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Piccole, potenti e italiane: Southern The Stalker
Piccole, potenti e italiane: Southern The Stalker
di [user #12444] - pubblicato il

Le piccole testate a transistor guadagnano terreno e affiancano con maggior convinzione i grossi valvolari. È la storia del The Stalker, ampli italiano DOC.
Sembra che il primato delle valvole nell'amplificazione della chitarra elettrica cominci a vacillare: l'affermazione può apparire azzardata, eppure anche il più convinto sostenitore dei buoni cari vecchi tubi termoionici si sarà accorto che negli ultimi tempi il vituperato sostituto digitale si sta facendo strada e che macchine sempre più performanti stanno mantenendo quelle che un tempo erano promesse un po' velleitarie: Kemper, Helix, Multiamp e simili stanno davvero raggiungendo livelli di fedeltà dell'emulazione non solo della timbrica ma anche del feel e della risposta dinamica dei più classici amplificatori a valvole prima insperati.
Ma il digitale non è per tutti e ciò che più lo caratterizza - l'estrema versatilità - a molti non serve, soprattutto se la contropartita è la complessità della programmazione e la mancanza di immediatezza nel trovare il proprio suono ideale.

Come il rinnovato successo degli effetti a pedale di ogni forma, dimensione e prezzo dimostra come molti chitarristi, probabilmente la stragrande maggioranza, non necessitino delle decine di simulazioni di amplificatori e di effetti necessarie a turnisti e membri di cover band, ma si accontentano di avere il proprio suono base da arricchire con l'uso di pochi (o molti) effetti ben scelti. Per costoro la scelta ovvia era fino a poco tempo fa un amplificatore a valvole, ma oggi sembra che le cose stiano almeno in parte cambiando.

Chi è attento alle tendenze del mercato degli amplificatori avrà notato negli ultimi due anni il proliferare di amplificatori allo stato solido caratterizzati da dimensioni sempre contenute, pesi piuma e potenza ragguardevole. La tipologia è varia: si va dalle mini testate, quasi tutte debitrici della vecchia Crate Power Block (DV Mark, Quilter, Seymour Duncan, la nuova serie Vox MV 50) agli amplificatori per pedaliera (dai minuscoli ed essenziali Electro Harmonix Caliber e Mooer Baby Bomb al completissimo Bluguitar Amp 1, passando anche qui per Duncan). Molti di questi amplificatori, ma non tutti, sfruttano finali in classe D, alcuni hanno una valvola nel preamplificatore, quasi tutti sono completamente analogici: uno solo (Yamaha THR 100) ha un preamplificatore basato su emulazioni digitali ma nell'uso non si discosta da un tradizionale amplificatore analogico. Tutti sono caratterizzati da una qualità timbrica e da una risposta al tocco che si avvicinano sempre di più a quelle delle valvole e in più l'affidabilità, la silenziosità, le dimensioni sempre più contenute e il peso sempre più ridotto sono una forte tentazione anche per coloro che le differenze le sentono, ma sono disposti a un piccolo compromesso a favore della trasportabilità e della comodità d'uso.
Non è da trascurare, inoltre, il fattore economico: le più care e complete tra le mini testate in commercio costano come un valvolare di fascia medio bassa, ma competono per potenza, versatilità e qualità timbrica con amplificatori di livello ben superiore.

Da sempre curioso di tutto ciò che c'è di nuovo nel mondo della chitarra e ora anche spinto dalla necessità personale di un amplificatore piccolo e leggero, ho provato due esempi recentissimi di mini testata, caratterizzati da elementi comuni (progetto italiano da cima a fondo, grande potenza, notevole dinamica, mandata effetti, riverbero, possibilità di lavorare come preamplificatori senza collegare un carico al finale) ma anche molto differenti tra loro (da una parte una sorta di coltellino svizzero di costruzione artigianale, dotato di due canali e di due diversi booster e dunque capace di adattarsi a qualunque contesto anche senza bisogno di pedali di gain esterni, dall'altra una testata monocanale di produzione industriale, dedicata esclusivamente a un suono pulito californiano, ottima base per i pedali). In questa sede, intendo illustrarvi il mio incontro con la testata Southern Amps "the Stalker" custom.

Piccole, potenti e italiane: Southern The Stalker

Ho appreso di questo piccolissimo costruttore di amplificatori dal sito di Barbanera - l'utente Mehari, ottimo liutaio brianzolo - che, dopo una breve chiacchierata telefonica, mi ha convinto a contattare il costruttore - su Accordo col nickname di Svalvolman - con il quale ho scoperto di avere parecchi conoscenti in comune.
Giovanni (questo il suo vero nome), geniale elettrotecnico, ha accettato di buon grado di farmi provare una delle sue testate e si è dimostrato estremamente generoso di informazioni e opinioni in materia. È difficile trovare una persona così entusiasta di quello che fa e così disponibile a spiegarlo in modo semplice anche a chi, come me, di elettronica capisce poco.

La Stalker (qui nella versione Custom, vale a dire con una ulteriore riserva di gain rispetto allo standard e due opzioni di boost invece che una sola) è, come anticipato, una piccola testata a due canali. Il primo è un pulito che tende a comportarsi come un valvolare, vale a dire con un incremento di medie e di armonici man mano che il volume sale. L'altro è un distorto con controllo di gain (controllabilissimo, ma ce n'è in quantità incredibili) e master. Arricchiscono la sezione gain due booster presettati e inseribili anche a pedale, uno con enfasi sulle frequenze medio-alte e alte, l'altro più lineare. Entrambi possono essere attivati indipendentemente dal canale utilizzato, permettendo di ottenere suoni sull'orlo della saturazione con il canale pulito e lead più incisivi o più cremosi con il canale drive. Completa la sezione pre un singolo controllo di tono, estremamente efficace e perfettamente utilizzabile lungo tutta la sua corsa (cosa rara).
Il riverbero digitale (chip Hammond) è progettato in modo da cambiare la tipologia dell'effetto - non solo l'intensità - lungo la corsa del potenziometro ed è posto, come il controllo di tono, dopo il ritorno del loop effetti.

Piccole, potenti e italiane: Southern The Stalker

L'amplificatore, che pesa meno di tre chili, è contenuto in una scatola Hammond di dimensioni relativamente contenute (potrebbe persino trovare posto in pedaliera) finita con una vernice trasparente che evidenzia l'aspetto grezzo dell'alluminio e l'origine artigianale dell'oggetto. I pannelli anteriore e posteriore sono serigrafati in nero con una grafica eccezionalmente efficace: ogni controllo, entrata e uscita ha la sua etichetta descrittiva e intorno ai potenziometri un motivo tipo rosa dei venti o stella a più punte permette un riferimento di posizione preciso in modo originale e decorativo. Una semplice maniglia metallica laterale permette il trasporto mentre altre due maniglie uguali fungono da rollbar a protezione delle alette per la dissipazione del calore (uno scrupolo più che una necessità, dice il progettista) che si trovano sulla parte superiore dello chassis.
L'aspetto, che ricorda un'apparecchiatura da laboratorio anni '60, può far storcere il naso a chi cerca un design da amplificatore tradizionale o al contrario un aspetto utilitario/modernista da apparecchiatura audio professionale. Io lo trovo semplicemente bellissimo e pieno di carattere. Aggiungo che l'amplificatore può essere, entro certi limiti, personalizzato anche nell'estetica, trattandosi, come già scritto, di un prodotto assolutamente artigianale.

L'alimentazione è fornita da un alimentatore esterno dall'aspetto affidabile. La scelta dell'alimentazione esterna (in linea peraltro con Vox, Seymour Duncan e molti altri prodotti dello stesso genere), può suscitare qualche perplessità dal punto di vista della praticità, ma si rivela certamente una scelta vincente sul piano della silenziosità e dell'assenza di interferenze, nonché dell'affidabilità.
Il costo si aggira intorno ai 700 euro ma, trattandosi di un prodotto artigianale che può essere modificato o adattato elle esigenze del cliente, il prezzo è puramente indicativo.

Piccole, potenti e italiane: Southern The Stalker

Messa alla prova con due diverse casse (una vecchia 4x10 Binson e una nuova DV Mark 2x12) e molti strumenti (Stratocaster e chitarre solide e hollowbody con P90, mandoguitar, varie lap steel vintage e persino una baritona) la Stalker si segnala subito per la sua potenza. I 50 watt (a 8 ohm) dichiarati ci sono tutti e la dinamica è simile a quella di un valvolare di potenza anche superiore: i puliti hanno headroom da vendere e l'aggiunta di uno dei due booster (perfettamente calibrati nel volume) accentua l'impressione di trovarsi alle prese con una testata valvolare di alta potenza. I distorti mi hanno dapprima deluso, risultando un po' troppo frizzanti sulle alte: poi ho realizzato che la riserva di guadagno è davvero moltissima (anche troppa per i miei gusti) e che stando nella prima metà della corsa del relativo potenziometro il suono è davvero simile a quello di un valvolare, anche nella sensibilità al tocco e al volume della chitarra. Con il gain su valori bassi si ha un tono sull'orlo della saturazione che fa venir voglia di aprire la scatola e cercare le valvole, che non ci sono, e che è perfetto, come anche il pulito per l'uso di pedali di saturazione esterni (l'ho provata con un Rockett Archer Ikon, un OCD e un Double Muff Fuzz).
Il controllo di tono è davvero efficace e, abbinato ai due booster, non fa sentire la mancanza di un circuito di equalizzazione più complesso nel plasmare i suoni distorti. Un ulteriore confronto con una testata Mesa Mini Rectifier mi ha convinto che ciò che a me non era piaciuto (forse la ragione è anagrafica) può piacere a molti altri e che la versatilità di questa scatoletta è davvero notevole.
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