Quando l'imperfezione diventa sinonimo di unicità?
di PegasusVanDerKlyne [user #19758] - pubblicato il 18 febbraio 2017 ore 08:00
Che sia una cicatrice guadagnata sul campo o un piccolo difetto congenito che ci permette di riconoscere la nostra chitarra tra mille altre, fino a che punto l'imperfezione è sinonimo di unicità?
Sono un felice possessore di quattro splendide ragazze. In ordine dalla più anziana, mi fanno compagnia una Ibanez JEM 77FP del 1998, una Gibson Les Paul Custom Ebony del 2001, una Ibanez JEM 7VWH del 2007 e una Fender Jimi Hendrix Stratocaster del 2015.
Ebbene, nessuna di queste bellezze è perfetta esteticamente.
Quando le acquistai (la 77FP e la Les Paul Custom sono state acquisite da precedenti proprietari) non mi concentrai particolarmente sulla perfezione estetica, sulla qualità delle finiture o altre caratteristiche meramente esteriori. Mi interessavano la risonanza dei legni, il feeling con il manico e la qualità timbrica. La voce è tutto!
La mia amata Les Paul, per esempio, ha un difetto del filetto inferiore (più spesso del normale) che ha portato a un micro solco della vernice lungo tutto il profilo. Per me è un segno di unicità, e il suono è davvero grandioso.
La Fender Jimi Hendrix mostra una verniciatura non perfettamente omogenea. È estremamente sottile ma anche in questo caso, dopo averne provate sei (quattro bianche e due nere), è l’unica che mi ha rubato il cuore!
Spesso mi confronto con chitarristi fanatici (o meglio maniaci) della perfezione fine a se stessa: mai un graffio, mai un segreto, mai una sbavatura.
Ora, so di parlare a un pubblico costituito al 99% da musicisti: molti di voi saranno professionisti, o quasi. Meglio di me comprenderete l’importanza di quando detto poche righe sopra.
Uno strumento musicale deve, in primo luogo, appagare le nostre orecchie (e la nostra anima). L'estetica, purtroppo, il più delle volte è fine a se stessa.
Personalmente non amo gli esemplari malconci e non mi convincono quelli che oggi chiamano, commercialmente, “relic” di fabbrica: li trovo privi di senso. Ma anche certe chitarre troppo imbustate e dall’aria fighetta non mi attraggono: sono corpi da suonare, non soprammobili!
Credo che uno strumento debba emozionarci, anche con la sola forza della propria vocalità. Le finiture sono importanti solo quel tanto che basta per renderlo appetibile agli occhi al momento del primo incontro. Poi, una volta imbracciato, tutto cambia: entrano in gioco infinite costanti, le quali devono essere prese in seria considerazione per condurci alla costruzione di una "relazione musicale" stabile e duratura.
Voi cosa ne pensate?