbe essere tenere le tue uscite L/R del tuo segnale non pannate in maniera drastica sul mixer, evitando ciò che si chiama "hard left" o "hard right" setting, soluzione che magari, un fonico potrebbe avere di primo approccio. Regolando invece i pan pot del canale Left & Right rispettivamente tra ore le 9/10 e l'altro 2/3. Ciò creerebbe un netto vantaggio del segnale principale nel canale in questione con il suo delay dominante; allo stesso tempo ci sarebbe una riproduzione di ciò che succede all'altro canale, con una sua riduzione del volume drastica ma che  comunque restituirebbe garantirebbe agli spettatori laterali un'idea accettabile dell'immagine stereo desiderata.
Un consiglio extra: fai in modo che il segnale del delay sia ben pulito ed equalizzato con perizia dal punto di vista delle frequenze, soprattutto dalle basse e medio basse. Di sua natura il delay accentua le acute e pulirlo ulteriormente sulle frequenze gravi e medie lo renderebbe più intellegibile. Questo suggerimento vale sia nel contesto stereo appena analizzato ma anche in un utilizzo tradizionale, miscelato con il suono straight della chitarra.

Ha senso avere un suono stereo in live?
Boss enrico sesselego stereo guitar
Link utili
Il sito di Enrico Sesselego
Mostra commenti     14
Altro da leggere
Più opzioni, meno lavoro
Doppiare un riff a otto corde
Registrare un live di Paul Gilbert
Perché usare la DI anche con la chitarra classica
Home studio: pre e cavi in ordine
Ampli o digitale? Intanto mettiamo le cuffie
Articoli più letti
Seguici anche su:
Scrivono i lettori
Serve davvero cambiare qualcosa?
70 watt non ti bastano? Arriva a 100 watt!
Manuale di sopravvivenza digitale
Hotone Omni AC: quel plus per la chitarra acustica
Charvel Pro-Mod DK24 HSH 2PT CM Mahogany Natural
Pedaliere digitali con pedali analogici: perché no?!
Sonicake Matribox: non solo un giochino per chi inizia
Ambrosi-Amps: storia di un super-solid-state mai nato
Il sarcofago maledetto (e valvolare) di Dave Jones
Neural DSP Quad Cortex: troppo per quello che faccio?




Licenza Creative Commons - Privacy - Accordo.it Srl - P.IVA 04265970964