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Come nasce un piatto di batteria: scuole a confronto
Come nasce un piatto di batteria: scuole a confronto
di [user #116] - pubblicato il

Ogni marchio adotta formule per le leghe metalliche e processi unici. Eccoli a confronto in un'occhiata dentro alcune delle fabbriche di piatti più amate.
La fabbricazione di un piatto musicale non è un procedimento standardizzato. Le fasi che portano il metallo fuso a diventare un sottile disco capace di vibrare in maniera armoniosa e poderosa al tempo stesso sono ben note a chiunque bazzichi l'ambiente, ma ogni costruttore ha una propria formula per i materiali e adotta accorgimenti e macchinari specifici per raggiungere il risultato desiderato.
La tradizione turca ha certamente fatto scuola, ma le differenze con le più recenti evoluzioni d'oltreoceano o l'artigianato italiano sono sostanziali, e sbirciare dentro le fabbriche di alcuni tra i costruttori più apprezzati al mondo può essere illuminante per comprendere il lavoro che c'è dietro.

Come nasce un piatto di batteria: scuole a confronto

Tutto comincia da una "pagnotta" di metallo. Ogni costruttore ha una sua lega segreta, frutto di ricerche sul migliore rapporto tra flessibilità, resistenza e sonorità dei materiali.
Il blocco iniziale viene riscaldato e si appiattisce sotto una pressa fino a dargli una forma preliminare a disco.
Il metallo viene quindi temprato mediante un abbassamento rapido ed estremo della temperatura, e lo si fora al centro della campana tagliando l'eccesso in base alla misura che dovrà avere a lavoro terminato.
Si procede poi con la martellatura, a mano o con l'ausilio di macchine. È un processo delicato, perché ogni pattern determina un suono diverso. Se un procedimento automatizzato può garantire una produzione più uniforme, alcuni costruttori preferiscono un importante intervento umano in questa fase per far sì che ogni maestro all'opera infonda il suo preciso "marchio di fabbrica" in ogni piatto.
A questo punto, il piatto è già ben riconoscibile. Con l'ausilio di un supporto che lo fa roteare vorticosamente, si "pialla" via l'eccesso per assottigliare e liberare dall'ossido la superficie del piatto, rendendolo lucido. Anche è fondamentale l'esperienza dell'operatore, responsabile del raggiungimento dello spessore e dell'uniformità necessari per il profilo finale.
Alla fine, un ultimo taglio rifinisce i bordi e conferisce al piatto il diametro definitivo. Non resta che misurare, pesare e suonare il piatto per il controllo qualità, consegnandolo al periodo di maturazione (da alcuni giorni a diverse settimane) per lasciare che il metallo si assesti prima di arrivare nei negozi.

Internet è una miniera di informazioni in tal senso, ed è facile scoprire cosa accade nelle fabbriche dei maggiori costruttori di piatti per batteria intorno al Globo. Zildjian è stata protagonista di un documentario per la TV, proposto qui di seguito.



Leggermente diverso è il processo adottato da Sabian, che vede un intervento umano maggiore.



Istanbul non ha mai preparato un promo vero e proprio, ma grazie alle visite guidate in sede è possibile vedere anche cosa succede sotto la firma Agop... o martellare con le proprie mani un piatto!



Dall'Italia, Ufip mostra un approccio ancora diverso, ed è emozionante vedere come anche il controllo qualità finale non si limiti a un semplice check degli elementi, ma rappresenti esso stesso una fase di lavorazione del prodotto, con gli ultimi colpi di martello laddove necessari.



Un fascino decisamente artigianale proviene dagli stabilimenti turchi di Bosphorus. Sembra di guardare dritto dentro una vecchia fonderia, più un'officina artigianale che una semplice catena di montaggio di oggetti musicali.



Martellature a mano e macchinari ridotti allo stretto indispensabile anche per Turkish.



Una ripresa amatoriale nel laboratorio Masterwork mostra una realtà ancora più antica. I fori al centro dei piatti vengono eseguiti con una pressa manuale anziché con un trapano o una punta idraulica, e lo spessore viene regolato a mano, con dei pioli a fare da fermi e riferimento per la mano dell'artista.



Si tratta di processi complessi, sia per la maestria necessaria sia per i macchinari richiesti e la pericolosità nell'usarli. Tuttavia, esplorando la Rete, non è raro incappare in degli esperimenti a volte strampalati di hobbisti alle prese con piatti artigianali di ogni tipo, come quello ricavato picchiando e sagomando... un'antenna satellitare! Nel video non ne viene fatto ascoltare il suono, e non fatichiamo a immaginare il perché.

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di telecrok [user #37231]
commento del 23/10/2017 ore 16:05:58
Ho visto i 2 documentari, uno di produttori turchi e l'altro di una ditta veneta.
C'è una sostanziale differenza tra i 2 processi, differenza significativa che ne determina la qualità.
I turchi ottengono il grezzo mediante forgiatura alla pressa, ovvero da una "bindella" rotonda ottenuta dalla colata della lega, i nostri, direttamente per colata e formatura in stampo del disco per forza centrifuga che poi passano subito alla martellatura dopo la ovvia rettifica al tornio.
Il processo "turco" però prevede probabilmente dello scarto, il controllo delle temperature e degli spessori è dovuto all'esperienza e sensibilità dell'operatore, se non viene condotto al meglio potrebbe dare sgradite sorprese, ma se eseguito a regola è quanto di meglio si possa avere.
Dovendo dare un giudizio sui processi, purtroppo e ripeto purtroppo, sarei propenso a scegliere i primi, il processo metallurgico dei turchi è da preferire, le leghe magari si equivalgono ma il processo di raggiungimento del prodotto finito vista la base di partenza vede i turchi al meglio.
La forgiatura è sempre il sistema migliore nel trattare metalli soggetti a sforzi e/o sollecitazioni, siano di compressione, trazione o vibrazione, lo "stampaggio" è un processo che fa sicuramente guadagnare tempo ma non è sinonimo di qualità, durata e affidabilità.
Sono appassionato di armi bianche e io stesso faccio coltelleria da anni, non mi invento nulla, inoltre tratto certe faccende nell'uso di pistoni, bielle e altre componenti delle mie moto d'epoca.
Il processo costruttivo dei turchi lo sceglierei per i miei piatti di qualità superiore ad altri pur buoni.
Trattandosi di metallurgia, la differenza la fanno la composizione della lega, le temperature di fusione e infine, il pezzo grezzo di partenza della lavaorazione.
Facendo un parallelo con il capo liuteristico, è quanto può passare tra una tavola armonica in legno massello e un compensato o multistrato, anche se di alta qualità.
Non sono un batterista.
Rispondi
di theoneknownasdaniel [user #39186]
commento del 23/10/2017 ore 17:12:23
Io sono un batterista (e chitarrista all'occasione) e solo su UFIP ho avuto una crepa dovuta ad una bolla d'aria creatasi nella fase di stampaggio.
Altri piatti svizzero/tedeschi (che non so come siano stati fatti) non mi hanno mai riservato questo tipo di sorprese. E peccato, perché quel crash suonava davvero bene!
Rispondi
di telecrok [user #37231]
commento del 23/10/2017 ore 18:29:57
Vedi, con la forgiatura questo problema non lo avresti avuto, purtroppo, nel processo a stampo, quando la colata esce dal crogiolo, attraverso l'ugello e arriva allo stampo può subire infiltrazioni, ingoiare detriti o aria e sventure varie, mentre, un bindellone grezzo, massiccio, da colata a gravità, dopo il raffreddamento è sottoposto a pressa o martellatura meccanica, così elimina ogni pericolo ed il disco è sicuramente uniforme, solo ora si passa alla martellatura di fino, infatti la rettifica al tornio è inutile e non viene fatta perchè il disco è già formato ed uniforme nella forma e nella struttura interna, il metallo è stato compresso, stirato e stressato a dovere dal maglio o forgia che dir si voglia.
E' un processo più affidabile.
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