Intervista alla straordinaria violinista italiana Laura Giannini
di Artemisia [user #48520] - pubblicato il 03 giugno 2018 ore 23:33
Laura Giannini, violinista pugliese dedita all’attività concertistica e pedagogica, con un approccio caratterizzato da continua ricerca e sperimentazione, è oggi considerata tra le migliori violiniste della sua generazione in ambito internazionale.
Il suo talento artistico prende forma a Bari, la sua città natale, per poi arricchirsi di preziose esperienze e collaborazioni prima in Europa e successivamente negli Stati Uniti D’America.
- L’artista racconta se stessa e la sua carriera internazionale -
Ciao Laura e grazie per la tua disponibilità e il tuo tempo concesso per questa intervista.
Vorresti condividere con i lettori che cosa ti ha portato a suonare il violino?
Certamente, con piacere! Tutto è iniziato quando all’età di sei anni ho ascoltato per la prima volta un’orchestra d’archi suonare in televisione. Da piccola ascoltavo sempre musica classica, attraverso ogni mezzo possibile: cd, cassette, radio e tv. Mio padre, pur non essendo musicista, è un grande appassionato di buona musica ed un attento ascoltatore. Posso certamente dire che sono entrata a contatto col mondo musicale anche grazie a lui. Quella del violino è stata una scelta assolutamente spontanea. Un’attrazione verso il repertorio scritto per questo strumento, così vasto e versatile, nonché ricco di sfumature sonore e possibilità espressive.
Come ti senti ad essere oggi acclamata dalla critica come una delle migliori e più interessanti voci del panorama violinistico della tua generazione?
Questo tuo riferimento mi lusinga. Personalmente mi considero un’eterna viaggiatrice musicale, una sperimentatrice e perfezionista del mio strumento. C'è sempre qualcosa di nuovo da imparare ed esplorare, specialmente avendo a che fare con uno strumento così affascinante ma anche complesso come il violino.
Scorrendo la tua biografia, leggevo dei tuoi anni di attività in Germania e della tua attuale seconda casa: New York City. Ci racconteresti un’esperienza musicale significativa di entrambi gli scenari artistici?
Questa è una domanda difficile effettivamente. Sono numerose le esperienze musicali che sono state importanti per me in cinque anni di vita in Germania e quattro ormai a New York City. Ricordo ancora con grande piacere la diretta live su Deutschlandradio Kultur, eseguendo il Pierrot Lunaire di Schoenberg, e poi la gioia per la vittoria del concorso dell’HFK Bremen. A New York poi le emozioni da palcoscenico sono all’ordine del giorno. Volendo citare un evento tra i più significativi direi il concerto in sestetto con il clarinettista Alexander Fiterstein per Here and Now Winter Festival presso la prestigiosa Bargemusic.
Considerato il tuo establishment, che cosa ti senti di consigliare alle nuove generazioni che vogliono intraprendere l’attività di musicista professionista?
Il mio consiglio principale è quello di non rimanere ad aspettare le occasioni lavorative, bensì di crearsele. Al giorno d’oggi ritengo sia fondamentale che il musicista sia anche imprenditore di se stesso. L’importante è essere attivi e mantenere vivo l’aspetto artistico della professione senza porre limiti alla creatività.