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Per scrivere musica servono le emozioni
Per scrivere musica servono le emozioni
di [user #116] - pubblicato il

Come si scrive una canzone? Esiste un processo di scrittura e composizione organizzato? L'abbiamo chiesto a Luca Francioso, uno dei chitarristi acustici più brillanti del panorama nazionale. Luca non solo è uno strumentista pregevole ma anche autore, didatta e persino scrittore. Stimolati e incuriositi dalla prolifica produzione discografica di Luca, gli abbiamo chiesto di raccontarci il suo approccio alla composizione e alla scrittura.
Da qualche mese, stiamo approfittando dell'esperienza e disponibilità di Luca Francioso per raccogliere pillole didattiche di grande interesse per i nostri lettori. Abbiamo parlato di warm up, esercizi e riscaldamento, aspetti decisivi per ogni musicista, classico o moderno; e abbiamo chiesto a Luca qualche suggerimento per vivacizzare i giri di accordi più scontati, integrando questo approfondimento con alcune riflessioni sull’arrangiamento di un pezzo.
Oggi parliamo di composizione.
Luca racconta di non aver impostato in maniera pragmatica il suo approccio alla scrittura ma di rendersi conto di avere, al momento tre vie, tre metodi di composizione.
Quello che favorisce è il primo, un approccio nel quale la chitarra diventa mezzo per decifrare delle emozioni.

Per scrivere musica servono le emozioni

Questo è un processo impegnativo e non immediato: non sempre è facile trovare una musica capace di riflettere, per intero, l’entità dell’emozione che ci ha scosso e ispirato. Ma quando accade e la musica scritta riesce a riflettere in toto la  portata dell’emozione che l’ha  scaturita, Luca ci dice di sapere, da subito, di trovarsi di fronte a una composizione importante.
Il secondo  metodo è diametralmente opposto: si tratta di un tipo di ricerca più tecnica attraverso la quale si cerca di scovare sul manico idee melodiche e progressioni di accordi che possano risultare interessanti. In questo caso però, fino a quando non esce un’emozione capace di associarsi alle idee musicali trovate, il brano non resta che una buona idea parcheggiata in un cassetto.
La terza maniera di comporre, infine, è la più naturale e giocosa: interessa la capacità di catturare al volo gli spunti intriganti che escono da semplici improvvisazioni chitarristiche, da momenti in ci si sta suonando per semplice diletto. Ma, anche in questo caso, sarà decisivo trovare un'emozione da accostare a questi spunti, per completare il processo narrativo che una canzone deve avere.



Segnaliamo la pubblicazione di "Studio ostinato” il nuovo manuale didattico per chitarra acustica di Luca. Obiettivo di questo manuale è lo studio del basso ostinato, tecnica che  favorisce l’indipendenza del pollice della mano destra, necessaria per eseguire al meglio l'approccio fingerstyle. Il libro si prefigge, attraverso una serie di studi, di ottimizzare tale indipendenza attraverso 10 composizioni originali. Ecco il link per trovare più informazioni sul manuale.
lezioni luca francioso
Link utili
Il sito di Luca Francioso
"Studio ostinato" il nuovo manuale di Luca

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di satch1995 [user #30325]
commento del 31/03/2017 ore 10:56:35
Bello spunto di riflessione che aiuta a capire il mondo interiore e personale di ognuno di noi. Credo che riuscire a categorizzare questi processi mentali astratti sia molto utile per organizzare al meglio il lavoro compositivo. Grazie per lo spunto, mi piacciono gli articoli di questo tipo
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di darkfender [user #16554]
commento del 31/03/2017 ore 11:57:20
Da chitarrista di una certa età ho frequentato scuole e insegnanti di chitarra per 13 anni al fine di imparare a comporre... E sempre le stesse risposte "emozione", "esperienza", "fai delle prove". Poi un giorno ho iniziato a studiare anche pianoforte e finalmente ho trovato competenza e risposte concrete. E ancora mi chiedo perché la didattica chitarristica sia così carente a riguardo visto che la risposta non dipende dallo strumento. è come se andaste da un insegnante di chitarra a chiedere come si suona e lui rispondesse... prova a metter le mani a caso e vedi cosa è bello... certo in alcuni casi funziona, ma non è certo un sistema da consigliare soprattutto se esistono risposte concrete.
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di satch76 [user #19713]
commento del 31/03/2017 ore 14:45:29
Sono d'accordo.

Le risposte concrete ci sono eccome: teoria, armonia, composizione, ear-training, contrappunto.

Dopo viene lo strumento.
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di E! [user #6395]
commento del 31/03/2017 ore 14:56:2
La didattica chitarristica (anche se generalizzare è sempre sbagliato) è carente sotto questo aspetto perché la chitarra, spesso, si suona con gli occhi.
Molti insegnanti usano e fanno usare le tablature, le scale disegnate con i "pallini", esercizi di tecnica che si basano su simmetrie e non sulla musica vera e propria.

Il... "chitarrista tipo" ha una visione parziale, suona ma non conosce la nota che sta suonando in quel momento, né il rapporto che c'è tra la stessa e l'accordo sottostante. Si suona "per posizioni" (metto il dito lì e produrrò un suono che "ci sta"), e questo significa suonare con gli occhi, piuttosto che con le orecchie.

Il consiglio che non mi stanco mai di ripetere è di cantare (anche solo mentalmente) quello che si improvvisa o che si vuole "scrivere": la mano è limitata, ha una memoria muscolare, tende a fare sempre le stesse cose. La mente è un attimino più libera.



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di E! [user #6395]
commento del 03/04/2017 ore 23:28:56
Preciso che il mio commento non è riferito a Luca Francioso, che non conosco (a parte il fatto di averlo visto suonare e suona alla grande); lo scrivo poiché rileggendo il thread potrebbe sembrare una critica al suo modo di comporre, tra l'altro anch'io ho seguito strade simili (sebbene non mi interessi seguire quello che per lui è il "terzo metodo").

Il mio commento era riferito, più in generale, all'impostazione "praticona", un'impostazione che può rendere il musicista più attento a quello che succede sul manico che alla musica.
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di lucafrancioso [user #46669]
commento del 31/03/2017 ore 16:32:49
Ciao darkfender e grazie del tuo commento. Il breve video non aspira ad essere un trattato sulla composizione, ma solo una testimonianza sul mio personalissimo approccio compositivo. Quello della composizione è un argomento meraviglioso e vastissimo e sono felice che tu abbia trovato le risposte che cercavi al riguardo. Se pensi che quanto da me condiviso non sia un "sistema da consigliare", naturalmente sei libero di non seguirlo. Io spero che la mia esperienza, qui sintetizzata in poche parole, possa essere utile a qualcuno. Ti auguro ogni bene e buona musica.
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di Claes [user #29011]
commento del 31/03/2017 ore 12:15:35
"servono le emozioni"! Assolutamente. Devo dire che ho grandi difficoltà a scrivere musica strumentale (solo 2 pezzi ragionevolmente decenti in vita mia!) - parto da una idea generale di una storia da raccontare, cioè parole da essere ritmiche e solamente in inglese. Sono forse un paroliere che suona la chitarra! A parte assoli, il resto è in open tuning cambiando da pezzo a pezzo anche sull'acustica western. Ho una classica Juan Orozco (ottima) ma è un peccato che la suono di rado... La ragione per scriverti è un'altra - musica classica odierna di "avanguardia".
Qui si tratta di Alberto Mesirca che ha inciso un album di pezzi composti da Claudio Ambrosini intitolato "Song Book for Guitar" appena pubblicato sulla label Kairos. Ti passo link di un pezzo che rende l'idea: Ciaccona del giglio vai al link
Gli spartiti sono roba da Ufo! Ambrosini è "a very long story" dato che lo conosco dal 1970 - Mesirca è però una nuovissima scoperta!

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di RedPuma [user #43439]
commento del 31/03/2017 ore 14:40:40
Bene o male, uso un po tutti e tre questi metodi per le mie composizioni.
Ma debbo dire che li uso sempre in modo piuttosto "ibrido".
Metto continuamente da parte singole idee... poi quando voglio tirar fuori una canzone che parli di un dato argomento, associo alcune di esse assieme, do loro una struttura ed ecco il brano composto.
A volte alcuni riffs accattivanti mi arrivano in stato di dormiveglia... spesse volte sono così belli che quasi immediatamente ci compongo subito attorno un brano finito.
Con tutta la dimensione musicale attorno a me, con le emozioni e le situazioni che voglio comunicare nella composizione di un brano, con la funzione narrativa della musica sempre a portata di mano, la composizione è sempre piacevole per me. Non riesco a comporre se non sono ispirato. Il mio Mini-CD appena pubblicato è nato tutto così. E ne sono fiero.
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di Iconoclast76 [user #43596]
commento del 01/04/2017 ore 10:17:3
piacevole spunto che puo aiutare a barcaminarsi, io in passato facevo come lui , da quando invece i brani me li compongo in testa senza suonare lo strumento sto scoprendo na marea di scale strane giri di accordi inusuali , seguo cio che mi dice il cervello e non la tastiera, provare per credere!!
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di chikensteven utente non più registrato
commento del 01/04/2017 ore 14:06:4
per scrivere musica servono le emozioni, e non serve per forza la chitarra aggiungerei... ognuno credo abbia il proprio, a me capita di avere idee quando sono fuori casa senza niente alla mano, e i forti studi che ho fatto in passato con ear training, mi portano a cantare gli intervalli della melodia che ho in testa, di conseguenza rimane tutto memorizzato fin quando non rientro e appunto tutto, mi è capitato anche mentre dormivo di sognare melodie, ed una volta tenendo un rec mp3 sul comodino , svegliato all'improvviso ho ricantato gli intervalli della melodia registrando tutto per poi l'indomani lavorarci. un consiglio prezioso e studiare molto l'ear training:)
Rispondi
di Claes [user #29011]
commento del 01/04/2017 ore 16:16:49
Il tuo metodo lo applico camminando per strada o su per le scale canticchiandomi qualcosa. O fare un overdub mentale ascoltando musica. Bendings impossibili sono possibili. Ascoltando le campane può dare idee, il canto di uccello, un qualche rumore ritmico, uno sbaglio di esecuzione fa scoprire un accordo mai provato... Tutto roba standard, niente di nuovo!
Ear training è per me un Midi GM 128 patches + sequencer / rhythm box. Secondo me, bisogna dapprima avere le referenze musicali a posto e mentalmente "accordati"! ChikenSteven: devi darci qualche lume più dettagliato su questa faccenda ear training.
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di chikensteven utente non più registrato
commento del 01/04/2017 ore 19:07:13
beh molte scuole di musica adottano anche lo studio di ear training per migliorare l'orecchio, io essendo anche ipovedente e ho studiato musica all'accademia di musica di modena il mio insegnante si divertiva molto con me a stuzzicarmi facendo scale o accordi di qualsiasi tipo oltre anche a suonare intervalli con il piano e anche la chitarra, per vedere quello che sapevo riconoscere, ma questo non è solo un gioco, serve molto a canticchiare intervalli con la mente e riconoscerli, che per la vita di un musicista che compone è molto importante, oltre però allo studio generale dell'armonia. In pratica l'ear training non è un esercizio per avere l'orecchio assoluto, ma per migliorare molto l'orecchio relativo e poi, come diceva il mio insegnante, "nella musica, caro Stefano, senza un buon orecchio non ti muovi da nessuna parte".
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di Guycho [user #2802]
commento del 02/04/2017 ore 19:00:55
"senza un buon orecchio non ti muovi da nessuna parte"

Deve essere un ottimo maestro.
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di chikensteven utente non più registrato
commento del 01/04/2017 ore 20:55:12
comunque claes, siamo tutti dei pasticcieri, e quando vogliamo ideare un dolce tutto nostro, utilizziamo le tecniche di realizzazione bene o male consone a chi fa parte del mestiere, ma quando andiamo ad estrappolare le ricette penso che ognuno si avvalga dei propri ingredienti segreti che fanno parte del bagaglio personale ecco perche certi studi ci differenziano, ma l’importante è il prodotto finale e non importa con quali mezzi lo raggiungi a ciascuno il suo metodo
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di darkfender [user #16554]
commento del 03/04/2017 ore 19:12:21
Guarda non è così.
Abbiamo la storia della musica piena di musicisti che hanno composto così tanto da non aver certo tempo di affidarsi alle emozioni.
Lo stesso Beethoven per comporre da sordo doveva per forza affidarsi a un metodo solido di composizione.

Il problema è che nella didattica della chitarra non si studiano nemmeno le basi un po' per il limite dello strumento (i voicing degli accordi sono limitati soprattutto se si va oltre alle 3 note) un po' perché abbiamo rimpiazzato secoli di tradizione europea con pochi decenni di tradizione americana più volta alla praticità il prima possibile.

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di Guycho [user #2802]
commento del 03/04/2017 ore 20:41:49
"Abbiamo la storia della musica piena di musicisti che hanno composto così tanto da non aver certo tempo di affidarsi alle emozioni.
Lo stesso Beethoven per comporre da sordo doveva per forza affidarsi a un metodo solido di composizione."

Non capisco perchè le due cose non possano andare insieme.
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di Mariano C [user #45976]
commento del 04/04/2017 ore 01:07:08
studiare armonia sulla chitarra è più difficile ma non impossibile. Con la chitarra puoi fare tutte le triadi fondamentale/terza/quinta a parti strette e late, e se aggiungiamo le settime tutti i drop 2, drop 3 e drop 2/4 vengono facili. certo ha ragione che ci sono dei limiti, ma anche con i voicing a 3 voci comprendenti le estensioni si riesce a fare un sacco di cose. certo è lungo e meno immediato del piano per una questione di organizzazione geometrica dello strumento. Ma studiare tutti i cicli armonici in tutte le tonalità aiuta un sacco anche per la composizione e fa scoprire moltissime soluzioni
Rispondi
di Claes [user #29011]
commento del 05/04/2017 ore 11:12:23
Mi affido quasi sempre a open tunings inventate sul momento, ispirato da Joni Mitchell, e questo per registrare - devo poi "tradurre" per adattare il pezzo per una accordatura standard suonando dal vivo. Evito una 3a minore o maggiore. Per covers cambio accordi in maniera radicale lasciando la linea melodica originale e un esempio divertente è "House Of The Rising Sun" che potete utilizzare da cover-della-cover. vai al link - l'armonica è di Haakan Sjöström (svedese) che è da giovane stato a Londra e ha suonato per un periodo alla "scuola del Blues" di Alexis Korner. Stranamente, Haakan non ha avuto problemi col tempo metronometrico di un sequencer per la base.
Certe volte, ho tolto una corda Re o Sol e anche accordato i due cantini all'unisono per un effetto da 12-corde. Mi aiuta a comporre. Non riesco però a suonare assoli altro che in accordatura standard!
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di darkfender [user #16554]
commento del 07/04/2017 ore 09:51:55
Appunto. Il problema è che un processo compositivo senza un pianoforte sarà sempre più efficace su spartito che con lo strumento in mano.
Il pianoforte per mette di visualizzare il moto delle parti e tutto il resto, ma una chitarra non offre questa possibilità in maniera efficace per lo stesso motivo per cui i chitarristi non leggono gli spartiti.

Chiaro che poi il processo compositivo accade in testa o ancor meglio su carta, quindi lo strumento è solo un aiuto.
La chitarra aiuta davvero poco però...
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di Guycho [user #2802]
commento del 07/04/2017 ore 12:49:56
Aiuta a livello ritmico, non meno importante dell'armonia.
Rispondi
di eugenio01 [user #39191]
commento del 03/04/2017 ore 23:23:40
--------> qualche suggerimento per vivacizzare i giri di accordi più scontati
facilissimo. Modern chord progressions di Ted Greene. poi ne riparliamo di voicing limitati :-)
Rispondi
di darkfender [user #16554]
commento del 07/04/2017 ore 09:58:29
Hai presente quando parlavo di tradizioni Europee?

Il problema è proprio questo... nella teoria più "praticona" insegnata ai chitarristi si imparano tanti trucchetti.

Nella teoria classica (che si può applicare a tutto e parlo solo delle basi nemmeno di composizione avanzata), si ottengono gli strumenti per fare qualunque progressione, quello che rimane al musicista è soltanto la scelta.....

Provo a spiegarmi meglio:
Teoria "chitarristica":
Se fai questo ottieni questo effetto.
Teoria classica:
Se vuoi questo effetto lo ottieni in questo modo.

Quale dei due ti sembra più efficace? un sistema quasi nozionistico o uno che ti dà il controllo dalla base e ti permette di andare oltre al singolo strumento?

Chiaro con il primo ottieni risultati prima... motivo per cui è diventato tanto popolare con lo strumento che appunto dà risultati in poco tempo. (che non vuol dire che sia semplice).
Rispondi
di eugenio01 [user #39191]
commento del 08/04/2017 ore 12:24:58
Sempre tenendo conto che musica classica\colta e jazz\rock\pop\blues a livello teorico coindividono le 12 note e ben poco altro.
Suona con uno uscito dalla berkley ed uno uscito dal conservatorio e poi vedi chi butti dalla torre.
Sono universi che non non han punti di contatto, nemmeno a livello teorico per cui avere solidissime basi "classiche" serve meno che a zero se suoni tutto quello che deriva dal blues, dal delta sino a miles davis.
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di Mariano C [user #45976]
commento del 08/04/2017 ore 13:57:04
in verità i jazzisti dagli anni 40 in poi studiavano sugli unici metodi di teoria esistenti allora, cioè quelli classici. E nel pianismo di Herbie Hancock, Bill Evans o Mcoy Tyner è molto evidente la cosa. Per non parlare di tutto il lavoro fatto da Miles Davis e Gil Evans, come sketches of spain e la loro versione di un brano classico come concerto de aranjuez. O intere frasi copiate pari pari da Charlie Parker prese direttamente da Chopin. Quello che cambia è più l'impostazione metodologica di studio e pratica che la teoria, che è sostanzialmente quella. Se si vuole capire la musica a livello profondo e strutturale bisogna studiare armonia e contrappunto, non c'è niente da fare. Poi non tutti devono spararsi 3 anni di studi sulla fuga e il contrappunto classico se l'interesse va in un altra direzione, ma tutto il discorso scale soluzioni armoniche eccetera passa per la teoria classica, che ha già usato tutto. Il jazz e la musica afroamericana non hanno inventato nulla dal punto di vista delle regole. Ah la Berkley E' un conservatorio, e i programmi ministeriali dei nostri conservatori ci somigliano parecchio, sopratutto nei dipartimenti di jazz e pop (che sono realtà consolidata da più di 15 anni ormai). Ma anche in quello classico non è che fanno cose tanto diverse.
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