di Francesco Roncaglia [user #48413] - pubblicato il 25 maggio 2018 ore 18:30
Sempre con un occhio di riguardo alla batteria, abbiamo ascoltato un altro grande disco ”Human Hardware”, primo lavoro degli Icefish. Gli Icefish sono una vera e propria super band composta da Andrea Casali (Astra) al basso e voce, Alex Argento (Simon Philips – Greg Bissonette) alle tastiere, Marco Sfogli (James LaBrie - PFM) alla chitarra. Un ensemble di super eroi, capitanato da un’istituzione vivente del batterismo progressive più tecnico, Virgil Donati (Steve Vai - Planet X)
La genesi di questa band arriva dalla passata collaborazione di Marco Sfogli e Alex Argento nell’album solista di Donati, “Is This Life” del 2013. Proprio da quell’esperienza prese piede l’idea di creare una nuova formazione, con l’intenzione di dar vita non più un progetto solista esclusivamente strumentale ma una vera e propria band. Per questo, decisivo è stato l’inserto di Andrea Casali, cantante e musicista di straordinario talento.
”Human Hardware” è un lavoro molto attuale e che dal punto di vista tecnico marca lo stato dell’arte del linguaggio strumentale in questo ambito stilistico. Le radici dei brani affondano nel Progressive classico ma tutto è traghettato nel presente attraverso una forte dose di sperimentazione e una decisa commistione con le sonorità moderne e i groove ritmici del Djent. La complessità delle idee ritmiche di Donati è sconvolgente e induce a un profondo ascolto dei suoi precedenti lavori con i Planet X.
Valore aggiunto del progetto - oltre al fatto che si tratta di una band quasi interamente nostrana visto che lo stesso Donati ha origini italiane - è il fatto che gli Icefish abbiano creato il loro album grazie al supporto dei fan: il disco è stato finanziato con una campagna di Crowfounding su PledgeMusic.
Analizziamo, uno a uno, i brani del disco.
Il disco si apre con “Paralyzed” e fin dal principio capiamo che le fondamenta ritmiche create dal basso e dalla batteria sono davvero robuste: groove di doppio pedale di stampo Djent e fill linear, il tutto accompagnato da un sontuoso tappeto ritmico di tastiere, sound di chitarra potente ed una linea vocale ben ideata ed eseguita.
Meno aggressiva ma più curata in termine di melodie è la seconda traccia “It Begins”. In questo pezzo Virgil Donati ci ricorda perché èconsiderato - da metà degli anni '80 a oggi - uno dei migliori esecutori al mondo di Groove dispari e poliritmici. L’inciso della canzone è davvero orecchiabile e, solo dopo un primo ascolto, la melodia vocale resta in mente: ottimo gusto nelle scelte vocali stilistiche e compositive
“Human Hardware”, title track dell’album, si apre con un complesso intro ritmico eseguito dal tapping della chitarra di Marco Sfogli e da uno shuffle poliritmico di Virgil Donati p che porta all’entrata delle tastiere di Alex Argento. Questo, con un giro di quintine, accompagna il ritmo principale di 4/4 eseguito dagli altri musicisti. Molto gradevole anche il susseguirsi degli assolo di Marco Sfogli e Alex Argento.
Ritorniamo all’influenza più Djent con “5 Years”. A livello melodico, per quanta riguarda le strofe iniziali possiamo notare un arrangiamento più scuro e aggressivo, per poi ritrovare più calma e melodia sull’inciso fino al magistrale assolo di chitarra di Marco Sfogli.
Arriviamo a capire la voglia di sperimentazione della band con “Revolution”: il ritmo dispari là fa da padrona ma, grazie ai tappeti di tastiera di Alex Argento, veniamo catapultati in un qualcosa di diverso dal classico prog o Djent. Di notevole fattura anche il suo assolo in cui si avverte la scuola di Jordan Rudess e Derek Sherinian.
A livello melodico abbiamo molto apprezzato il gioco di dissonanze che ci viene proposto dalle linee di chitarra e voce.
Seguendo sempre la voglia di sperimentazione, arriviamo a “Solitude” dove troviamo nel primo minuto della canzone un Virgil Donati che si prende il centro dell’attenzione grazie ad un bel shuffle groove, molto stile Porcaro dei Toto, ma non senza portare le sue tipiche variazioni agli accenti sul hit-hat. Molto interessante, inoltre, il fill linear di due battute che inserisce come variazione allo shuffle. L’ultima metà della canzone possiamo ascoltare le notevoli doti vocali di Andrea Casali e nuovamente un’eccellente solistica di Marco Sfogli.
L’intro di “Your Eyes” si presenta in maniera molto aggressiva, degno di un’apertura al Gods of Metal, con un veloce BPM ed una chitarra graffiante. Successivamente, lo sviluppo della canzone segue il canone del classico Progressive Metal con ottime costruzioni melodiche nell’inciso ed infine un botta e risposta di assoli tra Sfogli e Argento.
La vera potenza vocale di Andrea Casali la troviamo nella canzone “Lost”, soprattutto nell’intro dove le sue linee vocali sono protagoniste. In questa canzone si avverte il ritorno alle radici del Prog Rock: il suono dell’organo Hammond di Argento accompagna perfettamente la strofa mentre Virgil Donati rinuncia decisamente ai suoi fill tecnici per darci un bellissimo accompagnamento ritmico classico, in cui si riesce a sentire al meglio anche il suono della sua Pearl MMX Master e dei suoi Sabjan.
Credevamo che la curva dinamica del disco fosse ormai nella parte bassa, quand’ecco che arriva l’ultima canzone “The Pieces” che ci presenta un intro con la bellissima esecuzione all’unisono di Sfogli e Argento. Quest’ultima traccia vuole mostrarci, un’ultima volta, la competenza esecutiva e creativa di ogni elemento della band: le linee vocali di Casali sono semplicemente perfette ed il suo basso sorregge bene la parte rimica eseguendo anche dei break all’unisono assieme a Sfogli; Argento è magistrale e utilizza suoni davvero azzeccati tra pianoforte, organo e synth nei tappeti delle strofe/incisi.
Sfogli ci accompagna con groove graffianti e solistiche davvero gustose e melodiche, che rinunciano mai alla tecnica. Infine, Donati offre equilibrio tra tecnica e musicalità come pochissimi altri batteristi al mondo riescono a fare.